PERUGIA | Palazzo Baldeschi | 22 giugno – 2 ottobre 2023
di ELEONORA BIANCHI
L’Arte non deve dare risposte, deve porre domande. Una di queste è sicuramente: cos’hanno in comune un Cristo coronato di spine e della plastica combusta? La risposta è: molto più di quanto si possa generalmente pensare. A Perugia la mostra Nero Perugino Burri, a cura di Vittoria Garibaldi e Bruno Corà, guida lo spettatore attraverso un improbabile dialogo, un confronto tanto azzardato quanto azzeccato, tra i due maestri umbri.
Sin dalla prima sala, dal vestibolo della mostra, l’allestimento è un’evidente dichiarazione d’intenti. Una neutralizzazione degli ambienti così fortemente caratterizzati come lo sono le stanze di Palazzo Baldeschi, trasformate per l’occasione in uno spazio che potremmo definire come black cube. Il buio ingoia tutto quello che esula dalla traccia, da quel percorso di staffetta lungo quasi cinquecento anni, mentre la luce, di stampo sostanzialmente caravaggesco, illumina solo il momento del passaggio del testimone tra Perugino (Pietro di Cristoforo Vannucci, 1448 circa – 1523) e Alberto Burri (1915-1995).
Allora i secoli si comprimono, non esistono più Belting, Argan o Crispolti, né le loro teorie sulla periodizzazione della Storia dell’Arte. Lo statement dei curatori è lapidario: tutta l’arte è contemporanea. Perché siamo noi a fruirne.
Fil rouge – o fil noir – della mostra è l’utilizzo del nero, colore non-colore che da un lato, con il Perugino, è sfondo deputato a mettere in risalto quanto vi si staglia sopra, mentre dall’altro, nelle opere di Alberto Burri, diventa protagonista indiscusso, materia viva, umana e sofferente. La mostra si configura come una pretestuosa sfida tra l’olio e il catrame, tra modernisti e contemporaneisti che, tuttavia, non possono far altro che trovarsi interdetti davanti a un confronto che, tra i due attori, rivela più punti in comune che differenze.
Se il nero del Vannucci racconta di una dimensione intimistica, privata e familiare, dell’equilibrata bellezza dell’Arte Rinascimentale; d’altro canto, il nero di Burri si fa portatore di tragedia, di ferocia, di un senso del macabro che non può che essere figlio del secondo Novecento. I toni armonici ed eleganti del Perugino si traducono in episodi di violenza, dolore, dramma. Le forme si contorcono, si dimenano convulsamente sotto l’implacabile azione creativa e distruttiva dell’Informale materico di Alberto Burri. Così un Cristo in pietà si trova a condividere la sua ferita nel costato con un brandello di stoffa rossa, mentre la posa di un giovinetto viene ricalcata dalla saldatura-cicatrice di un ferro.
Un’astrazione cromatico-lineare è la vera chiave di lettura della mostra, essa rende lampanti anche le più labili e implicite relazioni tra un lavoro e l’altro: il nero, certo, ma anche il rosso, il bianco, una sagoma, la composizione, la com-passione tra il soggetto di un’opera e l’oggetto-materia di un’altra. Non percepiamo il divario, i contrasti, le dissimilitudini tra gli artisti. Non esiste dualismo, riusciamo a vedere soltanto – e con non poca sorpresa – le incredibili analogie tra i capolavori dei due maestri.
Nero Perugino Burri
a cura di Vittoria Garibaldi e Bruno Corà
mostra di Fondazione Perugia in collaborazione con Fondazione Burri
22 giugno – 2 ottobre 2023
Palazzo Baldeschi
Corso Vannucci 66, Perugia
Orari: da lunedì a venerdì 15.00-19.30; sabato e domenica 10.30-19.30
Ingresso intero €7.00; ridotto €4.00 (con il biglietto della mostra sarà possibile visitare anche le collezioni permanenti esposte a Palazzo Baldeschi. L’acquisto del biglietto della mostra darà diritto all’ingresso agevolato ai Musei di Palazzo Albizzini Fondazione Burri a Città di Castello e viceversa. Sono previste agevolazioni per i visitatori grazie alle convenzioni con Trenitalia (vettore ufficiale della mostra), Busitalia e Saba-Sipa)
Info e prenotazioni: +39 075 5734760
www.fondazioneperugia.it