MILANO | Area35 Art Gallery | 12 marzo – 31 maggio 2020
Intervista a GABRIELE SALVATERRA di Matteo Galbiati
Area35 Art Gallery di Milano con la mostra collettiva intitolata Grey street offre un’interessante riflessione sul colore grigio, introdotta dalle opere di dieci artisti contemporanei (sono presenti Renato Calaj, Luca Coser, Giulia Dall’Olio, Lorenzo Di Lucido, Debora Fella, Andrea Mangione, Michele Parisi, Giovanni Pasini, Ettore Pinelli, Rolando Tessadri) sapientemente diretti dalla regia curatoriale di Gabriele Salvaterra.
Attraverso i lavori scelti per questa occasione si può osservare una gamma diversificata di ricerche che, da noi stimate, seguite e conosciute da tempo, qui si confrontano coralmente sulle suggestioni determinate da questo colore senza tinta. L’acromaticità delle gamme del grigio, teso tra l’assoluto del bianco e la profondità del nulla del nero, lascia trasparire una modulazione infinita di ipotesi che, con insospettata sensibilità, superano la riluttanza pregiudiziale che ogni spettatore potrebbe avere davanti a questo tema. Fedeli al motto #iorestoacasa e #lartenonsiferma, approfondiamo la mostra raggiungendo per questa intervista il curatore:
Come nasce il progetto di questa mostra? Quali artisti hai selezionato e perché?
Il progetto nasce dal lavoro stesso degli artisti, da colloqui con loro e dalla prefigurazione di un possibile gruppo unito da una particolare attitudine o da un simile porsi poetico nei confronti della realtà. In particolare con Michele Parisi ed Ettore Pinelli si è parlato per anni della possibilità di fare una mostra di questo genere e con Area35 Art Gallery si è finalmente presentata l’occasione per renderla reale. Sono state ancor prima le parole contenute in una traduzione del L’arte poetica di Paul Verlain a sintetizzare una serie di stratificazioni semantiche che erano presenti nel colore grigio: “Nulla è più caro della canzone grigia / in cui l’incerto si unisca al preciso”.
Sulla base di questi presupposti ho selezionato artisti con cui lavoro da tempo o la cui ricerca poetica poteva rientrare con naturalezza nel progetto. Sicuramente si è trattato di uno sguardo personale necessariamente non esaustivo. Alcuni come Dritan Hyska non hanno potuto partecipare per problematiche logistiche dovute anche all’emergenza Covid-19, molti altri – penso ad esempio all’originale lavoro di Marco Demis – potevano essere coinvolti ma la mostra non voleva porsi in termini di stringente (e impossibile) completezza.
Ci accompagni alla lettura delle opere di ciascuno?
Gli artisti si presentano coerentemente attraverso una somiglianza, quella del colore e dell’attitudine, portando però ognuno con sé percorsi e poetiche estremamente disparate. In breve, abbiamo posizioni che prendono a piene mani dall’ambito urbano come la pittura di ascendenza street di Renato Calaj, altri che si relazionano con archivi iconografici già esistenti di stampo digitale – Ettore Pinelli e Andrea Mangione – oppure analogici nei riferimenti storici, fotografici e cinematografici di Luca Coser e Michele Parisi. La pittura come luogo ambiguo a sé stante respira nei lavori di Lorenzo Di Lucido, mentre il riferimento al mondo naturale, percepito come zona grigia di confronto critico per l’essere umano si ritrova in Giulia Dall’Olio e Giovanni Pasini. Debora Fella ritorna, attraverso l’insegnamento simbolista e surrealista, alle dimensioni umbratili del sogno, mentre Rolando Tessadri in ambito aniconico e monocromatico realizza le sue tinte attraverso il mescolamento impuro e istintivo di innumerevoli cromatismi. Ognuno di loro, in qualche modo, ha fatto suo il tema rilanciandolo in maniera inaspettata, non limitandosi quindi a fare da didascalia a un pensiero preesistente, per questo li ringrazio.
Nel tuo saggio critico parli di “attitudine grigia” che caratterizza il loro operato, cosa intendi?
Mi riferisco a un’esigenza di lieve distanziamento dalla realtà e di abbassamento della temperatura emotiva. Elementi che consentono, a mio modo di vedere, una maggiore presa sulle cose. È quel leggero “asincrono” dell’arte sui tempi e i modi della cronaca che permette agli autori di dire qualcosa di pregnante su noi stessi, a tratti ineffabile. L’attitudine grigia era poi l’esigenza di affidarsi a un territorio estetico “residuale”, apparentemente secondario e poco pregnante, per provare a risvegliare inaspettati e contrastanti vertici espressivi. Su questa strada molti grandi artisti del contemporaneo storico hanno indicato una via piena di possibilità, penso a Richter, ai Becher, Polke, Ed Ruscha, Tuymans, Charlton… ricerche che pescano da ambiti molto prosaici rendendoli però assolutamente interessanti.
