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Intervista a Francesca Guerisoli di Milena Becci

Francesca Guerisoli, storica e critica d’arte, ci racconta il suo ultimo libro, Ni una más Arte e attivismo contro il femminicidio, volgendo particolare attenzione al ruolo che la produzione artistica ha nei confronti del fenomeno e della memoria pubblica. Partendo da Ciudad Juárez e da Zapatos Rojos, progetto di Elina Chauvet che dal 2012 ha portato in Italia, delinea un interessante percorso tra arte, dolore e speranza di cambiamento.

Ni una más. Arte e attivismo contro il femminicidio, copertina

Ni una más. Arte e attivismo contro il femminicidio, copertina

Do il via alla nostra intervista con una parola: femminicidio, un vocabolo entrato ormai nel lessico comune. Molti lo considerano inutile ed eccessivo e questo sottolinea il silenzio e l’omertà che spesso dilagano intorno all’argomento. Vuoi spiegarci quando e come è nato?
La connotazione politica del termine si ha solo negli ultimi decenni: nel 1997, ne ha dato rilevanza giuridica l’antropologa femminista e deputata messicana Marcela Lagarde in relazione ai femminicidi che avvengono a Ciudad Juárez dal 1993, ampliando il concetto di femicide introdotto da Diana Russell. Parlare di femminicidio come di uccisione di una donna per motivi di genere significa ammettere l’esistenza di un problema culturale, primo passo per individuare possibili strumenti e le strategie per contrastarlo. In Messico, ciò ha portato alla creazione di un reato specifico.

A partire dal 2012, hai curato le tappe italiane di Zapatos Rojos di Elina Chauvet, partendo dalla città di Milano, dopo che nel 2009 aveva visto per la prima volta la luce a Ciudad Juárez. Cosa ha portato l’artista a realizzare il suo progetto? Qual è stata la reazione del nostro Paese?
Nel 2009, a Juárez, Elina rimase colpita dalla diffusione, su ogni superficie cittadina, di volantini che recavano nomi e caratteristiche fisiche delle ragazze scomparse: una presenza massiccia alla quale non corrispondeva la trattazione mediatica. Dopo aver incontrato le madres, decise di realizzare un progetto artistico nello stesso spazio urbano da cui le giovani scompaiono e in cui, solo alcune, vengono ritrovate, prive di vita. Accanto a lei avrebbero trovato posto le madres e tutti coloro i quali chiedono giustizia e verità per le vittime di femminicidio, sia a Juárez sia nel mondo. Nel nostro Paese, associazioni d’arte e di promozione sociale, istituzioni, università, centri anti-violenza ecc. hanno visto in Zapatos Rojos un format capace di creare aggregazione e discussione sul fenomeno: oltre al progetto ufficiale, realizzato in una quindicina di città, centinaia sono state le iniziative autonome che vi si sono ispirate, portando l’immagine della marcia di scarpe rosse ad essere la più condivisa in tema di contrasto alla violenza contro le donne.

Elina Chauvet, Zapatos Rojos - Milano, 2012. Foto: Francesca Guerisoli

Elina Chauvet, Zapatos Rojos – Milano, 2012. Foto: Francesca Guerisoli

Nel tuo libro parli del ruolo dell’arte in relazione al femminicidio, citando anche altre artiste, quali Regina José Galindo, Beth Moyses e Lorena Wollfer, la cui forza creativa ha favorito consapevolezza e sensibilizzazione rispetto al problema. Quanto e fino a che punto la produzione artistica influenza la memoria e il cambiamento?
La produzione artistica gioca un ruolo importante nel ristabilire la memoria pubblica, nel visualizzare il fenomeno, portandolo sotto gli occhi della comunità locale e internazionale. Nella comunità locale, progetti community-based hanno favorito la coesione sociale, la riappropriazione dello spazio pubblico, la visualizzazione della memoria collettiva in contrasto con quella espressa dalla narrazione dominante, l’empowerment delle donne. Fuori dai confini del Messico, la produzione artistica ha contribuito a generare una domanda di giustizia che ha portato a diverse commissioni internazionali.

Ni una más ha ottenuto il patrocinio di Amnesty International, per la capacità di andare oltre i fatti del femminicidio, sapendo ispirare nel lettore un desiderio concreto di cambiamento… quanto, da donna, credi in questo?
L’attivismo delle madres e la creazione artistica di e sul femminicidio di Ciudad Juárez sono un esempio di come si possa ristabilire la verità. Madres e ragazze, in primo luogo, sono state in grado di portare all’attenzione del mondo i crimini contro le donne di Ciudad Juárez. L’arte è in grado di generare consapevolezza e di unirci in una lotta comune, come è quella al femminicidio. Che non ha confini geografici.

Intervista tratta da Espoarte #93.

Ni una más. Arte e attivismo contro il femminicidio
Autore: Francesca Guerisoli
Editore: postmedia books
Anno: 2016
Pagine: 240
Prezzo: € 21,00

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