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MODENA | HANGAR ROSSO TIEPIDO | 12 OTTOBRE – 10 NOVEMBRE 2019

Intervista ad ALICE PADOVANI di Chiara Serri

Nel giardino segreto di Alice Padovani non tutto è perduto. Anche se il giardino è L’ultimo giardino – così come recita il titolo della mostra promossa a Modena dall’Associazione Culturale Rosso Tiepido – e l’elemento vegetale è sostituito da struggenti nature morte. La speranza, comunque, permane, sebbene irreale, sebbene schiacciata dai tempi. Per la prima volta, l’artista modenese, finalista ad Arteam Cup 2019, estende l’idea di “contenitore”, connaturata a molte sue opere (pensiamo ad esempio alle teche entomologiche), ad un intero edificio, trasformando un capannone industriale in un giardino, all’interno del quale il visitatore potrà creare il proprio percorso, passando di opera in opera. Opere storiche, come Solid, ma anche diversi inediti, esito di un intenso periodo di ricerca che si concretizzerà presto in numerosi appuntamenti espositivi.

Alice Padovani, Empty nest | fluo, serie Collezione di una gazza ladra, 50x50x5 cm, 2019

A poca distanza dalle tre personali allestite nel 2019 a Genova, Parma e Puegnago del Garda, presenti a Modena un nuovo progetto che comprende diverse opere inedite. Qualche anticipazione?
La novità più importante di questa mostra, oltre alle opere inedite, sarà soprattutto l’allestimento, pensato come una grande installazione composta dai singoli lavori presentati. Quanto alle opere, ci saranno alcuni pezzi di recente produzione, alcuni inediti della serie Collezione di una gazza ladra e un paio di lavori che fanno parte di nuove ricerche, come It was snowing butterflies, fatta di ali di farfalla, e una scultura inedita della serie Classificazione immateriale. Novità assoluta saranno poi due disegni di grande formato del ciclo Rebuild nature.

Qual è stato il percorso che ti ha portato a realizzare queste nuove opere?
Queste opere sono il risultato di un periodo molto intenso di ricerca su forme e materiali che sicuramente alimenterà in futuro un’evoluzione nel mio lavoro. Per il momento mi lascio trasportare dalla mia stessa curiosità e dalla voglia di scoprire nuove modalità espressive.

In dialogo con l’edificio che ospita l’Associazione Rosso Tiepido, un hangar industriale alla periferia di Modena, hai ideato una nuova modalità espositiva che richiama l’idea di giardino… Di cosa si tratta?
Si tratta di un allestimento creato con l’ausilio di strutture di ferro e luci. Lo spazio, diviso sostanzialmente in due zone, dovrebbe risultare, nella mia idea, come una sorta di giardino urbano, in cui passeggiare senza una direzione precisa, scoprendo di volta in volta le opere presenti che, appese a strutture di ferro e illuminate singolarmente, sembreranno fluttuare nel vuoto. E per la complessa realizzazione di questo “giardino” devo soprattutto ringraziare Andrea, il mio compagno di vita, che da sempre traduce nella pratica idee astratte e apparentemente impossibili! La sfida più grande, per questa mostra, è stata sicuramente quella di creare un dialogo costruttivo ed efficace fra opere e spazio, un capannone industriale già fortemente connotato visivamente in quanto tutti i muri, il soffitto e parte dei pavimenti sono ricoperti da opere di diversi street artists, progetto su cui è nato lo spazio stesso per volere del suo ideatore Tiziano Del Vacchio. Dunque, si trattava di capire come focalizzare l’attenzione sulle mie opere (che richiedono uno sguardo attento e ravvicinato), senza nascondere o snaturare tutto quello che c’era intorno.

