GENOVA | Guidi&Schoen Arte Contemporanea | 7 febbraio – 7 marzo 2019
Intervista a ALICE PADOVANI di Livia Savorelli
Alice Padovani è un’artista poliedrica che rifugge a classificazioni e che ci fa addentrare in un mondo dove il caos apparente trova una sua intima quanto scientifica organizzazione. La Natura è elemento privilegiato della sua vita e ricerca in quanto “regno della molteplicità, del sensibile e della contraddizione”, in grado di attivare gioia e disperazione, dolore e piacere.
Nei giorni che precedono PRIMAL | forme ordinate dal caos
, solo show dell’artista da Guidi&Schoen Arte Contemporanea a Genova, importante riconoscimento ottenuto in occasione di Arteam Cup 2018 e altresì grande occasione di visibilità e confronto con la consolidata realtà ligure, ho voluto raccogliere un primo bilancio di due anni intensi ma anche ricchi di soddisfazioni e far scoprire la coinvolgente poetica di un’artista tanto visionaria quanto lucida interprete delle distopie contemporanee…
Quale è stata la scintilla che ha acceso la miccia del “voler diventare artista”? Da cosa origina il rigore scientifico che caratterizza tutto il tuo lavoro?
Non sono sicura di aver visto balenare una singola scintilla, non c’è stato un momento in cui la decisione è arrivata nella forma di un’illuminazione repentina. Da che ne ho memoria, fin da bambina, non ho mai pensato di poter essere davvero qualcosa di diverso. Ho sempre lavorato affinché la mia vocazione potesse realizzarsi. Questo mi ha portato a lunghe peregrinazioni passando attraverso molteplici generi artistici: spesso ho lavorato per stratificazioni, a volte per sovrapposizioni, in certi casi per esclusioni, ma non ho mai respinto nessuna esperienza a priori. La contaminazione e l’ibridazione tra i generi mi sono sempre interessate e l’allontanamento o avvicinamento a certe modalità espressive è stato determinato dalla più grande fortuna della mia vita: una totale e incondizionata libertà immaginativa.
Credo che il “rigore scientifico” riconoscibile in tutti i miei lavori tragga ispirazione proprio da questo, la possibilità di varcare la soglia dei confini e accettare che gli innesti più interessanti arrivino anche e soprattutto da altri mondi, da altre materie come in questo caso le scienze naturali, uscendo per un momento dalle maniere talvolta autoreferenziali e snobistiche dell’arte.
Il 2018 è stato per te un anno molto intenso, a partire dalla vittoria con l’opera Solid – in occasione di Arteam Cup 2018, alla Fondazione Dino Zoli di Forlì – della mostra premio da Guidi&Schoen. Un’opera che attrae e meraviglia… Ricordo che, in più occasioni, hai voluto precisare la provenienza degli insetti e delle forme animali che la compongono, lo stesso per il prelievo degli elementi vegetali. Ripercorri con noi le tappe principali e le occasioni che ti si sono presentate lo scorso anno…
Il 2018, come già l’anno precedente, è stato un anno di grandi soddisfazioni e riconoscimenti. Lo è stato al punto da farmi decidere in modo definitivo di lasciare l’altro lavoro, quello più tutelato e prudente che svolgevo come grafica presso il Comune della mia città. Una scelta determinata dal desiderio di mettermi totalmente alla prova sul terreno dell’arte e dall’idea che l’arte possa essere a tutti gli effetti non solo una vocazione ma anche un mestiere primario. Alcune delle tappe più importanti del 2018 sono state sicuramente le mostre e i relativi riconoscimenti di Arte Laguna Prize, Arteam Cup e Premio Nocivelli, dove in tutti e tre i casi l’opera selezionata è stata proprio Solid, declinata in tre differenti modalità site-specific. È un’installazione composita costituita di materia organica, (raccolta, trovata, recuperata) inclusa e bloccata all’interno di materia inerte, una natura morta che gioca con l’effimero del corpo organico e la solidità della forma inorganica. Un’opera a cui tengo molto sia per il valore di scoperta che ha avuto su di me, sia per aver segnato una svolta nel mio percorso. Dopo aver ideato la prima versione di Solid a settembre 2017, mi sono resa conto con più consapevolezza di quanto il mio lavoro soffrisse l’inadeguatezza dei confini tra le discipline artistiche, di quanto mi importasse assai poco di questi limiti. Fino a quel momento me ne accorgevo solo quando qualcuno mi faceva la domanda: “che artista sei esattamente?”. Ecco, era a quel punto che il mio cervello iniziava ad agonizzare per potersi inventare una risposta soddisfacente e comprensibile per il mio interlocutore.
