VENEZIA | Museo d’Arte Orientale | 19 ottobre 2024 – 12 gennaio 2025
Intervista ad ALESSANDRO CARDINALE di Francesco Liggieri
Conosco Alessandro Cardinale da almeno vent’anni. Abbiamo frequentato l’Accademia di Belle Arti di Venezia nel medesimo periodo storico. Ho avuto il piacere di curarlo in alcuni progetti espositivi ed oltre ad essere un amico, credo sia un artista con una sensibilità e capacità rare tra quelli della sua generazione.
Ho sempre trovato in Alessandro e nel suo percorso una poesia profonda, capace di attraversare la materia e di restituirla con una carica emotiva straordinaria. Le sue opere, intime e universali, parlano del tempo, della memoria e della condizione umana con una grazia unica. Essere testimone della sua evoluzione artistica è stato, ed è tuttora, un privilegio, e sono certo che il suo cammino continuerà a sorprenderci e ad emozionarci.
Se tu dovessi presentarti a chi non ti conosce, ma dovessi farlo con il titolo di un’opera d’arte, quale sarebbe?
Whispering future è senza dubbio il titolo della mia opera più intima e personale quindi sceglierei sicuramente questo. Un’opera, tra l’altro che mi ha portato un riconoscimento importante alla V Biennale Internazionale d’Arte di Pechino. Si tratta di un progetto che ha come protagonista un mio disegno realizzato in età infantile, che ho, tramite lo studio dell’anamorfosi, ritagliato, per poi inserirlo all‘interno di un banco di scuola da me creato; una luce posta all’interno di esso proietta l’ombra di me bambino intento a fare quel disegno.
Il fine è quello di mettere in comunicazione i momenti salienti della mia vita: la fanciullezza, ignara di quello che sarebbe stato il mio futuro, e l’età adulta, in attesa che anche quest’opera diventi, tra qualche anno, una testimonianza del passato.
Esiste un luogo ed un momento che identifichi come l’inizio del tuo percorso e del tuo lavoro?
Ho studiato Scultura all’Accademia di Belle Arti a Venezia. Credo che l’inizio del mio percorso, dal punto di vista della poetica, sia correlato al momento in cui ho capito cosa fosse per me la scultura: equilibrio tra pieni e vuoti, dove lo spazio vuoto ha lo stesso identico valore di quello pieno. Ho sempre cercato di ragionare tenendo presente questo principio e questo mi è servito molto per rimanere coerente nella mia ricerca pur essendo passato attraverso media, materiali e tematiche molto differenti fra loro.
Da cosa nasce la scelta delle tue figure o degli oggetti nei tuoi lavori?
I soggetti che inserisco all’interno dei miei lavori sono un pretesto, uno strumento per parlare d’altro. Gli argomenti che affronto all’interno della mia ricerca sono sempre legati al mio vissuto, alle mie esperienze, in un certo senso è come se tutti i miei lavori fossero degli autoritratti.
Ci puoi raccontare qualcosa della tua personale attualmente in corso al museo di Arte Orientale a Venezia?
La mostra è nata dalla collaborazione con la critica e curatrice Anna Lisa Ghirardi, che da un po’ di tempo sta seguendo il mio lavoro, e la Direttrice del Museo d’Arte Orientale di Venezia Marta Boscolo Marchi, interessata alla mia ricerca legata alla cultura orientale. Inizialmente pensato come un piccolo progetto si è rapidamente trasformato in una mostra ben più complessa che ha coinvolto tutte le gallerie con le quali collaboro. La mostra si intitola Nüshu – Writing the void e raccoglie una serie di opere strettamente legate alla Cina ed in particolare alla tematica del nüshu: dieci lavori scultorei di grandi dimensioni, sette in legno e cotone installati a parete e tre sculture in acciaio corten. L’obiettivo è stato creare un ambiente immersivo e coeso che lasciasse il fruitore libero di interagire con le opere grazie ad ampi spazi vuoti fondamentali per poter leggere al meglio i singoli lavori.
Potresti raccontare questo Nüshu per chi non ne conosce l’argomento?
Nüshu significa letteralmente “scrittura delle donne”. Si tratta di una scrittura sillabica ad uso esclusivamente femminile nata in Cina in epoca imperiale all’interno della regione Hunan, nella Cina meridionale, come risposta alla società patriarcale dell’epoca che costringeva le donne ad una condizione di costante sottomissione. A loro era negato persino il diritto all’educazione e, di conseguenza, avevano elaborato un loro personale linguaggio scritto che andavano a ricamare su vestiti e ventagli per dar voce alle loro sofferenze e ai sentimenti più intimi. All’epoca le donne erano confinate in casa, a loro era impedito di camminare in maniera libera a causa della pratica della fasciatura dei piedi e costrette a dedicarsi esclusivamente alle attività domestiche. In questo contesto il nüshu divenne un codice a loro riservato capace di dar loro un mezzo per esprimersi ed alleviare le loro sofferenze.
