MILANO | Fondazione Rivolidue | 7 maggio – 7 giugno 2014
di MATTEO GALBIATI
Nelle sale della Fondazione Rivolidue a Milano, spostandosi nei diversi piani in cui si distribuisce lo spazio espositivo, ci si può immergere nella suggestione poetica, silenziosa e senza tempo, delle opere di Serena Zanardi (1978) che, per questa occasione, ha costruito un progetto particolarmente intenso e emozionante. Se la si conosceva bene per il suo lavoro scultoreo, qui di lei si scoprono anche i lavori pittorici, installativi e video che non disperdono, ma anzi rafforzano, l’organicità della sua poetica. Sappiamo come l’interesse della giovane artista ligure sia concentrato sul concetto di memoria e ricordo – collezionista di vecchie fotografie che sono spunto per la realizzazione dei suoi personaggi – qui le sue scelte si allargano anche ad un altro tema a lei particolarmente caro, quello della natura.
Ecco quindi che le vicende umane, sospese e trattenute in quell’atmosfera onirica e surreale che lei sa ben imprimere alle sue immagini, si orientano a far emergere una reciprocità tra la storia particolare dell’uomo e quella universale della natura. Cicli, ritmi e avvenimenti s’intrecciano in un clima particolarissimo: un respiro appena accennato che lascia aleggiare il pensiero e proietta, nello sguardo, frammenti di istanti che, trascorsi, o in lento divenire, tornano ad emozionare – e vivere – ora nel tempo dello spettatore. Be forest, titolo di molte opere presentate, va letto più come un invito che non come un monito.
Tornano le fotografie d’epoca e i loro ricordi di gente ormai perduta le cui vicende nemmeno la foto ha saputo trattenere fino in fondo e che Serena rilegge e riproduce nelle terracotte: emergono piccoli personaggi – non è mai schiava del gigantismo di cui soffre molta arte di oggi – piccole figure che ripropongono il carattere e le pose dei soggetti delle foto e, rivivendo nello spazio-tempo del presente, diventano altro ai nostri occhi. Si trasformano, raccontandoci del passato (o del futuro?), e acquistano nuova vita nella dimensione poetica che, con l’intervento dell’artista, riescono a rimodellare. I colori, i materiali, la logica raffinata delle scelte – tutte le foto di questa occasione presentano, infatti, persone riprese in un contesto naturale a sottolineare la sistematicità del progetto di questa mostra – aiutano ad avvolgere sensorialmente – quasi ogni senso viene sollecitato – chi ammira i lavori.
Lo scorrere della lettura delle opere di Serena Zanardi ci lascia sempre qualcosa che resta dentro, con quella grazia decadentemente romantica (nel significato storico), che sembra voler ridare ordine e senso ad un “sentire” differente, di cui oggi sentiamo ancora la necessità, benché spesso resti in noi inespresso. Anche a fronte di un’arte che frequentemente, troppo chiassosa e rumorosa, sa colpire ma non affascinare. Stordire ma non permanere.
Serena Zanardi nell’unire memoria umana e naturale – una scelta che attraversa e deriva dalla sua esperienza e dai suoi luoghi d’origine – riporta il nostro sguardo ad una dimensione mitica e a-temporale dove il segno tangibile dell’uomo e del suo passaggio nel mondo naturale si fa presenza evanescente e fragile, ma che resta anche impressa, come traccia semi-invisibile, nei luoghi del sue esserci (il suo video lo riesce a narrare con lucida visionarietà).
Non la spaventano i simboli, i misteri, gli interrogativi: anzi, in questa mostra, sembra proprio voler dichiarare con forza questa sua imprescindibile attitudine. Una complessità, nella sua narrazione artistica, che parte e si origina dalla cosa semplice: i suoi lavori divengono attuali simulacri di qualcosa dal sapore antico, in cui la temporalità vive e nutre il mito di un processo ideativo che porta l’immaginazione a riscoprire il gusto del meraviglioso. Le atmosfere, passate e trascorse, forse in lenta sparizione, che Serena ci propone – dove la natura entra nell’uomo e l’uomo sparisce mimetizzando la propria esperienza in essa – vuole farcele afferrare e fermare. Immagini da trattenere con tutto il nostro spirito.
Serena Zanardi. Apologia vegetale. “La natura è vita che dorme” F.W.J. Von Schelling
7 maggio – 7 giugno 2014
Fondazione Rivolidue
Via Rivoli 2, Milano
Orari: da martedì a venerdì 16.00-19.30; sabato 14.00-19.30; gli altri giorni su appuntamento
Info: +39 02 84140208
info@rivolidue.org
www.rivolidue.org