In che senso concepisci il grigio come metafora (non necessariamente negativa) della società di oggi? Come si rende attraverso le opere esposte?
Il grigio è un non-colore di noia e indifferenza. Al suo interno può contenere però tutti i toni dello spettro cromatico. Alla stessa maniera, ma viceversa, se prendiamo una decina di colori a casaccio e li mescoliamo otteniamo una pasta incolore grigia. Così è anche la realtà di oggi, un mondo anti-ideologico, complesso, dove non esistono più polarizzazioni nette come bianco-o-nero. Un mondo pieno di stimoli che per la loro stessa sovrapproduzione porta al paradosso di un vivere spesso anonimo e inconsistente. Tutte le opere, ognuna secondo il proprio ambito espressivo, affrontano questa molteplicità e complessità del grigio, chi parlando di ambito urbano, chi di memoria, chi di media tecnologici, chi i sogni e chi di ambito naturale… come dici è una metafora non necessariamente negativa, il grigio si pone come luogo dalle tante potenzialità e accettare le sfumature di verità esistenti tra bianco e nero credo sia sinonimo di intelligenza e onestà.
In una certa misura si riesce a determinare – anche teoricamente – una sorta di redenzione di questa cromia, che sa uscire dal suo anonimato retorico, dal silenzio dell’indifferenza o dal pregiudizio negativo con i quali si è soliti percepirlo e considerarlo…
Esattamente, perché parla dei nostri tempi, in qualche modo è un colore ubiquo e perché, come dice Ettore Spalletti “Il grigio è accoglienza, è un colore che si muove verso il bianco ma anche verso il nero, che offre la più alta qualità di tutti i colori”.
Come puoi associare al grigio, o codificarne, un principio di molteplicità e di diverso attraversamento della sua essenza?
Nella materia cromatica stessa che lo costituisce, se prendiamo ad esempio il lavoro di Tessadri, i suoi monocromi neri o grigi sono davvero mescolamenti di una molteplicità di colori. Nella tinta finale sembra che questi vengano neutralizzati, eppure rimane una risonanza sotterranea che li vivifica.
Un altro esempio si può trovare negli stessi dieci artisti della mostra, da lontano così simili ma, avvicinando lo sguardo, realmente unici e differenti. Forse è questo il trucco del grigio e delle sue infinite possibilità!
L’emergenza Covid-19 ha impedito l’apertura della mostra e la sua visita: quali strumenti state adottando per diffonderla? Erano stati già preventivati, oppure le circostanze vi hanno spinti ad una operatività differente?
Un po’ entrambe le cose, nel senso che già nelle fasi precedenti all’apertura si avvertiva la gravità della situazione e il suo rapido degenerare. Così Giacomo Marco Valerio, il gallerista di Area35, ha pensato di fissare una ripresa 3D con Artland anche solo per assicurare visibilità commerciale all’iniziativa. Con le disposizioni per il Coronavirus l’idea ha avuto una funzionalità anche per veicolare il progetto in senso culturale, diventando vitale nel contesto del blocco generale delle attività. A questo abbiamo aggiunto le consuete documentazioni fotografiche e un catalogo pdf liberamente scaricabile. Tutte iniziative volte ad attirare il pubblico a visitare fisicamente la mostra, non appena ce ne sarà l’occasione.
So che, passata l’emergenza, per la riapertura e la ripresa regolare delle attività lavorative, state pensando a un momento di partecipazione collettiva? Cosa state studiando di diverso da un semplice finissagge?
Sì, ci sarà sicuramente una serata conviviale che prenderà il posto della mancata inaugurazione, con presentazione del progetto e possibilità, oltre che di vedere i lavori de visu, anche di relazionarsi con gli artisti. Difficile dire quando ma speriamo il prima possibile e nella più totale sicurezza pubblica.
Grey street. Renato Calaj, Luca Coser, Giulia Dall’Olio, Lorenzo Di Lucido, Debora Fella, Andrea Mangione, Michele Parisi, Giovanni Pasini, Ettore Pinelli, Rolando Tessadri
a cura di Gabriele Salvaterra
12 marzo – 31 maggio 2020
Area35 Art Gallery
Via Vigevano 35, Milano
In ottemperanza del decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri dell’8 marzo 2020 in merito all’emergenza Coronavirus (Covid-19) la galleria rimarrà chiusa fino a diversa comunicazione. Seguiranno aggiornamenti in merito al riavvio delle attività e alla programmazione di una serata di presentazione del progetto con artisti e curatore.
Visita della mostra in remoto al seguente link
Catalogo italiano-inglese disponibile in PDF al seguente link
Info: +39 339 3916899
info@area35artgallery.com
www.area35artgallery.com