NAPOLI | MANN Museo Archeologico | 10 giugno – 10 settembre 2021
di STEFANIA TROTTA
Sembrerebbe un Tigersprung, un balzo di tigre, come direbbe Benjamin, il progetto inedito di Sasha Vinci (1980) al Mann Museo Archeologico di Napoli, che con P.P.P Possibile Politica Pubblica sembra voler rielaborare le tracce del passato, con l’intento di innescare delle riflessioni e si spera, dei cambiamenti, nella struttura esperienziale del presente.
Il progetto, realizzato con il Patrocinio della Regione Campania e del Comune di Napoli, assume la forma di una denuncia attiva contro le criticità, le ingiustizie e le incoerenze che affliggono la società contemporanea.
La mostra, a cura di Maurizio Bortolotti e realizzata in collaborazione e con il supporto della galleria aA29 Project Room, comprende opere realizzate nel corso dell’ultimo anno, nel pieno dell’emergenza sanitaria e lavori site specific ideati per dialogare con gli spazi e le opere della collezione del MANN.
Il percorso espositivo si apre nelle sale dedicate alla Collezione Farnese, in un continuum tra passato e presente, tra racconto mitologico e azione civile. Su di un tappeto rosso, colore che padroneggia e che raccoglie una serie di messaggi tra cui l’invito all’attivismo civile, si leggono le parole di Pier Paolo Pasolini – Ecco una terra non ancora colonizzata dal potere – che l’artista ha posizionato tra le sculture e i reperti delle antiche civiltà, dandogli un nuovo significato e valore. La parola, che ha accompagnato la ricerca di Pasolini, qui, apre nuovi interrogativi ed invita a una riflessione sull’importanza del passato nel presente.
“La mostra – dice Sasha Vinci – è un grido collettivo, un percorso ideale che guarda all’urgenza della contemporaneità, è un viaggio che prende come primo riferimento Pier Paolo Pasolini, per me grande maestro di arte e di vita, e così la sua parola, insieme poetica e politica. Dall’opera “Canta Napoli” volevo che nascesse un forte senso d’identificazione tra lo spettatore e il paesaggio urbano che mi ha accolto. Un’installazione in cui diversi linguaggi si combinano tra loro per creare un’opera in cui simbologia, musica, scultura e luce diventano un tutt’uno. Questa ricerca si è evoluta nel tempo e ha chiare consonanze con l’opera “Non si disegna il cielo – Volterra Canto I” del 2015. Il suono generato dallo skyline è parte imprescindibile dell’opera: si fa esperienza del paesaggio di Napoli, non solo con la vista ma anche con l’udito e il tatto. Quando il suono e la musica diventano parte integrante dell’opera, questo avviene grazie alla collaborazione con Vincent Migliorisi, musicista e compositore che collabora ai miei progetti artistici ormai da anni. La nostra è un’esperienza di sperimentazione e di ricerca condivise.”
Da una dimensione terrena si passa alla seconda sala dove è ubicata l’installazione La Torre del Tempo che riprende la forma archetipica del dodecaedro platonico sui cui lati è possibile scoprire vari soggetti, tratti da diversi tipi di media, in cui l’artista ha mescolato scene di cronaca e di film, a gesti e segni emblematici, fino a fermo-immagine della sua vita personale.
Proseguendo nel percorso, incontriamo un busto ricoperto da foglie di nespolo Il Gioco della Deriva, molto amato dall’artista originario di Scicli (RG), realizzato in terracotta patinata, creata appositamente dall’artista con l’argilla proveniente dalla cava di Truncafila, salvata dallo sciacallaggio politico che la voleva come possibile discarica di rifiuti del territorio ragusano. Il busto che si trova nel corridoio di statue, ha perso la forma umana per essere abbracciata da quello che Sasha Vinci chiama “multinaturalismo”, divenendo in questo modo una forma universale in perfetta simbiosi con la natura. Il busto è affiancato da un pennacchio bianco, simbolo di leggerezza ancorata alla terra dal piedistallo dodecaedrico, realizzato da una famiglia che da generazioni ne intesse il piumaggio in occasione delle feste popolari della tradizione siciliana.
