«Per quanto il bello, o presunto tale, resta armonico prima di degenerare nell’orribile?». L’interrogativo di Nicola Samorì è il punto di partenza di una profonda riflessione che segue e si lascia inseguire dalla storia dell’arte, dai suoi simboli, iconografie, rappresentazioni e ne registra estinzioni, ritorni, riscritture …
Circa 20 opere tra dipinti e sculture costituiscono il corpus di questa personale, che apre il 18 febbraio, da MarcoRossi artecontemporanea di Milano…
“La Storia”, 2009/2010, olio su rame, cm 100×100.
“R41, 2010”, gesso albastrino, cera, canapa, ferro e pigmenti, cm 170x115x45 circa
Francesca Di Giorgio: La dialettica del mostro: analizziamo il titolo della mostra, scomponiamolo e si ottiene “dialettica” – letteralmente “parlare attraverso” intesa anche come “arte” del dialogare – e “mostro”, su un piano linguistico, parola apparentemente meno insidiosa della prima ma che nasconde un’ambivalenza a metà tra un essere dalle caratteristiche straordinarie – per lo più sgradevoli – e un ben più affascinante “prodigio”. Ci spieghi la natura di questo nuovo progetto e la scelta dei lavori che ne fanno parte?
Nicola Samorì: Si tratta di un meccanismo che ha ossessionato Aby Warburg per anni, in breve la scoperta di come l’invenzione della bellezza in ogni epoca non sia stata in grado di reprimere l’orrore, finendo a volte per fomentarlo. Ogni linguaggio stabile è, infatti, come l’incarnazione di un fantasma che non cessa di premere da dentro la forma anche quando la sua superficie è perfettamente levigata.
Nei lavori in mostra quest’antagonismo si è quasi rovesciato, vale a dire: per quanto il bello, o presunto tale, resta armonico prima di degenerare nell’orribile?
L’oggetto della mostra è dunque una bellezza sotto sforzo dove una sequela di sante, eremiti, crocefissi e nobildonne, sottratte al Rinascimento, al Barocco e al Purismo, proprio nel momento del pericolo acquistano più coraggio, testimoniando una sorta di ostinazione del loro clima.
Ti confronti con pittura e scultura e chi segue la tua ricerca ha potuto notare un’evidente evoluzione del tuo lavoro. In quale direzione si sta muovendo?
La mia ansia nella ricerca somiglia alla corsa di chi sta per essere raggiunto e divorato dalla storia.
Hai parlato dell’incompiutezza dei tuoi ultimi lavori come di un fallimento degli stessi soggetti ritratti ad apparire stabili, definiti… Qual è il tuo obiettivo?
Ho detto che ogni ritratto fallisce il suo compimento perché cessa di essere restituzione di un modello e regredisce a uno stato pre-formale, all’incertezza dell’origine; una mistura dove chiunque può essere contenuto.
Proprio in questi giorni sta suscitando meritate polemiche il proposito (sciagurato) di eliminare la storia dell’arte tra gli insegnamenti delle scuole… Le tue opere attingono da punti di riferimento “storici” espliciti, l’olio su tavola Scuola italiana ne è un chiaro esempio. Qual è il tuo rapporto con la citazione (se così possiamo definirla) e cosa accade quando incontra il Contemporaneo?
Non siamo in presenza di “citazioni” ma di vere e proprie copie. Ricostruisco alcuni soggetti celebri – o meno – della storia dell’arte e li scuoto da dentro, quando il loro corpo non si è ancora stabilizzato. Nessuna di queste è una sovrapittura bensì una completa riscrittura, un’incorporazione e conseguente alterazione, il tutto condotto col senno di poi, come se Holbein avesse stretto un patto con Appel nell’ombra del Ribera.
Purtroppo la storia dell’arte (così come la poesia o la religione) non è per niente sexy in questo paese; si può anche parlare di code chilometriche per visitare mostre blockbuster ma il disinteresse è calcificato. A ciò si aggiunga la ridotta applicazione pratica di questo insegnamento e non ci si stupirà della sua sparizione.
Io ne registro i sintomi, catalogo estinzioni e la storia dell’arte, la cultura popolare o l’immaginario religioso ne fanno parte.
Non mi preoccuperei troppo però: per me vivere d’arte è stato naturale senza alcuna educazione familiare e quella scolastica è stata solo un ripasso. Per fortuna (per molti pare essere una disgrazia) il corpo dell’arte in questo paese è ancora molto invadente e non m’interessa se si tratta di una forza che viene dal passato. Con la genealogia è difficile scendere a patti, meglio imparare ad amarla.
La mostra in breve:
Nicola Samorì. La dialettica del mostro
MARCO ROSSI artecontemporanea
C.so Venezia 29, Milano
Info: +39 02 795483
www.marcorossispiralearte.com
18 febbraio – 27 marzo 2010
Inaugurazione giovedì 18 febbraio dalle ore 18.00