di LOREDANA GALANTE
Galante è senza dubbio arruolata tra gli attivisti del Bene. Incline alla creazione di valore e all’approccio contributivo, i suoi lavori, come aprire le mani per lasciare cadere semi per la riformulazione di una coscienza etica e ricongiungere le dita per ricucire gli strappi, hanno la valenza di azioni e gesti semantici. Fatti di Cura, riparazione ed attenzione alle fasce deboli, inclusione, rituali salvifici di ricanalizzazione dei desideri e delle risorse definibili come edificanti interventi di poesia critica. Fili, racemi, esili strutture sentimentali di mani dedicate a costruire reti di appartenenza e di contenimento: possono sorreggere, arginare e ricamare un disegno di presa di coscienza, di assunzione di responsabilità? Eccomi. Si prende una distanza quando ci si descrive, una pausa, l’occasione di un bilancio in cui si misura lo spessore degli strati di pelle non lesinati. Il mio lavoro è sorretto dal mio scheletro, non è l’esaltazione di me stessa ma semmai il mio processo evolutivo.
Abitare il dubbio, l’incertezza, definire le comprensioni in qualche forma, catalizzare la sostanza. Ritrovare la motivazione, sentenziare l’ultima volta e poi posticiparla. È anche questo la mia professione, una costante d’impegno. Per me duro. Un’insoddisfazione latente, i non detti e le dichiarazione urlate di una necessità di Exsistere, uscire allo scoperto, venire fuori ma anche affrancarsi dal bisogno di visibiltà intrecciando un nido per una necessità di riparo e solitudine, un cofanetto con la chiave per rincasare le mie sensibilità, ricomporre le mie fratture. E poi, tutte insieme, alle volte quelle complesse intersezioni di componenti e condizioni per cui sì, si può parlare di soddisfazione, di quella vera che si distribuisce in tutte le terminazioni nervose e le distende, per un attimo come la codeina dopo la puntura di un ragno. Poi basta: ricomincia la competizione con me stessa, quel ricollocarsi in guerra, autentica e disarmata. Ricordarsi ammaccata che se mi occupo di Creare Cura, di Gentilezza, l’abbraccio deve includere anche me.
Per Prisma Studio di Genova ho realizzato, nell’ambito della mostra Living Room a cura di Leo Lecci, la Stanza delle Orchidee. “Vi siete intrattenuto con un amico nella stanza delle orchidee e vi siete raddrizzato come l’artemisia che cresce fra la canapa…” dice il Gosho. Si parla di una fragranza interna che diventa esterna, che si trasmette. L’installazione-ambiente è composta di disegni ed oggetti tridimensionali, chiari riferimenti ad un’“inclinazione domestica” ed a una femminilità rassicurante e curativa.
Gli elementi sensualità e provocazione s’insinuano tra tappeti e poltrone “occhiute” che scrutano, un sessuato servizio da the, le pantoufles au crochet con la mappa ricamata della riflessologia plantare…, peaceful embroider centerpieces, livres… L’intenzione démodé e nostalgica resiste ad una velocità difficile da assimilare e da sentire. Tra ammicamenti, confessioni, procreazioni e cure, rimane forte il grande proposito di una fedeltà sostanziale ai legami ed ai valori. Un tributo alle affinità, ai fili che non si spezzano. Regalare un’orchidea gialla a un amico significa voler cementare per sempre il rapporto di amicizia. È la RELAZIONE la spiegazione del mio lavoro a volte (mi hanno detto) difficile da ricondurre. Parametri, coefficienti. Come si vendono le forme pensiero?
Evocate nelle tele o appese sul soffitto, percezioni spigolose e disfunzionali alla ricerca di un’armonia che è inclusione e sospensione di giudizio. A voi che avanzerete costeggiando gli argini di questo “Flusso Fiume” troverete storie, fatti, ambienti, oggetti, preghiere: dipinti, trascritti, ricamati, evocati. Ogni fatto raccoglie la storia universale e la concatenazione di tutti i fatti. Se potessimo capire il mistero dietro ad un oggetto o a una parola, forse potremo comprendere chi siamo e cos’è il mondo, intero in ogni rappresentazione, intero nella sua concatenazione di cause ed effetti. Non resta che catalogare meticolosamente, salvare dal dimenticatoio, occuparsi, provare ad allinearsi con lo spirito intelligente dell’Assoluto, ritrovare il bandolo della matassa, disfare i nodi. Buddha insegna che “disfare i nodi del cuore” è il processo che porta alla liberazione, all’elevazione dell’essere, il passaggio ad uno stato superiore. La preghiera si basa su una profonda Promessa. La fatica profusa per me è sempre stata l’unica via obbligata. Con il tempo quel granello di coerenza guadagnata come individuo in divenire è l’emolumento più prezioso, il mio centro di gravità.
L’impegno recente più grande in termini di tempo e dedizione è la messa a punto della (mia) rivoluzione gentile. È il titolo della mostra personale che si terrà alla Fondazione Dino Zoli, conseguenza felice e non scontata della residenza d’artista, “Non solo una mostra” dice Monica Zoli. Vero. La riabilitazione della Gentilezza di cui è intriso il mio lavoro degli ultimi anni e la scelta di buone domande. Un manifesto programmatico da redigere insieme, un racconto denso, compreso e curato da Nadia Stefanel. È urgente un atto di fede, deporre le armi, bisbigliare benedizioni, mostrarsi senza mutande… Qualcuno ha detto “non si può rammendare un incantesimo come un vestito”. Io non ci credo.
Loredana Galante studia presso il liceo artistico Paul Klee e l’Accademia Ligustica. Dopo la borsa di studio del centro T.A.M. diretto da Arnaldo Pomodoro, la ricerca continua interagendo con discipline diverse che la spingono a frequentare corsi di danza, teatro e la scuola triennale di counseling. Il suo lavoro va dall’esile ed elegante tratto a matita, fino all’abitare e “galantizzare” gli spazi. Lavora con l’ installazione, la performance, la pittura e la forma laboratoriale. Nel corso della sua attività artistica ha esposto in Italia e all’estero in musei pubblici e gallerie private, tra cui a Tokyo, Dubai, Hannover, Strasburgo, Nizza, New York, Teheran, Ouagadougou, Shengzhen. Tra gli altri hanno scritto di lei: Vera Agosti, Luca Beatrice, Achille Bonito Oliva, Chiara Canali, Luciano Caprile, Viana Conti, Fortunato D’Amico, Alberto Dambruoso, Valerio Dehò, Giacinto di Pietrantonio, Manuela Gandini, Angela Madesani, Alessandra Redaelli, Elisabetta Rota.
Leggi qui i contributi delle artiste invitate in Open Dialogue: www.espoarte.net/tag/open-dialogue/