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«Paola Gandolfi occupa una posizione unica fra gli artisti Italiani contemporanei. Sebbene sia nominalmente legata al movimento della Pittura Colta, che ha esercitato cosi tanta influenza sullo sviluppo dell’arte italiana negli ultimi due decenni, per molti aspetti è molto più vicina ai pittori surrealisti della prima metà del ventesimo secolo. In particolare per il fascino imperturbabile che esercita su di lei la sessualità e per l’abilità di inventare forme emblematiche che ricordano le opere del gran surrealista belga René Magritte […]». Così scriveva Edward Lucie Smith sul lavoro di Paola Gandolfi e molte altre “traduzioni” potremo esperire, dal 27 febbraio, nella personale a lei dedicata da Studio Vigato.
Sindrome di Stoccolma, Sindrome del falso ricordo, Sindrome della stanchezza cronica. Questi alcuni titoli di una recente serie di opere in cui l’uso delle piantine di città si arricchisce di una invenzione ulteriore: la bidimensionalità della mappa urbana va ad intersecarsi con la volumetria dei corpi rappresentati nello spazio tridimensionale. Ciò determina nell’osservatore una sorta di indecidibilità dei piani prospettici, l’anomalia dei confini provoca una delicata instabilità percettiva, anzi, una voluta “con-fusione” dimensionale…

Francesca Di Giorgio: La parola Sindrome, ricorre nel titolo di molti suoi lavori e suggerisce più chiavi di lettura. Può indicarcene almeno alcune?
Paola Gandolfi: Sindrome dal greco Sin dromos: più segni che corrono, concorrono assieme, complicando le cose. Psicoanalisi: complesso di sintomi che tendono a presentarsi assieme. Due chiavi di lettura per il mio lavoro, fondamentalmente due “trappole” per innescare un processo di lievitazione dell’inconscio dell’osservatore.

Il suo lavoro spazia dalla pittura alla scultura e in anni recenti anche al video.
In questa nuova serie di lavori sembra coniugare una “doppia” ricerca: i corpi femminili ritratti divengono parte della mappa rappresentata sullo sfondo ma senza mai amalgamarsi realmente con essa…

La bidimensionalità della mappa urbana va ad intersecarsi con la volumetria dei corpi rappresentati nello spazio tridimensionale. Ciò determina nell’osservatore una sorta di indecidibilità dei piani prospettici, l’anomalia dei confini provoca una delicata instabilità percettiva, anzi, una voluta “con-fusione ” dimensionale – negli ultimi dieci anni il mio lavoro si è arricchito realizzando video animazioni e corti – in mostra sarà proiettato Macchina madre.

La rappresentazione del corpo femminile anche se non è l’unico campo del suo indagare/osservare – è argomento più che mai attuale e richiama inevitabilmente alla figura della donna e il suo ruolo nella società. Spesso parlando del suo lavoro si è citato il femminismo, quale valore attribuisce oggi a questo termine?
Femminismo ritengo sia un termine relativo ad un importante movimento degli anni ’70 – sono passati 30 anni e molto problemi sono risolti altri solo apparentemente – il mio interesse è rivolto ai recenti Women’s studies con le filosofe psicoanaliste americane,  francesi, italiane.

La mostra in breve:
Paola Gandolfi. Sindrome
Studio Vigato arte contemporanea
Via Ghilini 30, Alessandria
Info: +39 0131 444190
www.studiovigato.com
27 febbraio – 3 aprile 2010
Inaugurazione sabato 27 febbraio 2010 ore 18

In alto da sinistra:
Macchina madre, 2007, animazione 4 minuti
La sindrome di Stoccolma, 2008, olio su tela, cm 190×190

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