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LINZ | SEDI VARIE | settembre 2019 | #report

di ENNIO BIANCO

Out of the Box
(1). 5 giorni, 16 sedi, 501 espositori, 548 eventi, 1.449 artisti e scienziati provenienti da 45 paesi, 110.000 visitatori. Queste sono le cifre del Festival Ars Electronica 2019, che da 40 anni ha luogo a Linz ai primi di settembre.

Postcity, Linz. Fotocredit: Flightkinetic / Raffael Portugal. Courtesy Ars Electronica

Ciò che le cifre non dicono riguarda le caratteristiche del pubblico che vi partecipa e che si confonde negli enormi spazi di Postcity, l’ex centro di distribuzione postale che con le sue formidabili dimensioni e gli spazi scoperti offre la sede perfetta per la presentazione di una molteplicità di iniziative come il premio della Comunità europea denominato S.T.ARS (Science Techenology & Arts), il Campus dove si incontrano le migliori ricerche nell’ambito del technological and scientific design, il Gallery Spaces dove Gallerie e Centri espositivi presentano opere di frontiera legate all’Intelligenza Artificiale e alle Scienze della vita, il Create you world spazio dedicato ai giovanissimi, ecc…ecc… Oppure presso l’Ars Electronica Center, un vero e proprio Museo del Futuro che è diventato una piattaforma di approfondimento e di interrelazioni fra arte, tecnologia e società. O, ancora, all’OK im00Kulturquartier, che ogni anno ospita il Prix Ars Elettronica, la più importante rassegna di Arte Digitale al mondo, strutturata in varie categorie come: Digital Music & Sound Art, Interactive Art, Digital Communities, e soprattutto Artificial Intelligenze and Life Science (quest’anno ha vinto Paul Vanouse con Labor un’installazione artistica che ricrea il profumo delle persone in condizioni stressanti. Tuttavia, non ci sono persone coinvolte nella produzione dell’odore che è creato da batteri che si propagano nei tre bioreattori personalizzati al centro della stanza).

È un pubblico perlopiù di giovani, curiosi di conoscere le ricerche dei loro colleghi di altre università, di altri paesi; ma anche di direttori scientifici di importanti Centri o Fondazioni Culturali che si occupano di arte o di ricerca scientifica, o più probabilmente delle contaminazioni fra queste due aree; di artisti di fama internazionale che operano nell’ambito della New Media Art; di fantastici “nerd” che presentano API per facilitare gli artisti nella realizzazione di opere di Digital Art assistita dall’Intelligenza Artificiale e intanto sognano di diventare gli Zuckerberg del futuro; di vivacissimi studenti di varie università desiderosi di mostrare, farsi ascoltare, far sperimentare al visitatore le loro ricerche; di gruppi di lavoro che operano con innovative interfacce uomo-macchina in grado di segnare il volto del visitatore di un indelebile stupore; ecc…

Dentro questo magnifico caos è difficile seguire un filo conduttore. Per lo più ci si lascia trasportare dalla curiosità di cogliere l’essenza di talune ricerche. Tuttavia, dopo averci dormito sopra, alcune opere appaiono destinate a restare e ad essere accolte dai migliori musei di arte contemporanea. Ne indico alcune.

Kate Crawford (2) e Vladan Joler (3) hanno presentato tre grandi pannelli capaci di incantare masse di visitatori grazie ad un uso sapiente e creativo dell’infografica, illuminando i processi invisibili in cui sono strutturate le principali attività dei grandi players dell’informatica.

Anatomy of an AI System/Kate Crawford (AU), Vladan Joler (RS), Credit: Ars Electronica, Martin Hieslmair

In Anatomy of an AI Sistem viene disegnato l’intero processo produttivo alla base di Amazon Echo (quella che chiamiamo Alexa), attraverso il controllo del linguaggio, l’internet personal-assistant, la modellazione AI dei dati, la server-farm, la rete, evidenziando come tutto ciò abbia radici nella natura, ricadute nella gestione dei rifiuti e quindi costi sociali, eco-sociali, economici e politici, che spesso rimangono nascosti.

