SAN GIMIGNANO (SI) | Galleria Continua | Fino al 15 settembre 2024
di ALICE BARONTINI
Neither Nor, la nuova mostra di Ai Weiwei, scenografica lo è, anche questa volta. Lo è per la grande sala centrale che si apre al visitatore come uno spettacolo inaspettato e museale. Ma anche per il percorso espositivo – costruito su più livelli – che si snocciola in un intricato gioco di incastri e costruzioni. Ma ciò che affascina di più è la completa libertà che pervade il corpus di trentacinque opere in mostra, in cui si accostano prepotentemente citazioni antiche e visioni nuove, alto artigianato e ispirazioni pop, dramma e ironia, bidimensionalità e profondità, storia e cronaca, cultura occidentale e cultura cinese, senso di appartenenza e ribellione, costruzione e distruzione, temi globali e fatti personali.
Un impasto ben equilibrato di ingredienti anche difficili da accostare tra loro che però cresce e lievita man mano che la mostra prosegue, stanza dopo stanza, dando vita a un ambizioso viaggio nella storia dell’umanità.
Siamo nell’antico borgo medievale di San Gimignano, dove tra torri e mura risalenti all’anno Mille batte il cuore contemporaneo della Galleria Continua, un ex cinema teatro trasformato in spazio espositivo nel 1990 da Mario Cristiani, Lorenzo Fiaschi e Maurizio Rigillo. Un progetto che pian piano, dal suo epicentro in Toscana, ha conquistato un po’ tutto il mondo, aprendo sedi satellite in Cina, a Dubai, Roma, L’Avana, Parigi, San Paolo.
Artista tra i più conosciuti al mondo, nato nella capitale cinese nel 1957, poliedrico nel suo inglobare linguaggi e ambiti diversi (dall’arte all’attivismo per i diritti umani, dall’architettura al giornalismo d’inchiesta, dalla musica al cinema…), Ai Weiwei a San Gimignano in realtà c’era già stato nel 2012. Oggi però torna portando una grandiosa personale in cui si fondono lavori che dal 1995 arrivano fino ai nostri giorni, con moltissimi inediti. A farla da padrone sono le opere spesso di grandi e grandissime dimensioni costruite con i mattoncini Lego ma non mancano neppure lavori creati con altri materiali tra cui porcellana storica, marmo, legno, bambù, fino a includere anche oggetti artigianali e di antiquariato, di cui peraltro l’artista è appassionato collezionista.
L’entrata in Galleria catapulta immediatamente il visitatore in quella che sarà la mostra: un invito alla dialettica, in cui il contemporaneo si innesta sull’antico e ciascuno è chiamato ad andare oltre la bidimensionalità estetica dell’opera per cercare di costruire legami più profondi. Appena varcata la soglia, già dalla vetrina, appaiono due grandi opere realizzate con mattoncini di plastica, come in un mosaico contemporaneo.
Da un lato la parete è occupata dal rifacimento del dipinto seicentesco Il ratto delle Leucippidi, in cui Rubens dipinge il rapimento di Ilaria e Febe, figlie del re di Tessaglia Leucippo, per opera dei due Dioscuri. Qui la ricostruzione di Ai Weiwei è fedele ma l’artista cinese elimina i due amorini presenti nel dipinto originale e mette al loro posto un panda.
Dall’altro lato della stanza è riprodotta, invece, la Venere dormiente di Giorgione: alla figura femminile immersa nel paesaggio, Ai Weiwei accosta una gruggia, memoria della brutalità e della pericolosità dell’aborto autoindotto prima che l’interruzione della gravidanza divenisse legale.
Ai Weiwei tocca temi caldi, che fanno discutere, sotto gli occhi di tutti. Ferma momenti ancora brucianti, spesso divisivi, li immortala in presa diretta, li prende dalla cronaca dei media o dai social e li fa entrare nella sua arte senza lasciar loro neanche il tempo di intiepidirsi.
Poche stanze più in là si trova, per esempio, il riadattamento di Un dimanche après-midi à l’Île de la Grande Jatte, del maestro del puntinismo Georges Seurat. Ora però, tra i personaggi con abiti tipici dell’epoca seduti sulla riva della Senna, viene collocata l’immagine di un rifugiato, in risposta al divieto del burkini in Francia.
C’è poi la Gioconda con il vetro di protezione imbrattato con una torta alla panna, in riferimento alle recenti azioni degli ambientalisti. E Le semeur au soleil couchant di Van Gogh, a cui si sovrappone l’immagine dell’invasione di locuste in Pakistan, nel 2020.
