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MONOPOLI (BA) | sedi varie | 30 agosto – 3 novembre 2024

di TOMMASO EVANGELISTA 

Dal 30 agosto Monopoli, col suo centro storico, è diventata la cornice ideale per la nona edizione di PhEST, il festival internazionale di fotografia e arte dal titolo The Dream, in corso fino al 3 novembre. Con un programma ricco di mostre, installazioni e progetti multidisciplinari, il PhEST si conferma un evento di punta del panorama artistico e culturale del meridione, tra le rassegna di fotografia di certo più interessanti. Sotto la direzione artistica di Giovanni Troilo, la curatela fotografica di Arianna Rinaldo, quella per l’arte contemporanea di Roberto Lacarbonara, e la direzione organizzativa di Cinzia Negherbon, il festival propone 33 mostre che spaziano dalla fotografia all’arte contemporanea, con un mix di stili, tecniche e prospettive.

Dalla serie The Ocean’s Dream
©Natalie Karpushenko, courtesy PhEST

Il tema centrale di quest’anno è il sogno, un concetto che attraversa ogni aspetto del programma, dalle mostre fotografiche alle installazioni. La dimensione onirica viene esplorata in tutte le sue sfumature: dai sogni personali e intimi, legati all’infanzia e ai ricordi, a quelli collettivi e universali, che raccontano aspirazioni e speranze di intere comunità, declinandosi sia come una dimensione immaginifica, sia come metafora di desideri e visioni per il futuro.

Tra gli artisti in esposizione troviamo Nariman Darbandi, César Dezfuli, Bruce Eesly, Ismail Ferdous, Gauri Gill & Rajesh Vangad, Matthias Jung, Michalina Kacperak, Natalie Karpushenko e molti altri. I temi variano dalle rivisitazioni delle Cantiche dantesche di Valentina Vannicola, ai mondi onirici di Paolo Ventura, fino all’analisi del sogno americano nelle fotografie di Richard Sharum. Un altro progetto di grande impatto è The Lollipop Trees di Jan von Holleben, realizzato durante una residenza d’artista a Monopoli che ha coinvolto 800 bambini delle scuole locali. I loro sogni sono stati trasformati in fotografie divertenti e allegoriche, esposte nel Porto Vecchio della città, offrendo uno sguardo giocoso e creativo sul mondo dell’infanzia.

Jan Von Holleben, All Human Be Cats, Porto Vecchio, Monopoli, courtesy PhEST. Ph. Marco Falcone

La retrospettiva dedicata a Man Ray, ospitata nel Castello Carlo V, è uno dei punti centrali del festival. L’omaggio all’artista, che ha rivoluzionato la fotografia con tecniche innovative come la solarizzazione e la rayografia, si inserisce perfettamente nel tema: le opere, provenienti dall’Archivio Storico delle Arti Contemporanee della Biennale di Venezia, offrono una visione originale sul volto, il corpo e le forme femminili, interpretate attraverso un’estetica visionaria e un linguaggio autoriale debitore alle coeve ricerche surrealiste. Curata da Roberto Lacarbonara e Giovanni Troilo, la mostra La révolution du Regard presenta un focus completo per esplorare l’approccio innovativo di Man Ray al tema dell’edizione.

Man Ray, La révolution du Regard, Castello Carlo V, courtesy PhEST 2024

Le sezioni più interessanti della mostra sono, però, proprio quelle nelle quali il discorso del sogno si cala nella realtà, diventando speranza di futuro o sguardo acceso su un presente in bilico tra reale e sua rappresentazione distorta e problematica. Il Focus Palestina, per esempio, si compone di una serie di mostre che raccontano la Palestina tra la fine del XIX secolo e i giorni nostri, attraverso il libro “Against Erasure”. Le immagini storiche del periodo pre-Nakba sono accostate a lavori contemporanei di fotografi come Adam Rouhana, che cattura scene di vita quotidiana a Gerusalemme e altre città, Antonio Faccilongo con il suo toccante reportage sulle difficoltà delle coppie palestinesi separate dalla guerra, e Maen Hammad, che documenta la resistenza culturale dei giovani skater palestinesi.

