MARRADI (FI) | Marradi Campana InFesta – Edizione n 0, (s)Catastrofe | un report
Intervista a STEFANO SCHEDA, MONA LISA TINA, SERENA PICCININI di Viviana Siviero
Marradi, un piccolo paese incastonato nel verde dell’appennino toscano a pochi chilometri da Faenza, si è animato, nella giornata di venerdì 11 luglio, di volti, personalità, emozioni, corpi e menti per celebrare in maniera insolita Dino Campana, celebre abitante del luogo, e ricordare così il centenario della pubblicazione di uno dei suoi lavori più celebri, i Canti Orfici. Una celebrazione, più che un tributo, dedicato ad un poeta moderno, attraverso la modernità vera e il coraggio di un gruppo di intelligenze che si sono messe a disposizione di tutti: l’artista e docente Stefano Scheda, con gli allievi dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, la performer e arte terapeuta Mona Lisa Tina, l’artista Serena Piccinini e il designer Francesco Benedetti. Insieme hanno pensato a Marradi Campana InFesta- Edizione n 0, (s)Catastrofe che ha trasformato il paese in un luogo che infesta il prossimo con emozioni, stupore e molto altro…
Marradi Campana InFesta: un piccolo paese fra Firenze e Faenza, una realtà ricca e vivace, soprattutto culturalmente. Cosa che ha permesso il germinare di un’idea anomala in tempo di crisi: un festival performativo e modernissimo, sincero ed emozionante, che si è posto come unico obiettivo lo stupore?
Serena Piccinini: Marradi Campana InFesta è stato il punto di arrivo di un percorso che ha avuto inizio circa un anno fa. Non avevamo ancora l’idea di organizzare un festival vero e proprio ma c’era l’esigenza di costruire qualcosa insieme. Tutto è nato da una telefonata, perché da tempo volevo realizzare un progetto con artisti che stimavo e conoscevo. Da anni Stefano Scheda realizza, come docente ed artista, eventi partecipativi che coinvolgono gli allievi del suo corso all’Accademia di Belle Arti di Bologna. L’evento è nato a partire da un workshop che io, Mona Lisa Tina e Stefano Scheda abbiamo tenuto in Accademia; siamo stati poi influenzati sia dalle origini marradesi di Scheda, sia dalle richieste del Sindaco e dell’Assessore di Marradi che desideravano celebrare in una maniera insolita il centenario della pubblicazione dei Canti Orfici del Poeta Dino Campana – un poeta dalla vita “catastrofica” – originario anch’egli di questo piccolo paese incorniciato dal verde delle colline toscane. L’idea e l’ambizione si basa sulla creazione di una manifestazione creativa e partecipativa, inquadrata in un processo interattivo fra artisti, abitanti e territorio, una “Festa che infesta”.
A cosa si riferisce il titolo Catastrofe, poi sdrammatizzato in (s)Catastrofe?
S.P.: In un momento di crisi come quello attuale abbiamo pensato alla catastrofe come ad un elemento capace di innestare connessioni profonde tra arte relazionale, cross-medialità e ricerca materica, allo scopo di indagare la catastrofe come struttura e i modi in cui viene vista da chi si rapporta con essa e la ritrae, nel tentativo di riprodurne i meccanismi fondativi e rappresentarne la poetica del divenire. Il nome (s)Catastrofe nasce all’interno del workshop con gli studenti di Scheda, durante un brainstorming che ha visto la lettera “s” anticipare il cognome del poeta Campana, creando così il termine “(s)Campana”, che è parso poi, agli abitanti del luogo, eccessivamente irriverente, anche se è il poeta stesso ad utilizzarlo nei suoi scritti. Noi abbiamo voluto mantenere l’ironia, e la nostra “s” è così scivolata sulla parola catastrofe, sottolineando che la nostra visione su questo tema non è drammatica ma positiva, perché la catastrofe è sì, un punto critico, che apre però a nuove possibilità di rinascita e trasformazione.
Non credo sia stato semplice realizzare un evento così avanguardistico in un paese così piccolo, soprattutto se uno degli organizzatori è nato e cresciuto in questa realtà di provincia, per poi trasferirsi a Bologna… Che tipo di risposta avete avuto dal pubblico? E quale è stata la sua fisionomia?
Stefano Scheda: Il mio corso Strategia dell’Invenzione all’Accademia di Bologna confluisce ormai da anni, in un evento artistico, professionalmente qualificato, che coinvolge con grande partecipazione, in azioni sul campo, sia la gente normalmente presente sul territorio che esperti del settore. Ciò che mi ha spinto anche quest’anno con entusiasmo a pensare una maniera diversa di celebrare Campana (nel paese dove anch’io ho trascorso i primi 20 anni della mia vita) è stata la stessa condizione di difficoltà che un piccolo centro può creare nei confronti “dell’essere artista”, anche se chiaramente la mia “statura” è ben più modesta di quella del poeta. In entrambi, comunque, il desiderio di oltrepassare il limite dell’ordinario, sia fisico – risalendo dalla “valle canora” dove è affossato il paese per raggiungere le più alte vette e intravedere l’orizzonte verso il mare – che mentale; allargare la visione ideale del mondo. La mia ottimistica visione verso la relazione altrui, mi ha fatto agire anche in questa occasione, con spregiudicatezza e forse incoscienza, senza troppo riflettere alla risposta di un pubblico come quello dei Marradesi (la tal cosa ha giovato a mio favore) che poi non avevo più frequentato da oltre trent’anni. Il ricordo di queste persone era legato, in parte, a quel passato che mi aveva in qualche misura costretto dentro un certo conformismo, tipico poi di un piccolo centro ma anche all’idea che ci fossero fra di loro intelligenze speciali che non potessero pienamente uscire allo scoperto per via di quegli sguardi indiscreti e giudicanti stranezze e irregolarità dietro le “velate finestre”. Ecco, nella manifestazione della vicinanza/distanza, il miracolo compiuto anche per merito della forza degli altri artisti miei compagni di squadra: Mona Lisa Tina, Serena Piccinini, Francesco Benedetti, Christian Ghisellini, Vanis Dondi e Nedo Zanolini, oltre ai miei studenti, che mi hanno supportato con passione e hanno esercitato quell’irresistibile carisma seduttivo cui non hanno saputo sottrarsi sia il gruppo della compagnia teatrale “Per non perire d’inedia” che ci ha supportati in ogni problema tecnico, sia i marradesi partecipanti o altri ospiti. Il tipo di pubblico è stato di diverse provenienze intellettuali, culturali e territoriali confermando che l’arte cosi proposta, nonostante la totale assenza di contributi economici, possa essere trasversalmente trascinante.