In Facebook Algotitmic Factory si denuncia sia la mancanza di trasparenza degli algoritmi che decidono il tipo di contenuti ai quali ciascuno di noi potrà avere accesso, sia l’enorme ricchezza ed il potere generati da questa enorme mole di dati a favore di chi li possiede e li controlla, spesso in violazione di diritti umani e alimentando nuovi meccanismi di sfruttamento e manipolazione.

“Negli ultimi tre anni – afferma Quayola – mi sono concentrato sulla tradizione della pittura di paesaggio. In particolare, sono affascinato da come, alla fine del XIX secolo, gli artisti hanno iniziato a allontanarsi dalla rappresentazione e come i paesaggi sono diventati un punto di partenza verso l’astrazione. In sostanza, come i paesaggi sono diventati un veicolo per esplorare nuove estetiche”.
Per realizzare Remains Quayola ha catturato il paesaggio attorno alla casa di Audemars Piguet nella Vallée de Joux. Lo ha fatto utilizzando uno scanner 3D ad altissima precisione. Le immagini, che derivano quindi dal rendering si basano su enormi set di dati di coordinate 3D, sono state poi stampate e retroilluminate. Da una certa distanza si ha la sensazione di foto molto dettagliate, anche se gli alberi appaiono come presenze fantasmatiche. Come ci si avvicina, si ha la sensazione di trovarsi di fronte alle immagini di lontane galassie catturate da un telescopio spaziale.

Quayola, Remains, credit: Quayola. Courtesy Ars Electronica 2019

Adrien M (Mondot) e Claire B (Bardainne) sono due maghi, due incantatori che trasportano il pubblico nel mondo dei Mirage & miracles. All’entrata dell’ampia sezione a loro dedicata presso l’Ars Electronica Center, il personale dota ciascun visitatore di un tablet in cui è attivata un’applicazione che permette di vedere, una volta inquadrata, una delle molte piccole scene composte da una sequenza di pietre: si possono così osservare degli omini che saltano titubanti da una pietra all’altra o dei vortici e degli scrosci di pioggia. Questa è l’incantevole e poetica realtà aumentata che si incontra prima di entrare nella sala successiva in cui si può avere una esperienza di realtà virtuale.

La sequenza è questa: innanzitutto ci si trova di fronte ad un cervello in vetro collocato su una piattaforma luminosa; poi, una volta indossati degli speciali visori per la realtà virtuale che hanno la capacità di intercettare il movimento delle mani del visitatore, fra le mani virtuali e il cervello luminoso inizia dapprima un timido dialogo che genera delle affascinanti forme costruite con innumerevoli punti luminosi; queste forme poi si sviluppano, in un crescendo esponenziale, in imprevedibili composizioni. Si entra così in un mondo magico dal quale non ci si vorrebbe allontanare.

Nella sezione dedicata al suono, Memo Akten, uno dei più straordinari e poliedrici artisti della scena internazionale della Digital Art, era presente con tre video della serie Simple Armonic Motion, nei quali egli esplora la complessità partendo dalla semplicità, in particolare la genesi di composizioni complesse di immagini e suoni attraverso la sovrapposizione di pattern molto elementari. Sono principi matematici ed algoritmi a modulare i risultati, prendendo ispirazione da fenomeni naturali e regole astratte. Al tempo stesso l’autore dimostra di conoscere, se non di riferirsi direttamente, ai lavori di compositori come Norman McLaren, John Withney, Steve Reich, John Cage, Gyorgi Ligesti e Edgar Varèse.