Dalla serie “Before Freedom”, © Adam Rouhana. Courtesy PhEST 2024

Questa sezione del festival è un percorso nella storia e nella vita di una terra che lotta per conservare la propria identità, aiutando a riflettere su temi come la memoria, la resistenza e il diritto all’autodeterminazione. Habibi di Antonio Faccilongo, in particolare, è un progetto fotografico che racconta le storie d’amore dei prigionieri palestinesi e delle loro famiglie, nel contesto del conflitto israelo-palestinese. Il termine arabo “habibi” significa “amore mio” e il progetto documenta le difficoltà delle famiglie palestinesi nel mantenere legami familiari e dignità umana. Dal 2015 al 2021, Faccilongo ha seguito le vicende delle mogli di prigionieri palestinesi, alcune delle quali, attraverso il contrabbando di sperma dai mariti incarcerati, sono riuscite a concepire figli tramite fecondazione in vitro. Circa 90 bambini sono nati grazie a questa pratica, che è diventata un simbolo di resistenza contro l’oppressione. Il progetto si concentra sull’importanza della famiglia e della speranza in un contesto di guerra e oppressione, offrendo uno sguardo toccante sulle vite sospese di queste donne e dei loro figli.

Dalla serie “Habibi” ©Antonio Faccilongo. Courtesy PhEST 2024

Terra Madre di Lisa Sorgini esplora il legame profondo e primordiale tra madri e figli, interpretato come una forma di speranza e resistenza. Durante la sua residenza a Taranto, nel quartiere Tamburi, Sorgini ha catturato immagini di madri guerriere, donne forti che, nonostante le difficoltà, proteggono e nutrono i loro figli, offrendo amore e sicurezza in un ambiente difficile segnato dall’inquinamento delle “colline avvelenate.” Le fotografie trasmettono la resilienza di queste madri, che guardano oltre la realtà dura che le circonda e mantengono vivo il sogno di un futuro migliore per i loro figli. In tale contesto, il sogno diventa una forma di speranza concreta, una connessione primordiale che rappresenta la continuità della vita e la possibilità di trasformare il presente in qualcosa di più luminoso e sicuro per le nuove generazioni.

Dalla serie “Terra Madre”. ©Lisa Sorgini. Courtesy PhEST 2024

I progetti di Richard Sharum e Antone Dolezal percorrono, invece, il concetto di sogno americano, ma da prospettive diverse e complementari, mostrando come sia stato frammentato o reinterpretato. Richard Sharum nella sua serie Of Thee I Sing mette in luce la realtà di un’America divisa e in crisi, concentrandosi su tre temi: la fly-over zone, la violenza e la povertà. Il sogno americano, inteso come promessa di prosperità e libertà, appare infranto nelle sue immagini, dove la povertà, i senzatetto e l’aumento dei tassi di omicidio rappresentano una società che ha perso il suo equilibrio. Sharum si interroga sul senso di unità nazionale e mette in risalto come la divisione politica e sociale abbia eroso le fondamenta di quel sogno, lasciando molti cittadini nell’incertezza e nella disperazione.

Dalla serie “Of Thee I Sing. An American Series”
©Richard Sharum. Courtesy PhEST 2024

Antone Dolezal, vincitore del Premio Internazionale della PhEST Pop-Up Open Call 2024, invece, nel suo progetto Part of Fortune and Part of Spirit esamina l’evoluzione storica e spirituale del sogno americano, focalizzandosi sui movimenti religiosi utopici che hanno caratterizzato il passato e il presente degli Stati Uniti. Attraverso immagini documentarie e performative, Dolezal esplora il mito della libertà religiosa che ha da sempre accompagnato la costruzione dell’identità americana, rivelandone però gli aspetti complessi e spesso contraddittori. L’utopia americana, vista come un luogo di rifugio e di possibilità infinite, emerge nelle sue fotografie come una visione grandiosa ma anche intrinsecamente legata all’imperialismo e al controllo. La rappresentazione visiva di paesaggi vasti, incendi incontrollabili e fenomeni naturali misteriosi simboleggia la fragilità di questo sogno, costantemente minacciato dalle incertezze ambientali e politiche. Entrambi i lavori riflettono, quindi, una critica profonda: Sharum mostra un sogno americano infranto dalla violenza e dalle disuguaglianze, mentre Dolezal ne svela le radici utopiche e spirituali, spesso intrecciate con un senso di perdita e smarrimento.