Non sono una pittrice, non sono una scultrice, non sono una performer: scelgo la tecnica che risulta necessaria affinché un’opera possa nascere ed essere costruita nella sua forma ideale. Solid, ha questo merito, mi ha fatto capire con chiarezza che il mio percorso artistico avrebbe avuto la necessità di essere sempre diverso: riconoscibile ma eterogeneo.
Altri momenti fondamentali del 2018 sono stati poi la personale a Paratissima e l’installazione realizzata per The Others entrambe a Torino, e le due residenze d’artista che mi hanno vista lavorare al MuDi di Taranto per il progetto Green Routes e al Milano Luiss Hub in occasione del progetto SICreative di Italia Camp.
Al momento prevedo che l’immediato futuro sarà altrettanto affollato di progetti e mete da raggiungere. L’anno si è aperto con la mia partecipazione come artista ospite ad Artrooms London e continuerà a breve con una personale nella Galleria Guidi&Schoen di Genova, mostra premio assegnata all’interno di Arteam Cup 2018 e occasione che reputo straordinaria. Marzo sarà un altro mese ricco di impegni che mi vedrà impegnata nella mostra dei vincitori del Premio Nocivelli e ad un progetto di Eccom sui Musei Accoglienti della Puglia per valorizzare intercultura e inclusione, a cui tengo particolarmente vista la deriva xenofoba che si sta delineando nel nostro Paese.
Parteciperò con una personale al Festival Parma 360 e ad un evento di arte diffusa sul tema della scultura in luoghi pubblici che si terrà a Monza tra aprile e maggio (MAD).
Tra settembre e ottobre, infine, realizzerò una grande installazione all’Hangar Rosso Tiepido, uno spazio davvero unico della periferia di Modena, inaugurato pochi mesi fa.
L’elemento naturale – sia esso prelevato dal mondo vegetale sia da quello animale – è declinato in infinite variabili. È possibile ravvisare, in questo tuo procedere volto alla classificazione, un inconscio desiderio di preservazione di una natura quanto mai ferita. O è più affine al tuo pensiero collegarlo a dinamiche più strettamente intimistiche e personali?
Non c’è niente di così netto e definito nel mio lavoro. La visione è duplice per non dire molteplice. È la natura fragile che deve essere preservata e sono io che mi riconosco in essa come uno dei suoi animali feriti. La natura resiste dentro di me, come se la mia memoria e quella del mondo naturale potessero fondersi. Detto con la perfezione delle parole di Alda Merini, “[…] io sono la cifra indecifrabile dell’erba | il panico del cervo che scappa | sono il tuo oceano grande | e sono il più piccolo degli insetti […]”.
Soffermiamoci sul concetto, efficacemente sintetizzato nel titolo della personale PRIMAL | forme ordinate dal caos, “ordinare dal caos”… Aspetto che si ravvisa in alcune serie come ad esempio Collezione di una gazza ladra…
Questo mettere ordine nel caos è sicuramente più riconoscibile in serie come Collezione di una gazza ladra o Classificazione immateriale, ma di fatto è il filo rosso che permea tutto il mio lavoro.
Il caos da cui traggo i singoli elementi da riclassificare è del tutto mio, del tutto personale.
