BOLOGNA | CUBO in Torre Unipol e CUBO in Porta Europa | Fino al 18 gennaio 2025
di GIULIA GORELLA
Una nuova mostra è stata inaugurata il 17 ottobre presso il CUBO, Museo d’impresa del Gruppo Unipol. La mostra ricorda l’artista-scrittore ferrarese, Filippo de Pisis (1896-1956) che, dalla descrizione di impressioni sui paesaggi emiliani, ottenne riconoscimenti a livello europeo dopo aver sperimentato la vita frenetica delle metropoli d’arte quali – in ordine cronologico – Roma, Parigi, Londra e Milano.
La mostra non è dispersiva bensì molto raccolta, con poche opere scelte e a fronte della mole considerevole di lavori realizzati dall’artista. Le curatrici – Ilaria Bignotti e Maddalena Tibertelli de Pisis – hanno consapevolmente tralasciato alcuni aspetti della sua produzione, come ad esempio la ritrattistica, in favore di paesaggi e nature morte. La mostra rappresenta un approccio nuovo di curatela a un artista, ovvero una volontà di rivelazione, di indagine, e per realizzare questo ambizioso progetto espositivo le curatrici si sono immerse negli archivi per selezionare scritti dell’artista (non solo i testi che pubblicò in vita ma anche i diari e le corrispondenze, nonché alcuni scritti postumi) per rivelare che in realtà la pittura non era la sua unica risorsa creativa. Infatti, de Pisis nasce come letterato, poiché portò a termine gli studi universitari in Lettere e solo successivamente a un incontro a Roma con de Chirico, e dietro esortazione di quest’ultimo, si cimentò nell’arte visiva. Tuttavia, essendo di origine nobile, de Pisis non partì mai da zero: l’educazione aristocratica prevedeva per l’appunto, anche una formazione di base nell’ambito del disegno e della pittura creativa.
Risulta tuttavia singolare la scelta del museo d’impresa di accogliere una mostra che non rifletta il lato più noto dell’artista, bensì quello che dalle tele si intravvede appena; quello che rischiava di restare impolverato tra le vecchie carte e che solo grazie all’affettuosa memoria dei membri dell’associazione che ne porta il nome e a uno scrupoloso lavoro di ricerca poteva essere ricondotto alla meritata superficie.
La mostra si intitola Nascita di un quadro anche se è la mostra a nascere attorno a un dipinto, Paesaggio (1926, olio su tela) e non il dipinto a essere pensato per l’esposizione, come spesso oggi succede. Ma il titolo ci lascia anche penetrare nella visione di de Pisis: l’atto creativo nasce dando anima alle piccole cose, gli oggetti e le vedute quotidiane, quello che ci circonda nel nostro ambiente più famigliare. Per questo è stata data più rilevanza alle nature morte per questa mostra, poiché queste permettono – sempre secondo de Pisis – di rivelare le piccole meraviglie, le piccole cose tenute nascoste dallo sguardo stanco e abituato a ricevere quegli oggetti giorno dopo giorno, fin tanto da non riuscire più a distinguerne i contorni. Infatti l’artista indaga l’essenza degli oggetti e dello spazio andando oltre l’apparenza superficiale, andando oltre il lato più esposto al getto di luce che si espande sulla tela.
Le opere proposte dimostrano anche l‘evoluzione della tecnica di de Pisis, che modifica il suo stile pittorico anche in seguito ai suoi lunghi soggiorni all’estero cui si accennava sopra. La frenesia della vita londinese è uno dei tanti elementi che influisce maggiormente sulla visione della vita di de Pisis, il quale avverte il peso di una vita sempre più accelerata e, per rappresentare l’agilità dei cambiamenti che nella capitale inglese si susseguono a ritmo incalzante, rende le pennellate più sfuggenti, brevi, e che trasmettono le vertigini date dai tempi che fuggono.
Il soggiorno parigino regala, invece, a de Pisis contatti in ambito intellettuale che permettono di arricchire il suo bagaglio di preziosi consigli per la sua carriera, e lì il pittore-autore trova occasioni per esporre e vendere le sue tele anche grazie ai contatti con Les italiens de Paris, gruppo di artisti a cui si unisce, anche se il 1939 e lo scoppio del secondo conflitto mondiale lo costrinsero al rientro in Italia. Qui la sua evoluzione continua: i colori infatti nell’ultima fase della vita di de Pisis assumono tonalità più fredde e le composizioni perdono di elementi raffigurati per divenire più spoglie, pressoché minimaliste. Questi cambiamenti non sono frutto solo di influenze esterne bensì anche di mutamenti interiori, di natura prettamente autobiografica. È infatti il caso di rammentare che de Pisis si ammalò in età avanzata, ma la vera sofferenza fu per lui causata dalla solitudine che così di frequente si accompagna alle persone anziane. Una solitudine mal sopportata che lo portò al ricovero e al definitivo isolamento.
