NAPOLI | DUOMO DI NAPOLI – CRIPTA DI SAN GENNARO | MAGGIO – SETTEMBRE 2021
A Napoli, nel luogo più esclusivo della città (inviolabile e sacro per i suoi abitanti), mi riferisco allo straordinario Duomo di San Gennaro dove il devoto o il viandante curioso e desideroso di arricchirsi può perdersi tra le varie sollecitazioni visive e tra gli incanti del divino, grazie all’intelligenza di Monsignor Vincenzo Papa si è aperto un dialogo esclusivo con l’arte contemporanea. Lo scorso 7 maggio, proprio in questa importante domus divinae che conserva le res humanae del santo martire nato probabilmente a Benevento il 21 aprile 272 e ucciso a Pozzuoli il 9 settembre 305 (San Gennaro è vissuto sotto Diocleziano, l’ultimo imperatore rabbioso contro la cristianità), è stato infatti inaugurato un importante prezioso elegante progetto di Christian Leperino curato da Alessandra Troncone e fortemente voluto dal Duomo di Napoli nonché dal suo Capitulum Cathedralis. Realizzato in collaborazione con la Regione Campania attraverso la Scabec (Società campana per i beni culturali), questo nuovo avvincente disegno di Leperino sembra porsi come opera d’arte integrativa, non come supplemento al preesistente ma come sua energica fusione.
Della monumentale Cattedrale l’artista ha scelto di lavorare nella Cripta dove sono custodite le ossa del beato più venerato di Napoli: qui, nelle dodici ariose e vacanti nicchie, Leperino ha collocato altrettanti busti realizzati nel corso di un laboratorio didattico organizzato con la casa circondariale di Poggioreale, nell’ambito dei percorsi di potenziamento delle competenze culturali e professionali per il reinserimento sociale di persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale.
Lavorando sulla coincidenza corrispondenza casualità del numero (dodici sono le vuote nicchie della Cripta, dodici i detenuti partecipanti al corso e dodici naturalmente gli Apostoli), Christian Leperino ha creato un dispositivo perfetto, un organismo globale dove ha saputo riempire dei rovesci fino a creare una magia, una fabula, una liturgia dello sguardo, un gioco teatrale ininterrotto.
I dodici ritratti di Leperino sono certo i volti stilizzati e stravolti di quei dodici ragazzi detenuti che hanno seguito nel 2020, a Poggioreale, il laboratorio di scultura: ma sono anche l’ideale di un riscatto sociale, di uno spostamento radicale dal peccato alla grazia e contestualmente di una analisi grammaticale del ritratto (in quanto genere artistico), posto sotto la lente d’ingrandimento e restituito in tutta la sua flagranza di volto, di sguardo che guarda e che ci guarda, che crea traiettorie d’aria, rimbalzi dialogici anche con la statua marmorea del Cardinale Oliviero Carafa in preghiera. (L’unico busto dell’installazione che non riesce a reggere lo sguardo e che tra l’altro ha alla sua base un rivestimento in foglia oro antichizzata è quello di Giuda Iscariota ricurvo nel suo peccato).
Capace di plasmare il tempo e di trasformare (nobilitare, qui Francesco Borromini docet) anche la materia più povera in qualcosa di prezioso – per l’occasione l’artista ha usato il gesso, talmente levigato e lavorato da somministrargli una resa perfettamente marmorea – Leperino sfugge al laccatismo e al leccatismo di molte fredde formule attuali della scultura, per dar vita, con una grande sensibilità e uno spiccato camaleontismo metodologico, a una emozione amplificata, quasi tangibile nel «rievocare grandi artisti e opere d’arte del passato: l’iconografia dell’ultima cena» appunto (Christian mi ha detto d’aver pensato in particolare a Leonardo), «ma anche la statuaria classica e la scultura ottocentesca di Auguste Rodin e Medardo Rosso, nonché gli effetti chiaroscurali drammatici di Caravaggio».
I Dodici volti nel volto di Christian Leperino presentati a Napoli (la sua città) sono dunque la generosa testimonianza di chi è capace di muoversi in punta di piedi, di ascoltare e assecondare lo spazio in cui sta per operare, di pensare e mostrarci il suo pensiero. Del resto, e lo sappiamo benissimo, Leperino è un artista speciale, capace di restituire al linguaggio della scultura qualcosa di eterno e di immutabile: di cucire al filo sottile della riflessione quello pungente e accattivante della manualità, unica direi nel comporre e nel plasmare corpi o volti, donando spesso al materiale e alla forma una avvincente classicità determinata dalla sapienza tecnica, dalla abilità di creare straordinarie patine, piacevoli e ambigui cortocircuiti tra l’arcaico e l’attuale, formidabili complessi plastici dal gusto neoantico. Questa mostra non poteva non ricevere il Matronato della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee presieduta da Angela Tecce perché è davvero una grande boccata d’aria che ci fa capire quando le cose funzionano, quando le cose funzionano davvero.
Christian Leperino. Dodici volti nel volto
a cura di Alessandra Troncone
maggio – settembre 2021
Cripta di San Gennaro, Duomo di Napoli, Napoli