Alice Padovani, It was snowing butterflies (particolare), 125×30 cm, 2019

Oltre alle teche entomologiche, presenterai anche alcune sculture e installazioni che da alcuni anni accompagnano – e forse ormai identificano – il tuo lavoro, come Infinito Terreno e Solid. Come sono nate queste opere? Qual è stato il loro percorso?
L’opera Infinito terreno è una sorta di riedizione più elaborata dell’opera Cetonia aurata o dell’eterna rinascita che realizzai nel 2014 e che diede il via a tutta la sperimentazione e produzione successiva. Un’opera a cui sono naturalmente molto legata.
Solid, invece, è un’installazione site-specific che si adatta e comunica di volta in volta con l’ambiente in cui è ospitata. È una scultura multipla che può essere composta da un numero variabile di elementi, cubi bianchi con inclusioni di materia organica vegetale e animale. Nata alla fine del 2017, in occasione del Festival Filosofia di Modena per uno spazio d’arte indipendente, in questi due anni si è trasformata, mutando spesso intenzioni e forma rispettivamente agli spazi che abitava. È l’opera che forse più mi rappresenta, proprio per il suo essere in continuo cambiamento.

Il titolo della mostra – L’ultimo giardino – sembra alludere ad un’idea di perdita. L’ultimo giardino è quello ri-costruito in una stanza? Stiamo perdendo definitivamente ciò che rimane della natura?
In questo momento storico mi sento oscillare tra due sentimenti contrastanti. Fra la consapevolezza che stiamo andando velocemente verso un baratro senza ritorno e un ottimismo latente, quanto irreale, dato dal fatto che tutto sommato non possiamo rinunciare e darci per vinti, che uno sforzo per cambiare le cose, per quanto sembri vano, debba essere fatto. Il titolo della mostra insiste su questi due momenti. Da un giardino ci si aspetta la bellezza della natura, ci si aspetta di scoprire piante, fiori e insetti nell’apice della propria vita. Queste aspettative verranno deluse, scoprendo un giardino che è già una natura morta, l’ultimo baluardo di ciò che rimane: un lontano ricordo. La speranza, tuttavia, è quella di poter innescare una presa di coscienza: non si può rinunciare a tanta bellezza, e forse non tutto è perduto.

In occasione del vernissage, è previsto un particolare evento collaterale…
Proprio così! È un evento di cui vado molto fiera, perché nato da una preziosa collaborazione con Davide Montorsi e Federico Montaguti, fondatori e creativi del progetto Medulla di Modena. Sarà dunque presentata una serigrafia con colori naturali a tiratura limitata dell’opera Victoria amazonica (presente in mostra) e realizzata a partire da due telai ad alta risoluzione composti da una tela di 100 fili per centimetro lineare dal diametro di 40 micron.

Dove potremo vedere le tue opere nei prossimi mesi? A cosa stai lavorando?
I progetti a cui sto lavorando sono tanti e sarebbe difficile riassumerli in poche righe. Sicuramente però ci saranno diverse occasioni a stretto giro per vedere dal vivo il mio lavoro. Fino al 27 ottobre sarò presente con una scultura di nuova produzione all’interno della collettiva dei finalisti di Arteam Cup a Villa Nobel (Sanremo); sempre una scultura farà parte della mostra dei finalisti del premio EneganArt al Museo degli Innocenti di Firenze. Dal 27 ottobre al 12 gennaio alcune mie opere faranno parte del grande percorso espositivo Selvatico 14 a Cotignola. Durante la settimana dell’arte torinese una selezione di lavori della serie Fracture rientrerà in una delle mostre curate all’interno della fiera Paratissima. In concomitanza con l’inaugurazione di questa personale modenese, un paio di piccoli lavori saranno presenti ad ArtVerona nello stand della galleria Guidi & Schoen.

Alice Padovani, Rebuild nature: Victoria amazonica, penna su carta, 150×150 cm, 2019

Alice Padovani, L’ultimo giardino
a cura di Ilaria Dall’Olio

Hangar Rosso Tiepido
Via Emilia est 1420/2, Modena

12 ottobre – 10 novembre 2019
Inaugurazione: sabato 12 ottobre, ore 18.30

Orari: da lunedì a venerdì 10.00-12.00 e 15.00-18.00, domenica su appuntamento

Info: +39 059 282353
info@te-com.it

Con il patrocinio del Comune di Modena
Con il contributo di BPER Banca, A.Q. Technology, TE.COM

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