Nonostante questa nota conclusiva amara per quanto concerne la vita del Maestro, la sua pittura non dà mai la suggestione di essere stata creata fine a se stessa, di essere frutto di apatia e abbandono. Al contrario, la sensazione immediata quando si ammira un suo quadro è quella di essere un soggetto indagato anche nello stesso atto di contemplazione, ci si trova davanti a una pittura per così dire empatica: che viene incontro allo spettatore, i cui oggetti così vivi sono colti in una tensione verso il mondo del reale come per trasferire negli occhi di chi guarda una narrazione. Narrare, infatti, è la vera azione che riassume più esaustivamente de Pisis. Si potrebbe persino affermare che lui non smise mai di auto-narrarsi e di filtrare il mondo attraverso la lente della finzione e del proprio sconfinato bagaglio di allusioni e riferimenti culturali che popolano silenziosamente le sue opere. Di fatto elementi di finzione sono riscontrabili anche nei testi che dovrebbero – o almeno così in molti suppongono – essere documenti di fedele testimonianza di quanto accade nella quotidianità e nella mente: i diari, dove per esempio sono riportate date e luoghi inventati, come se fossero stati concepiti per un’altra dimensione, un altro universo concettuale che è dapprima richiamato attraverso le parole scritte e in secondo luogo reso possibile visivamente grazie alla pennellata.
Proprio in luce di quanto appena illustrato la scelta delle curatrici si rivela appropriata e di interesse. Ogni sezione della mostra è infatti accompagnata da un brano letterario, ora derivato da uno scritto privato quale un diario, ora invece estrapolato da un racconto di finzione: entrambi i generi sono reperti che aiutano a cogliere da nuove prospettive la complessità del genio artistico per molti anni dimenticato e forse ancora oggi troppo emarginato rispetto ai grandi della Storia dell’Arte. Importantissima è naturalmente la sezione che detiene l’opera che dà il titolo alla mostra ovvero, Paesaggio. In questo caso specifico, il testo scelto per accompagnare le tele della suddetta sezione è tratto da Eremo d’Assisi, testo dove – almeno a parere di chi scrive – riecheggia l’angoscia per le guerre: quelle appena finite e quelle che arriveranno di lì a pochi anni e dove si è pervasi da un romantico senso di nostalgia che accompagna il visitatore per tutta la durata della mostra.
Infatti la malinconia è un filo conduttore che unisce le varie fasi della produzione dell’artista e si riflette nel sentimento di attesa che pervade molte sue tele oltre a vari suoi componimenti scritti. L’attesa è quella di ricevere il riconoscimento che gli spetta come artista ma anche quella dell’amore romantico e idealizzato che non arriva mai. La lettera azzurra è il dipinto più rappresentativo di questo sentimento dolce e amaro. Nel primo piano di questa natura morta troviamo per l’appunto l’oggetto che dà il titolo al quadro, ovvero la lettera di colore azzurro. La busta sigillata giace su un tavolo accanto a altri oggetti come una bottiglia d’inchiostro e un pennino. La lettera ha valenza simbolica, dello stesso simbolismo di cui è intrinseca l’opera di de Pisis e in questo contesto racchiude in sé tutto il peso dell’attesa ed è straordinario come un sentimento così pesante come un’attesa indefinita, sospesa nel tempo, sia sintetizzata in un oggetto così leggero e fragile come un foglio di carta.
La natura estremamente complessa e tormentata di de Pisis lo rendono estremamente attuale e vicino ai nostri contemporanei, così come lo rendono fonte di ispirazione ancora oggi per molti giovani talenti. Le continue riletture, contestazioni e riscoperte di questo genio emiliano portano a vedere i suoi quadri come degli atti creativi che continuano a rinascere alla luce di nuovi apprezzamenti e sempre diverse interpretazioni. La bellezza della sua arte è una bellezza di epifania. Per questo le poche opere esposte sono risultato di un ragionamento che premia la trasversalità dell’artista, la sua eterogeneità e la sua evoluzione diacronica. Non solo c’è perfetta armonia data dalla precisa corrispondenza tra testo scritto e testo iconografico, ma si avverte anche la discreta intenzione didattica ed educativa dal modo in cui è organizzata la mostra, essendo CUBO un museo che si prefigge lo scopo di avvicinare la cittadinanza intera all’arte, impiegando linguaggi inclusivi e accessibili ai più.
Filippo de Pisis. Nascita di un quadro
a cura di Ilaria Bignotti e Maddalena Tibertelli de Pisis
18 ottobre 2024 – 18 gennaio 2025
CUBO in Torre Unipol – Via Larga, 8, Bologna
CUBO in Porta Europa – Piazza Sergio Vieira de Mello, 3/5, Bologna
Orari: lunedì 14:00 – 19:00 | martedì 9:30 – 23:30 | mercoledì – giovedì – venerdì 9:30 – 20:00
sabato 9:30 – 14:30 | domenica chiuso. Ingresso libero
Info: www.cubounipol.it