Antone Dolezal, Part of Fortune and Part of Spirit. Ph. Marco Falcone. Courtesy PhEST 2024

Celestino Marco Cavalli, menzione al Pop-Up Open Call, con il progetto Northern Stars, ha creato un’opera che unisce storia, natura e migrazione contemporanea. Nell’estate del 2023, ha tracciato una linea di vernice fosforescente lungo un sentiero montano tra Grimaldi di Ventimiglia (Italia) e Menton (Francia), noto storicamente come il Passo della Morte. Questo sentiero, che fu utilizzato nel secolo scorso da ebrei in fuga dal nazismo e italiani in cerca di lavoro, è ora percorso dai migranti provenienti dal Sud del mondo, che attraversano di notte questo tragitto per superare i confini europei. La scelta di Cavalli di utilizzare una vernice fosforescente rende il percorso visibile nelle ore notturne, quando i migranti affrontano il pericoloso cammino. Le sue fotografie notturne creano un collegamento simbolico tra i sassi luminosi del sentiero e le stelle del cielo, evocando l’antica pratica di orientarsi tramite gli astri, simbolo di speranza e destino per coloro che migrano. L’opera diventa così un segno di guida e un monito sulle difficoltà e i pericoli del viaggio verso una vita migliore.

Celestino Marco Cavalli, Northern Stars. Ph. Marco Falcone. Courtesy PhEST 2024

A Palazzo Palmieri, parlando di opere contemporanee, è collocata una delle installazioni più suggestive: la Warka Tower 1.9, progettata dall’architetto Arturo Vittori. Questa torre, alta 10 metri e costruita con materiali naturali, è in grado di raccogliere acqua dall’aria attraverso condensazione, offrendo una soluzione sostenibile per le comunità in regioni aride. Presentata per la prima volta alla Biennale di Venezia nel 2013, la Warka Tower simboleggia un sogno di sostenibilità e innovazione. Accanto a questa, troviamo le opere di artisti come Pier Alfeo, Fabrizio Cicero e Davide Monaldi. Pier Alfeo, in particolare, crea un’opera intermediale che esplora l’inquinamento acustico negli ecosistemi marini. Collaborando con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Alfeo utilizza i segnali in tempo reale provenienti dagli idrofoni di un telescopio sottomarino al largo di Portopalo di Capo Passero, Sicilia. Questi suoni subacquei vengono trasformati in “materia digitale”, dando vita a flussi di punti in uno spazio tridimensionale. L’opera, attraverso una videoinstallazione immersiva, mette in evidenza l’impatto devastante dell’inquinamento acustico antropico sui mari, rendendo tangibile l’interazione tra paesaggi sonori e ambiente.

Pier Alfeo_LAPSE [The time during which something continues]_2023_still da videoinstallazione

PhEST 2024 non è solo un festival di mostre, ma anche un punto di incontro per la comunità creativa. Tra le numerose iniziative spiccano le masterclass, le portfolio review e i concerti che hanno animato il centro storico di Monopoli. Ciò che emerge con forza da questa rassegna è che il sogno più autentico è proprio quello del reale: quello delle persone che, pur attraversando conflitti, privazioni e incertezze, continuano a vivere e sperare, cercando una nuova forma di esistenza o lottando per preservare la propria. Il sogno non è una fuga dalla realtà, ma l’essenza stessa della vita, che si esprime nella tensione costante. È l’arte, in questo contesto, a farsi veicolo di tale sogno ambiguo, testimonianza concreta delle esperienze vissute e simbolo di una resistenza che non si nasconde tra le pieghe dell’onirico ma pervade la Storia per raccontarci di un presente in conflitto, prima con sé stesso e poi con il tempo, contro un realismo capitalista che fagocita ogni attesa.

 

PhEST – Festival internazionale di fotografia e arte. IX edizione
PhEST – See Beyond the Sea è prodotto e promosso dall’associazione culturale PhEST, con sostegno di Regione Puglia, PugliaPromozione, Teatro Pubblico Pugliese e del Comune di Monopoli.

30 agosto – 3 novembre 2024

Monopoli, Bari
sedi varie

Mostra madrina della IX edizione
Man Ray – “La Révolution du regard”

Focus Palestina
Against Erasure – Adam Rouhana – Antonio Faccilongo – Maen Hammad

Fotografia internazionale
Nariman Darbandi – César Dezfuli – Bruce Eesly – Ismail Ferdous
Gauri Gill & Rajesh Vangad – Matthias Jung – Michalina Kacperak – Natalie Karpushenko
Polina Kostanda – Peter Menzel – Richard Sharum – Lisa Sorgini – Polina Osipova – Pamcoc
Serifa – Valentina Vannicola – Paolo Ventura – Guillem Vidal – Jan von Holleben – e i tre vincitori della Open Call: Antone Dolezal, Nico Palmisano e Celestino Marco Cavalli

Arte contemporanea
Pier Alfeo – Fabrizio Cicero – Davide Monaldi

Music line-up
Mary Gehnyei – C’mon Tigre – Protopapa

Info: www.phest.it

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