Un’ultima stanza della sezione è dedicata al sound e agli strumenti musicali e anche in questo caso le sorprese non mancano. Troviamo un pianoforte Bösendorfer Imperial 290 CEUS che, grazie ad una tecnologia speciale, consente la registrazione di musica riprodotta esternamente e la sua ripetizione in modo talmente preciso da riprodurre non solo il suono ma anche i movimenti di tasti e pedali effettuati dall’esecutore: ad esempio, è stato possibile registrare la versione per pianoforte a quattro mani di Ma Mère l’Oye composta da Maurice Ravel tra il 1908 e il 1910. Inoltre, Aki Nikrang ha collegato questa macchina ad un sistema AI, basato su Magenta Performance RNN (Reti Neurali Ricorsive) (https://magenta.tensorflow.org/performance-rnn) e MuseNet di Open AI (https://openai.com/blog/musenet/): allo spettatore, quindi, non resta che scegliere uno dei due brani che, partendo da poche note di Mozart, vengono poi sviluppati da MuseNet in stile Chopin e in stile Bach, avendo così prova delle enormi potenzialità raggiunte dagli strumenti di Machine Learning negli ultimi anni. La Bösendorfer rende disponibili tutti i dati registrati a scopi di ricerca e arte, senza alcuna restrizione.

Emergence  è un’opera VR realizzata da Universal Everything, un collettivo globale di video artisti, designer di esperienze e futurologi fondato nel 1984 da Matt Pyke. Si tratta un progetto di natura artistica e al tempo stesso di un videogioco filosofico. L’azione dell’avatar, protagonista della scena, è guidata dallo spettatore, che ne controlla il ritmo e la direzione con l’obiettivo di raggiungere diversi fasci di luce che vengono sparati da terra e appaiono in lontananza.

Matt Pyke ha così commentato le loro intenzioni: “Abbiamo lasciato l’obiettivo intenzionalmente aperto: si parte circondati dalla folla e, mentre si cammina liberamente, l’ambiente inizia a reagire. Colossali fasci di luce si innalzano verso il cielo, questi esercitano una formidabile attrazione, come la fiamma per una falena. Se si varca lo spazio del raggio di luce, il mondo si trasforma in un nuovo scenario: nuovi comportamenti della folla, drammatiche luci colorate e una colonna sonora corrispondente si combinano per formare una serie di contrasti emotivi, alterando il rapporto tra l’individuo e le 5000 persone che lo seguono. Lo spettatore controlla il suo avatar come fosse un drone e il suo punto di vista consente un rilevamento grandangolare sulla folla in modo da poterne apprezzare appieno i comportamenti.”

I programmatori sono riusciti a simulare più di 5.000 comportamenti umani intelligenti, con l’obiettivo di mostrare i modi apparentemente infiniti in cui gli animali umani agiscono in contesti di gruppo. Per le figure umane ci si è riferiti ad artisti come Do Ho Suh, Anthony Gormley e Julian Opie, mentre Julie Mehretu, Casey Reas e Sarah Sze sono stati dei punti di riferimento per l’esplorazione del caos.

Sabrina Rattè, artista canadese con residenza a Parigi, ha presentato negli spazi della Gallerie Charlot l’opera video Machine for Living, che ha così commentato: “Il mio lavoro si ispira alla tensione tra utopia e distopia nel contesto dell’architettura. Con la creazione di ambienti virtuali, indago l’esperienza sensoriale e psicologica dell’architettura nel regno virtuale e fisico”. Il progetto indaga l’architettura delle nuove città e degli edifici di abitazione brutalista nei dintorni di Parigi: villes nouvelles come Noisy-le-Grand, Montigny-leBretonneux, Créteil, Grigny, Cergy-Pontoise, Nanterre e Ivry-sur-Seine sono al centro di questa ricerca ancora in corso. Attraverso un mix di tecnologie digitali e analogiche come sintetizzatori e feedback video, l’artista perviene a dei video che sono il risultato di esperimenti con trame, colori e forme di provenienza analogica, integrati all’interno di architetture più complesse create con software 3D. Sabrina Rattè mira in questo modo a creare un’estetica sia contemporanea che fuori dal tempo, in cui i riferimenti sono presenti ma non ovvi; il suo approccio è un modo per rendere omaggio ai pionieri della videoarte che hanno profondamente ispirato la sua pratica artistica.

Sabrina Ratté – Créteil (Machine For Living) from Galerie Charlot on Vimeo.