La performance più impegnativa è stata quella organizzata nel teatro, che ha aperto e chiuso il festival, ce la raccontate?
S.S.: L’evento delle Biografie scambiste/prostitute è stato quello portante e ha visto trasformarsi lo splendido Teatrino degli Animosi in uno spazio suggestivo e magicamente accogliente per confessarsi a se stessi. A tutti i presenti è stato richiesto di scrivere l’autobiografia esistenziale, in totale anonimato o firmata, caratterizzata dai fatti più significativi della propria esistenza. Il teatro, a luci quasi totalmente spente, è divenuto così una sorta di “atelier artistico” dove si poteva scrivere la propria vita standosene seduti comodamente e indisturbati alle scrivanie predisposte nei palchetti illuminati da differenti abat-jour. Una volta terminata la scrittura si accartocciava il foglio fino a farne una palla di carta che gettata nel vuoto e nel buio della platea veniva recuperata da una rete da pesca contenente già altre biografie di personaggi noti della storia a partire proprio da quella di Dino Campana. In tal modo tutte le “palline biografie” si sono mescolate dentro la rete e l’atto magico è stato costituito dall’idea di appartenere a problematiche comuni fra le persone come noi, ma anche a quelle più famose di noi che già appartengono alla storia del passato. Nel frattempo, il filosofo Erasmo Silvio Storace ha tenuto, ad ulteriore supporto alle confessioni autobiografiche, una sua raffinatissima lezione dal titolo: In Forza di Catastrofe (Eros e thanatos da Nietzsche a Campana passando per Michelstaedter e Rilke)”. Al termine è stata recuperata la “pesca delle biografie” e la rete trascinata per terra fino alla Piazza delle Scalelle con un corteo ribattezzato “delle diverse vite”. Le biografie, sparse poi sul selciato, hanno iniziato a prostituirsi, raccolte dalla gente sulla strada che una volta lette le rigettava nuovamente a terra. Le Biografie scambiste/prostitute sono poi state messe in salvo in preziosi contenitori appositamente creati dagli studenti, per poi essere successivamente collocate in un luogo istituzionale da definirsi per costituire un Museo delle biografie in progress e permanente.
Per la città invece si è deciso per vari momenti performativi: una serie di salvagenti legati a mo’ di zattera in cui la cittadinanza è stata chiamata a partecipare; i badge dei Saggi Erranti, e l’affascinante lettura multi linguistica di una poesia di Campana… Ci raccontate i dettagli?
Mona Lisa Tina: Abbiamo voluto incentrare tutta la manifestazione su ampi progetti di tipo performativo e interdisciplinare che presupponessero una partecipazione attiva degli abitanti di Marradi e di tutti coloro che avessero preso parte all’iniziativa, così come è effettivamente accaduto. Attraverso il confronto costante e profondo con Stefano Scheda e Serena Piccinini, abbiamo messo a punto una serie di progetti: i Girovita, I salva gente della (S)Catastrofe, I saggi erranti e Le finestre dialoganti della notte. Andando per ordine, il primo progetto ha visto protagonisti gli studenti che hanno indossato i salvagenti colorati, recanti la scritta “catastrofe” per farsi migranti per le vie del paese, coinvolgendo anche gli abitanti del luogo. Tutte le persone legate l’una all’altra, hanno formato un unico corpo collettivo composto dalla individualità di ciascun partecipante, al fine di esorcizzare nell’azione timori e imprevisti che ogni Catastrofe improvvisa reca con sé. Il progetto I saggi ambulanti aveva lo scopo di affidare un ruolo importante agli anziani del paese, considerati non solo come contenitori simbolici di memoria collettiva ma anche come attivi testimoni di specifiche esperienze. Con Batte Botte. Le finestre dialoganti della notte abbiamo concluso l’intera manifestazione. Il progetto prevedeva la recitazione di alcuni brani dei Canti Orfici in varie lingue, per creare un unico testo collettivo ed interculturale che, attraverso il dialogo e la relazione con l’altro, al di là di qualsiasi differenza, riproponesse ancora una volta la fiducia e la speranza dei cambiamenti che ogni sciagura/catastrofe può comunque rappresentare.
Per l’anno prossimo avete in mente un proseguio?
M.L.T.: L’ esperienza di questo festival ha effettivamente costruito una serie di relazioni importanti con la gente e il territorio di Marradi, restituendoci un feedback molto positivo sull’intera manifestazione. Certamente il nostro più grande desiderio è quello di far crescere la manifestazione, creando sinergie con altri professionisti, affrontando, attraverso i linguaggi della cultura e dell’arte, gli argomenti fondamentali su cui l’esistenza umana si interroga, come l’amore, la vita, la morte.
Info: 347 6424866
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