Passando al piano sottostante, tra gli inediti, troviamo The U.S. Navy collecting the remnants of a Chinese high-altitude surveillance balloon shot down by an Air Force fighter, ispirato all’abbattimento da parte di un caccia statunitense di un pallone aerostatico cinese, accusato di spiare siti strategici. Ma anche il mosaico di mattoncini che immortala la fuga di gas provocata dall’esplosione sottomarina degli impianti Nord Stream, nel settembre 2022.
Mentre tra i lavori storici si possono incontrare Treasure Box (2014), Marble Cube (2010), Porcelain Cube (2009) creato nello stile Qinghua e le installazioni del 2006 nel giardino: Pick Up Stick e i grandi vasi colorati Pillar, con i loro oltre due metri di altezza.
La parte più scenica della mostra resta però quella allestita nella sala dell’Ex Cinema. Appena si arriva, lo sguardo scorre tra palco e platea. La platea è completamente occupata da Stools: 3mila sgabelli raccolti dall’artista nei villaggi della Cina settentrionale e risalenti alle dinastie Ming e Qing. Incastrati tra loro, riempiono l’intera superficie formando un pavimento rialzato, impedendo al visitatore il passaggio.
Sul palco, invece, la scena è tutta per la riproduzione del Cenacolo leonardesco in dimensioni quasi originali: 3 metri di altezza per circa 7 di lunghezza. Ciò che colpisce non è solo l’incredibile lavoro manuale di incastri di mattoncini di plastica e i colori pop che citano The Last Supper di Andy Warhol del 1987, ma soprattutto il volto beffardo di Ai Weiwei al posto di Giuda, la figura più discussa della cristianità: il traditore, simbolo del materialismo, della debolezza umana.
L’opera, come del resto molte altre, ha un legame profondo anche con i racconti che Ai Weiwei sentiva dal padre Ai Qing (1910 – 1996), uno dei più grandi poeti cinesi del XX secolo, rappresentante della “nuova poesia” in lingua parlata e accusato di “occidentalismo” negli anni ’50. In carcere Ai Qing rimase colpito dalle parole del Vangelo sulla Passione e scrisse il libro “Morte di un Nazareno”.
“Giuda è considerato il traditore di Gesù, perché aveva venduto delle informazioni per denaro – ha spiegato Ai Weiwei durante la conversazione tenutasi in Galleria con Tim Marlow, direttore del Design Museum di Londra – e questa sua storia particolare mi ha fatto pensare e dire alle persone di non fidarsi di me, perché potrei venderle per un valore diverso”.
Dall’altra parte della stanza, frontale rispetto al Cenacolo, si trova l’iconica sequenza fotografica scattata dal fratello in cui Ai Weiwei lascia cadere a terra – mandandola in frantumi – un’urna funeraria della dinastia Han. Una denuncia della distruzione culturale di una civiltà millenaria.
«Nell’epoca attuale ci troviamo di fronte a un panorama culturale che tende agli estremi, dove tutto si riduce a una scelta binaria tra bianco e nero. Questa tendenza è profondamente arretrata e preoccupante e ricorda periodi autoritari della storia, come le prime purghe sovietiche, l’era McCarthy negli Stati Uniti, la Rivoluzione Culturale in Cina e l’ascesa del nazismo negli anni ’30 e ’40. Tempi nei quali, non solo i diritti umani furono gravemente violati, ma anche l’essenza stessa della natura umana e le convinzioni collettive della gente comune furono profondamente danneggiate. Il titolo Neither Nor intende trasmettere che, nella maggior parte dei casi, il nostro pensiero non è limitato a verità assolute o singole interpretazioni, ma piuttosto esiste in uno stato di ambiguità che consente maggiori possibilità e dibattiti. È all’interno di questo stato di ambiguità che il pensiero e la cultura umana, compresa l’arte, trovano l’ambiente e lo spazio per prosperare».
Le opere di Ai Weiwei sono così: disorientano e sorprendono. Diventano un portale per creare dibattito, stimolare riflessioni, creare cortocircuiti, insinuare dubbi. Ti fanno stare sull’attenti. Pongono domande e raramente pretendono di fornire risposte. Al massimo, un “Neither Nor”.
Ai Weiwei. Neither Not
13 aprile – 15 settembre 2024
Galleria Continua
Via del Castello 11, San Gimignano (SI)
Orari: lunedì – domenica, 10-13|14-19
Info: +39 0577 943134
sangimignano@galleriacontinua.com
www.galleriacontinua.com