Alessandro Capozzo, artista digitale milanese con alle spalle studi musicali, grande competenza informatica, profonde passioni per la letteratura e la scienza, ha presentato negli spazi della Galleria Artericambi di Verona M0T3TU5, un’opera su quattro canali video sincronizzati. “È un progetto – spiega Alessandro Capozzo – posto all’intersezione di arte generativa, intelligenza artificiale e visualizzazione dei dati. Il titolo dell’opera rimanda a motetus il nome latino di motet: la forma tradizionale di composizione tipica della polifonia occidentale; questo titolo, che trova la sua radice nel termine francese mot (parola), implica come in questa installazione il testo abbia un ruolo centrale. Questo lavoro si basa sull’algoritmo di apprendimento automatico char-RNN; una rete neurale ricorsiva che una volta allenata con un certo testo è in grado di generare pseudo-testi in base alla probabilità e alla previsione che ad una lettera ne segua un’altra, formando così sequenze di parole, frasi e frasi a cui il lettore cerca di attribuire una direzione di significato.” L’opera di Capozzo utilizza testi preesistenti per creare e modellare nuovi materiali. I libri che hanno addestrato la Rete Neurale Ricorsiva sono stati: Dialogo sopra i massimi sistemi di Galileo e Opticks: or a Treatise of Reflections, Refractions, Inflections and Colurs of Light di Isaac Newton, due testi fondamentali del pensiero scientifico occidentale. Espandendo e portando agli estremi questa pratica, potremmo usare la letteratura come materiale compositivo, senza l’intenzione di creare narrazioni coerenti, semplicemente confidando nella fiducia che istintivamente l’individuo mette nell’interpretazione; ciò, tuttavia, costituisce indubbiamente un grosso pericolo in un’epoca in cui la narrazione, la propaganda e il falso sono intrecciati.

Inoltre, l’AI incontra, per ora, delle insormontabili difficoltà semantiche nell’interpretare compiutamente un testo o nel riconoscere gli elementi di un’immagine, perché alla base dell’Intelligenza artificiale ci sono le “information-as-thing”, vale a dire dati numerici, dati trasmissibili; l’uomo, invece, alla base della propria intelligenza naturale può contare su “information-as-interpretation”, un sistema totalmente diverso e che difficilmente può essere tradotto in numeri. Forse per comprendere e decodificare l’intelligenza naturale, occorrono laboratori in cui, accanto a informatici e matematici, operino neuroscienziati, medici e soprattutto artisti.

Info: Ars Electronica
Ars-Electronica-Straße 1, 4040 Linz, Austria
Tel. +43.732.7272.0
Fax. +43.732.7272.2
info@ars.electronica.art
ars.electronica.art

(1) “Out of the box. The Middle crisis of the Digital Revolution”, il titolo di Ars Electronica 2019, arrivata alla quarantesima edizione. “Out of the box o Fuori dagli schemi significa per tutti noi, fuori dalla zona di comfort!”, dichiarano gli organizzatori, “Per essere in grado di agire come umanità di fronte ai problemi scottanti sorti nel contesto dell’intelligenza artificiale, della fusione di genetiche e biotecnologie e della distruzione ecologica del nostro pianeta, è necessario avventurarsi nel terreno sconosciuto dei sistemi digitali creati da noi umani; usando l’arte di guardare oltre i nostri recinti del giardino, esplorare e attraversare le possibilità “.

(2) Kate Crawford è co-fondatrice e co-direttrice dell’AI Now Institute di New York che conduce ricerche sulle implicazioni sociali dell’Intelligenza Artificiale; inoltre è Distinguished Research Professor alla New York University e Principal Research al Microsoft Research di New YorK.

(3) Vladan Joler è docente al Dipartimento di New Media presso l’Università di Novi Sad e guida il Share Lab, un laboratorio di ricerca che esplora le differenze tecniche e gli aspetti sociali della trasparenza algoritmica, il loro sfruttamento, le strutture invisibili, le scatole nere e molti altri fenomeni di intersezione fra tecnologia e società.

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