Sono una persona estremamente impulsiva, istintiva, emotiva e l’arte mi concede il potere temporaneo quasi soprannaturale (come quello dei supereroi) di avvicinarmi alle cose con la pazienza che spesso non ho nella quotidianità, di creare nuovi equilibri, nuovi incontri, di ritrovare l’ordine nelle cose e riconoscerlo anche in me stessa.
È un istinto primario, un desiderio primitivo e arcaico. Classificare, organizzare, riordinare, sono tutte azioni capaci, in maniera più o meno efficace, di ripristinare l’illusione del controllo sulla parte più irrazionale e inconscia. Le ansie, le ossessioni, la paure più ataviche che per me sono quelle della morte, della perdita, dell’assenza diventano accettabili se racchiuse in una teca, fermate da uno spillo e concepite come un nuovo linguaggio ancora da decifrare.
Parliamo di Bosco Matrice, opera in cui c’è una sovrapposizione dell’elemento tecnologico su quello naturale…
L’idea alla base di questo progetto era di far convergere mondi apparentemente distanti, creare un collegamento tra la memoria della natura e la memoria dell’uomo, parti che in fondo hanno una origine comune.
La natura, matrice e madre che sta alla base dell’esistenza, è sorgente e causa del tutto. È il punto zero di un’evoluzione che ha portato l’uomo verso le più alte vette delle conoscenze scientifiche, tecniche, tecnologiche, e che talvolta ci hanno fatto dimenticare delle nostre stesse origini. In un’epoca contemporanea profondamente antropocentrica dovrebbe diventare il punto a cui tendere per ritrovare quell’equilibro tra noi e il resto del mondo che sembra da tempo perduto. Dovremmo riconnetterci ad essa, riconoscerla ed accettarla come la nostra memoria più vera.
Quattordici torri di legno rivestite da una moltitudine di componenti elettroniche (schede madre, circuiti, frammenti tecnologici) evocano le forme di una foresta primitiva restituendoci al contempo un’immagine di noi stessi e della nuova era geologica dell’antropocene.
Quest’opera, realizzata all’interno del progetto SICreative di ItaliaCamp grazie ai fondi dall’Agenzia Nazionale Giovani e alla collaborazione del Milano LUISS Hub che per un periodo ha ospitato l’installazione, mi ha permesso inoltre di misurarmi nel ruolo del tutto nuovo di coordinatrice di una residenza artistica under 30. Sei giovani donne, a cui spero di aver lanciato stimoli e provocazioni per il loro futuro nel mondo dell’arte, mi hanno affiancato in modo sorprendente nel lavoro di progettazione e di costruzione attiva dell’opera.
Un sogno e il tuo peggiore incubo….
Sogno e faccio incubi continuamente, sia quando dormo sia quando sono sveglia. Sono le facce di una medaglia che non sono mai riuscita a separare. Non voglio rivelare alcun sogno in particolare e, d’altra parte, non saprei proprio quale scegliere tra i tanti.
Un incubo invece lo voglio rivelare, lo faccio spesso, o forse semplicemente inizio a riconoscerlo troppo di frequente: è la visione di una catastrofica pandemia che si propaga in tutto il mondo e che rende le persone cieche davanti all’ingiustizia sociale, un contagio sottile che si insinua velocemente nella mente avvelenandola con una rinnovata “banalità del male”.
Per fortuna è solo un incubo.
Alice Padovani – Solo Exhibition
PRIMAL | forme ordinate dal caos
Premio assegnato nell’ambito di Arteam Cup 2018
7 febbraio – 7 marzo 2019
Opening: giovedì 7 febbraio 2019 alle ore 18.00
Guidi&Schoen Arte Contemporanea
Piazza dei Garibaldi 18r, Genova
Orari: dal martedì – sabato 10.00-12.30 | 16.00-19.00
Info: info@guidieschoen.com
www.guidieschoen.com