LAB 610 XL Servo – Sovramonte (BL)
Nicola Genovese. Overtime (Viviana Siviero)
«Non sempre l’ironia porta conforto, non sempre serve ad avvicinare le cose ai pensieri». Questa l’affermazione di Valerio Dehò, in merito alla nuovissima produzione di Nicola Genovese, un artista che ha sempre fatto dell’ironia il proprio punto forte, esprimendola attraverso una grafica graffiante perlopiù su di una matrice ceramica. Da tempo l’artista covava un cambiamento, già dimostrato nelle ultime partecipazioni a collettive e progetti. Un soggiorno residenza in Olanda è stato l’occasione per rescindere i legami formali con la forma del proprio passato ma non con la sua sostanza, che resta invariata, dimostrando la coerenza espressiva che è il cuore della produzione di una vita.
La mostra Overtime, a cura di Valerio Dehò, personale che Nicola Genovese presenterà presso De Faveri Arte – Lab 610 XL di Servo (BL), racchiude tutta la nuova produzione dell’artista, inedita in Italia, composta da foto, elaborazioni su carta, video ed installazioni, più criptici ma non meno graffianti di quelli del passato. Una mostra da scoprire e da capire, attraverso una lettura profonda, che non lascerà delusi.
Viviana Siviero: Nicola Genovese, inauguri da De Faveri Arte una nuova personale, dal titolo Overtime, dove esporrai un’inedita (per l’Italia) e del tutto nuova serie di lavori. Da cosa hai tratto l’ispirazione che ha virato il tuo modo di esprimerti e in che termini questo è cambiato? A cosa si riferisce esattamente il titolo?
Nicola Genovese: Non c’è stata una vera folgorazione sulla via di Damasco che mi ha portato a dare una brusca sterzata, ma piuttosto una lunga riflessione interna, molto difficile e sofferta. Diciamo che vedere su t-shirt modaiole e spot pubblicitari quello stile illustrativo che ti contraddistingue, ti fa riflettere profondamente sui perché della tua pratica artistica. Che differenza c’era tra me e un grafico illustratore? Qual’è il limite tra didascalico e narrativo? Queste sono alcune delle domande che mi hanno ossessionato per mesi, facendomi capire, alla fine, che l’arte debba traslare i concetti.
Le chiavi di lettura devono sovrapporsi e creare un’aura misterica intorno all’opera.
Se voglio fare una critica alla società contemporanea non ha senso che io sia esplicito attraverso l’opera d’arte; mi converrebbe scrivere un saggio.
La residenza in Olanda che ho da poco concluso, ha coronato il mio percorso di rottura, modificando la quotidianità della pratica artistica e facendomi scoprire l’importanza di interagire con altri artisti e di vivere in un paese che ti offre stimoli continui.
Overtime sta proprio ad indicare quel lasso di tempo indefinito al di là del tempo regolamentare.
Una suggestione che richiama situazioni inaspettate, non previste, spiazzanti.
Si perché questa mostra parla di zone d’ombra.
Quali opere celano queste zone d’ombra?
La mostra propone foto installazioni, video e rilievi su carta.
Cito come esempi: and we are here in our empty houses waiting for you#1, una vecchia foto trovata in un mercatino, dove ho ritoccato l’interno dell’hula hoop creando una sorta di abisso che inghiotte l’ignara signora. Qui è chiara l’operazione di aggiunta di senso in un oggetto che già possedeva una sua collocazione. Una scena famigliare diventa così
un’immagine di gusto horror-esoterico, avvolta da un certo grado di mistero. Con tutta la serie di fotografie sto creando una specie di archivio di fatti apparentemente mai accaduti.
Sturm und drang è un’installazione formata da decine di vecchie tapparelle in pvc arrotolate fino a formare una spirale irregolare e precaria. Quest’opera contiene tutti gli elementi fondanti della mia nuova produzione.