Cosa ne pensi dell’appropriazione culturale da parte di artisti occidentali?
La questione dell’appropriazione culturale è un aspetto a cui tengo molto. Affrontando la tematica del nüshu ho cercato il più possibile di evitare qualsiasi tipo di appropriazione, non ho mai pensato di riportare versi in nüshu all’interno dei miei lavori per esempio. Il mio approccio difatti è stato quello di rappresentare esclusivamente la sensazione che ho provato nel venire a conoscenza di questo linguaggio. In questa serie di opere voglio parlare di comunicazione e della dinamica della comprensione di un messaggio. Questi lavori se visti distrattamente possono sembrare informali, solo da un determinato punto di vista hanno una leggibilità. La mia speranza è che chi ha voglia di soffermarsi possa scoprire per un istante delle figure e poi catturato da esse abbia la curiosità di indagare e farsi trascinare all’interno del mondo del nüshu, ricco di sofferenze ma anche di sottili speranze.
Quanto è importante la ricerca della bellezza nel tuo percorso?
Molto, se per ricerca della bellezza intendiamo la ricerca dell’equilibrio inteso non solo dal punto di vista formale ma anche concettuale. Se invece la intendiamo esclusivamente dal punto di vista estetico è una componente che riveste un ruolo secondario. Qualcuno potrebbe definire le mie opere esteticamente appaganti ma questo non è un aspetto per me fondante all’interno del mio lavoro. Non trovo interessante ricercare ossessivamente la bellezza estetica in un’opera come non trovo interessante ricercarne la totale mancanza.
Se tu non fossi un artista, cosa ti sarebbe piaciuto fare?
Un lavoro che mi avrebbe reso felice, anche non necessariamente legato alla creatività.
Puoi condividere qualche aneddoto interessante o curioso legato a una delle tue opere?
Il primo momento significativo, all’interno del mio percorso artistico, è stato indubbiamente il giorno dell’inaugurazione della mia scultura pubblica nella città di Cuneo a seguito della vittoria di un concorso nazionale per giovani artisti. Si trattava di un’opera in bronzo di grandi dimensioni, apparentemente informale, adagiata all’interno di una vasca piena d’acqua, il cui riflesso osservato da uno specifico punto di vista, rivelava un volto, richiamando il mito di Narciso. Pur essendo stato rassicurato dagli organizzatori che la spedizione e l’installazione erano andati a buon fine, decido di arrivare anticipatamente sul luogo della cerimonia per controllare. Tutto era già pronto, un grande telo posato sull’intera vasca e sul bronzo che era istallato, secondo il gusto dei tecnici installatori, ruotato di 180 gradi rispetto alle mie indicazioni, cosa che avrebbe impedito di vedere il riflesso da me studiato. Chiedo loro di posizionarlo correttamente, nonostante una certa riluttanza, evitando così la spiacevole sorpresa allo svelamento dell’opera durante la cerimonia di inaugurazione.
Come affronti la sfida di evolvere artisticamente nel corso del tempo senza perdere la tua identità creativa?
Quello che ho sempre fatto è cercare di seguire un percorso naturale passando da una tematica all’altra senza forzare i tempi o inseguire nulla che non fosse il mio istinto. Così facendo non ho mai dovuto faticare per rimanere coerente alla mia identità creativa. Credo che prova di questo sia il fatto che, guardando a ritroso la mia evoluzione, nonostante sia passato attraverso media e temi molto differenti, posso riscontrare un percorso coerente a me stesso, pur non avendolo mai ricercato in maniera sistematica.
ALESSANDRO CARDINALE Nüshu – Writing the Void
a cura di Anna Lisa Ghirardi, Marta Boscolo Marchi
catalogo Vanillaedizioni
19 ottobre 2024 – 12 gennaio 2025
MAOV – Museo d’Arte Orientale
Ca’ Pesaro, Santa Croce 2076, Venezia
Orari: da martedì a domenica 10.00 – 17.00
Il biglietto d’ingresso è valido per il Museo d’Arte Orientale + Ca’ Pesaro – Galleria internazionale d’Arte Moderna. Ingresso gratuito ogni prima domenica del mese