TORINO | Galleria Franco Noero | 6 febbraio – 25 marzo 2017
di MICHELE BRAMANTE
Alla Galleria Franco Noero, l’universo blu di Mike Nelson risalta contro gli spazi di luce bianca dove l’artista riassembla i resti avanzati dal restauro di una banca del Principato di Monaco.
Disseminando detriti lungo il percorso, Nelson apre un divario tra la destinazione d’uso dei locali della Galleria e la loro conversione a raccolta storiografica, nella quale si manifesta la volontà di recupero attraverso documenti e lacerti risparmiati dalla distruzione. Di riflesso, appare chiaramente che i soggetti sono confusi nella misura in cui il ruolo dello storico archivista scalza l’autorialità dell’artista.
Gli ambienti sono metafore della decostruzione di qualcosa di impossibile da ricomporre. Tra i reperti, lo spazio vuoto diventa il segno di una sintassi impossibile, di un discorso oramai indecifrabile perché irrimediabilmente disgregato, e si carica della stessa frustrazione che i romantici nutrivano per la classicità, ma più esangue e snervata, poiché esausta.
I contesti stentatamente assemblati evocano spettri di unità perdute di cui non si sente la mancanza, perché proprie di una diversa storia in cui tenevano parte di ideale, a fronte dell’attuale poststoricità in cui domina la consapevolezza che ogni forma di identità unitaria, sostanziale o concettuale, diventa inconsistente. La frantumazione irricomponibile mette in luce l’illusione insita nelle vecchie integrità di luogo architettonico definito, di funzione sociale del lavoro, e – nella loro dichiarata origine di scarti recuperati dal restauro di una banca – della sicurezza del sistema intrecciato tra politica ed economia.
L’architettura è in parte sezionata, in parte frantumata, fino alla dispersione del concetto di luogo e all’annullamento della distinzione tra interno ed esterno, metafore di un soggetto esposto, lacerato e sparpagliato. Le vestigia di un ufficio o di un magazzino per attrezzature non sono oramai in grado di raccontare nulla più dell’esistenza di qualche vaga attività umana, con sporadici accenti sentimentali nella rada e incongrua presenza di addobbi natalizi.
A rendere ancora più spettrale e straniante la scena, una patina blu oltremare pervade tutti i frammenti sparsi nello spazio. La schermatura blu isola ancora più intensamente gli ambienti rendendoli enigmatici, come una quinta teatrale fatta a pezzi e abbandonata ad un vuoto di azione. Il blu inesorabile e ossessivo realizza una profondità apparente, anch’essa degradata ad illusione superficiale, nella relazione esteriore tra le cose. È questo l’unico tipo di rapporto tra soggetto e immagine della realtà scampati al nulla, dissezionati e debolmente tenuti insieme.
Attraverso il pigmento oltremare, che i pittori ricercavano dall’oriente nell’epoca del nascente mercato internazionale, Nelson attiva uno slittamento in cui il colore diventa metafora del principio di equivalenza nello scambio, in forza del quale il valore delle cose è sempre riconducibile al valore del denaro, che una volta circolava proprio nella banca di cui sono segno le macerie. Nel pigmento, che copre in modo omogeneo le parti dissestate dello spazio, rendendole uniformi sotto l’aspetto della qualità superficiale, il principio di equivalenza rappresentato dal denaro si materializza, si rende sensibile. Allo stesso tempo, queste parti mettono in crisi la compattezza del sistema cui alludono, facendo resistenza all’unità globale promessa dall’economia politica. Quel che resta dell’uomo integrale si trascina a strappi e brandelli tra le rovine alla ricerca di qualche parte adattabile.
Mike Nelson. Cloak of rags (Tale of a dismembered bank, rendered in blue)
6 febbraio – 25 marzo 2017
Galleria Franco Noero
Via Mottalciata 10/B, Torino
Info: +39 011 882208
info@franconoero.com
www.franconoero.com