a cura di Alessandra Redaelli
Un immaginario che affonda le proprie radici in un reverenziale rispetto per l’arte del passato e una pittura piena, corposa, sono le caratteristiche di Ciro Palumbo. Il mito è da sempre il centro della sua riflessione, abitata da divinità di cui l’artista vuole farci cogliere il lato più umano. Vulcano, Prometeo, Mercurio, Proserpina, Ulisse appaiono qui come ibridi, perfette sculture in marmo che però inevitabilmente, nel cipiglio di uno sguardo o nel rivelarsi di un’emozione, lasciano scaturire la loro umanità fatta di carne e di sangue, di angosce e di turbamenti. Emozioni che si riflettono nella natura, nel moto del mare e nel rannuvolarsi del cielo, ma anche nella pennellata che varia secondo un ritmo emotivo tutto particolare, affiancando nello stesso dipinto l’attenzione al dettaglio e il gesto istintivo dell’espressionismo. Dalle isole oscure alle rocce misteriose, ai gruppi impenetrabili di cipressi – omaggi dichiarati alla poetica di Arnold Böcklin – fino agli interni metafisici o alle precipitanti prospettive neosurrealiste, Palumbo ha creato un suo proprio alfabeto riconoscibile con cui condurci dentro i mondi che volta per volta decide di indagare. La fede, ad esempio, protagonista della serie dei Mulini di Dio, dove i temi dell’Eucarestia e della croce sono trattati in una sinfonia di bruni e di grigi. Oppure il conflitto tra cuore e ragione. O ancora il viaggio, che partendo dalla rotta misteriosa di una nave fenicia – rotta che, magari, decide di attraversare il cielo – porta ad approdi inaspettati, in spazi onirici che ci raccontano un po’ di noi.
1 – Definisciti con tre aggettivi.
Volenteroso, visionario, di passaggio.
2 – Qual è stato il momento in cui hai capito di essere artista?
Non l’ho capito. Certo sono giunto a comprendere che mi sento un pittore.
3 – Hai scelto la pittura – e qualche volta anche la scultura – perché…
Ovviamente il riferimento parte da lontano. Ho sempre disegnato, perciò è stato l’amore per il segno a guidarmi. Poi la scoperta del colore è stata dirompente e poterlo manipolare, in alcuni casi, è stato fantastico. La pittura è il mio linguaggio, è ciò che più sento, è il momento migliore in cui trovarmi, è ricca di sentieri già segnati dai maestri e di nuovi da scoprire e creare. La scultura è molto lontana perché non sono scultore, ma il desiderio di immergere le mani nella materia ha il suo fascino. Così ho immaginato di vedere i miei soggetti in tre dimensioni e ho scoperto un mondo nuovo e fantastico, molto difficile, faticoso e coinvolgente.
4 – L’opera d’arte che avresti voluto realizzare tu.
Tante, da quelle antiche a quelle di alcuni contemporanei. Ma non ci voglio pensare altrimenti mi deprimo… Le Muse inquietanti di Giorgio de Chirico.
5 – Qual è il momento più emozionante della tua giornata?
Non è legato a un orario, anche se combacia con la tarda giornata, quando ho imbroccato la via. Quello è il momento fluido in cui nasce il disegno, si risolve un fondo con il colore che volevo. Oppure quando da un testo appena letto scaturisce un’idea. Insomma, quando tutto quadra.
6 – L’arte è ispirazione o applicazione?
È l’insieme delle due cose. Ma credo meno nell’ispirazione che ci illumina all’improvviso. Forse è un percorso: è applicazione, avere metodo, studio e confronto. Tutto ciò ti porta a vedere quello che non tutti vedono.
7 – Chi eri nella tua vita precedente?
Direi chi mi sarebbe piaciuto essere. Forse un poeta della Parigi bohémienne.
8 – Tre qualità che non possono mancare all’artista del Terzo Millennio.
Immagino che sentirsi del Terzo Millennio sia già una gran cosa. Sicuramente avere la capacità di confrontarsi con i nuovi linguaggi, pur rimanendo se stessi, è uno sforzo minimo per sentirsi qui e ora.
9 – Il sogno che non hai ancora realizzato.
Forse come tutti i pittori, una mostra! Ovvero un momento di confronto, un tempo d’esame in un luogo che “determina”, che coinvolge. Vedere i miei dipinti e le sculture tra le antiche rovine del Parco Archeologico di Paestum.
10 – La bellezza salverà il mondo?
Il mondo si salverà da sé. È questa la bellezza.