Canta Napoli, invece, è un omaggio alla città di Napoli. L’opera realizzata, nella parte superiore, da una grande lastra circolare di alabastro, recuperata da un monumento dedicato alla Resistenza e retro illuminata, riproduce attraverso un preciso lavoro di incisione e perciò tattile, la panoramica celeste notturna di Napoli del 21 giugno, il solstizio d’estate, momento di transizione da una stagione all’altra. Nella parte inferiore invece l’artista ha ricreato la linea del paesaggio napoletano, tra terra e cielo, utilizzando un pentagramma che ha generato una composizione sonora.
Chiude l’esposizione l’installazione Non Tocca Terra La Parola, che sembra abbracciare armoniosamente il marmo de Il supplizio di Dirce (Toro Farnese), celebre gruppo scultoreo ellenistico, parte della collezione museale. Nell’installazione domina la piuma, elemento presente anche nelle altre opere, che spicca con il suo colore rosso vivo tra i marmi bianchi della sala. L’invito è al superamento della gravità e della fragile condizione umana, rappresentata da una serie di pennacchi che si slanciano verso l’alto, fungendo da dispositivo simbolico che costruisce un nuovo senso rituale e simbolico per il presente. I dodecaedri alla base dei pennacchi sono la sintesi della complessità del presente e, sotto il punto di vista formale ed estetico, rappresentano il tentativo di riportare l’ordine e l’equilibrio. Sasha ha voluto rappresentare in quest’opera le parole di Pasolini, nell’installazione all’inizio del percorso, elevandole a un livello superiore di consapevolezza e di auspicio per un presente futuro.
“La parte più difficile dell’allestire la mostra di Sasha – sottolinea il curatore Maurizio Bortolotti – risiedeva nel fatto che esisteva già una mostra installata, che era quella della collezione permanente del MANN, e noi dovevamo inserirci con un’altra mostra che trovasse un equilibrio con la prima ma che anche si distinguesse. Devo dire che il carattere performativo delle opere di Sasha ha aiutato. Ho cercato di costruire un percorso che si integrasse mantenendo un dialogo con il primo, offrendo però delle ‘sorprese’ al visitatore mentre lo percorreva.
L’ultimo lavoro, la foresta dei pennacchi rossi, credo che ben risolva il confronto con il Toro Farnese, che è una grande icona dell’antichità paragonabile a un’opera come Guernica nel Novecento. Il gruppo di “Non Tocca Terra La Parola”, si pone di fronte al Toro Farnese mostrando la sua alterità ideale, ma senza nascondere il gruppo scultoreo antico, intrecciando anzi con questo un duello che attraversa i secoli”.
Con P.P.P. Possibile Politica Pubblica l’artista dà origine a un’opera d’arte totale, in cui il museo diventa, ancora una volta, un paesaggio in cui esplorare e ripensare i rapporti tra Natura, Uomo e Società, e riflettere sulla necessità di una nuova coscienza etica, estetica e politica.
Al MANN Sasha Vinci continua la sua ricerca artistica con un progetto che recupera il potere dell’arte come visione, capace non solo di creare legami tra passato e presente ma di diventare atto di denuncia contro l’immobilismo e l’inerzia sociale, poiché le regole e i ritmi del mondo possono cambiare se lo vogliamo realmente.
Sasha Vinci. P.P.P. POSSIBILE POLITICA PUBBLICA (a Pier Paolo Pasolini)
a cura di Maurizio Bortolotti
in collaborazione con aA29 Project Room
10 giugno – 10 settembre 2021
MANN – Museo Archeologico Nazionale di Napoli
Piazza Museo 19, Napoli