a cura di Alessandra Redaelli
Sfondi neri e volti pallidi che emergono dall’oscurità. È questo l’alfabeto di Francesca Candito, protagonista della nuova Pillola d’arte. Perché lei fa parte di quegli artisti che hanno individuato un linguaggio e che sanno rinnovarvisi dentro senza perdere mai né la coerenza né la capacità di andare sempre più in profondità. Il fondo nero è quello che impegna la maggior parte del suo tempo creativo: una lunga preparazione della tela che è quasi una meditazione e che sonda tutte le sfumature del buio fino ad arrivare a quel punto preciso. Dopo, la figura nasce di getto, urgente, delineata in pochi segni di matita colorata direttamente sulla tela, per poi passare alla definizione del volto, insistito, costruito per larghe pennellate e – adesso – lavorando anche direttamente con le mani, da quando l’artista ha cominciato a mescolare acrilico e olio, ottenendo una materia morbida e malleabile. I suoi sono ritratti di un’umanità malinconica e incerta, soggetti scelti per l’empatia che le suscitano e per il conseguente desiderio di dar loro voce. Possono essere i degenti di una casa di cura per malattie mentali o i migranti alla disperata ricerca di un approdo. O magari donne, imprigionate in un mondo fatto a misura di maschio. Il loro disagio non è mai urlato, ma piuttosto veicolato dall’espressione degli occhi: immensi, cerchiati dalla fatica, fissi in quelli dello spettatore alla ricerca di una risposta emotiva che dia un senso alla loro battaglia. E magari suggerito da piccoli inserti a collage, o dal fatto che quella bocca, quella da cui ci si aspetterebbe il lamento, è scomparsa dal volto negando la parola.
1 – Definisciti con tre aggettivi.
Determinata, curiosa, a volte un po’ masochista, ma su questo sto lavorando.
2 – Qual è stato il momento in cui hai capito di essere artista?
Quando mio padre tentò di insegnarmi ad allacciare le scarpe. Vidi tutti quei passaggi e pensai che si poteva ottenere lo stesso risultato facendo altri movimenti. Lì ho capito che avevo la forza di smontare schemi e di far vedere nella materia un’altra dimensione. Questa, per quanto mi riguarda, è la descrizione perfetta dell’essere artisti.
3 – Hai scelto la pittura perché…
Perché va d’accordo con me, perché abbiamo fatto un patto: lei mi dà la densità e la magia della materia, con tutte le sue sfumature e i tratti decisi, e io le do le informazioni.
4 – L’opera d’arte che avresti voluto realizzare tu.
Nel paese dove ho passato la mia infanzia c’era un anziano che faceva gerle. Non ho mai visto fare qualcosa con così tanto amore e maestria: il suo coltellino era come una bacchetta magica. La prima volta che l’ho visto lavorare credo di aver pianto. Ecco, avrei voluto fare quella gerla.
5 – Qual è il momento più emozionante della tua giornata?
Quando mi alzo, per compiere la vita che voglio.
6 – L’arte è ispirazione o applicazione?
L’arte, più che ispirazione, è intuizione.
L’artista è chiamato a cogliere quell’attimo che permette di portare sacralità e genialità nella materia. Una vera alchimia che si manifesta.
L’arte è, al tempo stesso, applicazione, dove per applicazione intendo anche alzarsi presto la mattina e lavorare sodo tutto il giorno, ogni giorno, sette giorni su sette.
7 – Chi eri nella tua vita precedente?
Ho vissuto tante vite, sono un’anima antica. Tutta la saggezza, il dolore, la gioia, la rinascita e la morte, le porto con me, sono strati di vita che compaiono nelle mie tele, con coscienza e conoscenza ancestrale. Un occhio attento percepisce che il nero del fondo dei miei lavori rappresenta l’infinito della vita e delle sue meravigliose possibilità. E se proprio volete sapere nello specifico qual è stata la mia precedente reincarnazione: mi sarebbe piaciuto essere Amelia Earhart.
8 – Tre qualità che non possono mancare all’artista del Terzo Millennio.
Penso che la disciplina sia una componente importante, per qualsiasi lavoro, in particolare per la figura dell’artista che spesso è associata a un modus operandi che segue l’ispirazione. È sbagliato pensare che l’artista lavori solo quando arriva un’idea. È necessario avere un ordine di azione per creare quella particolare connessione che ci permette, a un tratto, di compiere la magia dell’arte. L’artista poi deve saper guardare il mondo slegato da condizionamenti: dentro la visione libera può nascere l’intuizione. Infine non deve mancare la connessione al proprio cuore, il fattore che ci fa comunicare con le persone, la materia e il cielo.
9 – Il sogno che non hai ancora realizzato.
Fare una personale al MOMA. E parlare, davanti a una tazza di tè, con Marlene Dumas nel suo laboratorio.
10 – La bellezza salverà il mondo?
La bellezza, se c’è, ha già salvato il mondo, basta saperla vedere.