MILANO | Area35 Art Gallery | 2 dicembre 2015 – 26 gennaio 2016
Intervista a NICOLA EVANGELISTI di Luisa Castellini
Il conflitto reale si consuma. Il conflitto “virtuale” si riverbera attraverso i media generando una violenza o comunque una minaccia potenzialmente continua e perpetua. I meccanismi di questa comunicazione, soprattutto nel web, sono al centro del progetto Beware di Nicola Evangelisti, in mostra a Milano.
Con il progetto Beware, che presenti integralmente in questa mostra e in un libro, porti a emergere l’antinomia tra il conflitto reale e quello “virtuale”. Quali sono gli aspetti che hai portato nelle tue opere e con quale intento?
Il mio intento non è portare nelle opere degli elementi di guerra, quanto porre una riflessione sulle modalità di comunicazione della violenza. La guerra di cui parlo, attraverso i miei lavori, è quella raccontata dai media e in particolare dal web. È proprio su internet che ho trovato gli elementi più interessanti, come i video di Anonymous e quelli di propaganda dell’Isis, realizzati con tecniche cinematografiche e post produzioni impeccabili. I telegiornali “alternativi” proposti dal web, in cui vengono argomentate le teorie complottiste, non sono meno fuorvianti di quelli ufficiali controllati dal potere economico e politico. La cacofonia dell’informazione rende impossibile farsi un’idea oggettiva dei fatti, è questo senso di “galleggiamento” sopra il dato oggettivo, lo scollamento dalla realtà, il senso di vivere in un videogame, una realtà alternativa, appunto virtuale, che voglio rappresentare.
Pace e guerra, nelle tue installazioni, sono traslate nella stessa semantica di piombo. La realtà si rende quindi misurabile nei suoi frammenti?
Pace e guerra sono concetti complementari: se non ci fossero le guerre la pace sarebbe semplicemente uno stato di normalità. In questo senso il pacifismo è un termine che non amo: la pace dovrebbe essere semplicemente l’assenza di guerra come condizione unica possibile e non il frutto di uno scontro ideologico e politico. Lo scontro ideologico è la condizione stessa per la quale si formano le divisioni e i contrasti sociali. Nelle mie opere, tuttavia, non sono propriamente rappresentate la guerra o la pace, bensì la modalità di comunicazione delle informazioni, la distanza che intercorre tra gli accadimenti e la loro percezione. Il piombo dei proiettili e l’ottone dei bossoli, non sono l’unità di misura della realtà, ma partes minimae delle mie installazioni.
Come avviene la trasfigurazione dei proiettili delle tue installazioni in elementi plastici?
C’è una prima trasfigurazione formale che porta a percepire questi elementi nella loro totalità a cui ne segue una seconda di ordine “alchemico” data dal trattamento delle superfici. I proiettili delle opere, realizzate in collaborazione con Ronald Facchinetti, sono stati cromati, mentre l’ottone dei bossoli è stato lucidato a specchio. C’è un impreziosimento del materiale che non è solo estetico ma sostanziale perché va a trasformare questi elementi nel loro rapporto con la luce. L’arte, anche se in qualche modo denuncia l’orrore del mondo, comunque lo trasfigura, lo elabora spostando verticalmente l’andamento orizzontale degli eventi.
Dalla tua indagine sulla crisi economica a oggi, con Beware: come si colloca nell’ambito della tua ricerca questo avvicinamento ai nodi cruciali della società contemporanea?
Il mio percorso artistico, iniziato alla fine degli anni ’90 in linea con la mia passione per lo Spazialismo di Lucio Fontana, ha visto una prima svolta in ambito sociale nel 2006 con l’installazione olografica You Are Not Safe. Quell’opera, che segna una tappa fondamentale della mia ricerca, ha avuto un completamento con un’installazione di bossoli raffigurante la stessa scritta. Alla fine del 2012 ho realizzato a Bologna una mostra personale presso la Galleria Oltredimore, a cura di Olivia Spatola, dal titolo Temporary Illusions. In quel caso ho presentato un ciclo di opere incentrate sul rapporto tra reale e virtuale nel contesto della crisi economica. Nel progetto Beware, invece, mi sono interessato alla stessa relazione in rapporto alla modalità di guerra terroristica in cui la comunicazione mediatica assume un valore determinante nel tentativo di destabilizzare i valori, le coscienze e lo stile di vita del mondo occidentale.
In che modo la luce, insieme al fruitore, torna protagonista nell’installazione Holy Lance?
Il massmediologo Herbert Marshall McLuhan ha definito la luce un medium senza contenuto. È paradossale l’idea di una luce che parli di luce. In questo senso è limitante l’idea che non ci possano essere bacini tematici da cui attingere che non siano quelli inerenti il medium stesso. La luce non ha mai abbandonato il mio percorso di ricerca, forse è meno evidente quando, come nel caso delle sculture di bossoli, è solo riflessa e generatrice di ombre rispetto a quando è realmente prodotta dagli elementi interni illuminotecnici. In Holy Lance, doppi coltelli e spade si dispongono a formare l’immagine di un mirino grande come l’intera parete della galleria. Le sagome in alluminio cromato, che rappresentano queste “armi bianche”, divengono specchi in cui il fruitore ritrova se stesso riflesso.
BEWARE. Nicola Evangelisti
A cura di Arianna Grava e Olivia Spatola
Testo critico di Paolo Bolpagni
Catalogo vanillaedizioni
2 dicembre 2015 – 28 gennaio 2016
Inaugurazione mercoledì 2 dicembre 2015, ore 18.30
Area35 Art Gallery
via Vigevano 35, Milano
Orari: martedì – venerdì 15.30 – 19.30
Info:+39 339 3916899
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