L’oggetto domestico che prende vita, che acquisisce nuovi significati. Ho creato così un corto circuito tra la valenza sedimentata dell’oggetto tapparella nato per proteggerci da sole ed intemperie e la nuova forma che ricorda una sorta di buco nero deforme.
È un tentativo di creare una figura mitologica, un nuovo archetipo pagano ma anche una tempesta, un impeto “Sturm und drang” per l’appunto, che spazza via le sicurezze del focolare domestico.
Hai dichiarato che a parte il medium, le basi creative della tua poetica hanno subito un’evoluzione, ma restano comunque pressoché invariate: puoi spiegarci esattamente in che termini?
Cambia il modo di esprimersi ma parlo sempre dell’essere umano e della sua impossibilità di accettare la morte, della natura di leopardiana memoria e della ricerca ossessiva di un’identità e di un senso.
Scrive Dehò nella presentazione della mostra una frase concisa e perfetta: «Le opere di Nicola Genovese sono una danza sul filo, che unisce il grottesco e il tragico, un elogio dell’estetica del brutto che passa attraverso i materiali che l’uomo ha prodotto, i tentativi di esorcizzare la decadenza fisica e spirituale. Un sottile ma tenace legame ci unisce agli oggetti, a quelli d’uso quotidiano che hanno legami con gli archetipi almeno quanti ne hanno con il marketing». “Estetica del brutto”, una scelta molto originale, anche nel contemporaneo, se posta in questi termini, mentre come è noto non è particolare la scelta del materiale di recupero: ready made o qualcos’altro…?
Il ready made ovviamente è la pratica artistica di riferimento e per quanto mi riguarda è l’unica che permette di lavorare sulle contraddizioni della contemporaneità.
Visto che ormai il lavoro dell’artista per quanto mi riguarda gioca sulle sfumature e non sull’originalità, io fornisco la mia versione del ready made, che sia ritoccare una foto trovata al mercatino o arrotolare delle vecchie tapparelle la pratica rimane invariata. Il mio negozio di belle arti è il supermercato, il ferramenta e il mercatino della domenica. Il centro commerciale è il mio zoo. Li posso trovare tutto ciò che mi serve.
Sono nato nel desolante squallore padano attorniato da villette rosa con porticato neo classico e capannoni abbandonati, quindi vivo quotidianamente l’estetica del brutto, il vuoto identitario colmato dal consumo ossessivo e dal mito celtico in salsa padana.
Come pensi che reagirà il tuo pubblico, nel vedere i nuovi lavori? E invece cosa speri che penserà? Progetti per il presente immediato e per il futuro? Quale morfologia prevedi prenderà la tua produzione e per quali appuntamenti ti stai preparando?
Dicono che la riconoscibilità sia un aspetto importante nella carriera di un artista, quindi sicuramente provocherò delle critiche. Spero che il pubblico apprezzi il coraggio di mettersi in discussione e che capisca che la maturazione di un artista è un processo lento e tortuoso.
Ad ottobre partecipo ad una collettiva curata da Daniele Capra al TinaB di Praga. Sto inoltre preparando un progetto per una pubblicazione su di una nuova piattaforma editoriale curata dall’artista Stefano Calligaro.
Nei prossimi lavori continuerò ad indagare le tematiche legate all’identitarietà e ai nuovi fondamentalismi che stanno sostituendo le ideologie classiche del ‘900.
La mostra in breve:
Nicola Genovese. Overtime
a cura di Valerio Dehò
De Faveri Arte – Lab 610 XL
Loc. Servo, Sovramonte (BL)
Info: +39 335 8035597
www.defaveriarte.it
Inaugurazione sabato 2 ottobre ore 16.00
Fino al 31 ottobre 2010
In alto, da sinistra:
“And we are here in our empty houses waiting for you#1”, 2010, stampa digitale, cm 9×9
“Lawn”, 2010, spugnette abrasive, cm 80x50x75
Sotto:
“Sturm und Drang”, 2010, tapparelle in p.v.c., cm 4x1x2,5