TREVISO | TRA – Treviso Ricerca Arte | 21 ottobre – 11 dicembre 2016
di LUCIA LONGHI
Venerdì 21 ottobre, negli spazi del TRA (Treviso Ricerca Arte), è stata inaugurata la personale di Michele Spanghero. Unica protagonista dell’esposizione è la scultura sonora Ad lib., imponente installazione composta da un set di canne d’organo suonate da un apparecchio elettromedicale per la ventilazione artificiale. A riassumerla con un gioco di parole, quello che nel dizionario medico viene indicato con il termine “unità paziente-ventilatore”, è qui una “unità organo-ventilatore”; in questo calembour si nasconde la genesi dell’opera stessa. La molteplicità di significati del termine organo, lo stridore quasi ossimorico di espressioni come “polmone artificiale”, la complessa vitalità dello strumento musicale: il vortice di associazioni semantiche generatosi nella testa dell’artista è alla base dell’idea concretizzata nel particolarissimo “organo artificiale” Ad lib.
Lo spettatore ha l’impressione di trovarsi di fronte un paziente, dall’aspetto mutilato (dell’organo, infatti, qui abbiamo solo le canne e il motore interno): uno strumento che produce suono – vale a dire tenuto in vita – grazie all’azione di un dispositivo medico, progettato per tenere in vita le persone imitandone le funzioni vitali. L’organo musicale è già, per sua natura, un “organo artificiale”: esso si attiva, respira e produce musica grazie all’azione elettrica di un ventilatore posto al suo interno. Altrimenti, non suonerebbe.
L’oggetto creato da Spanghero dota l’organo di un ulteriore livello di vulnerabilità: il suono di due delle nove canne è affidato al ventilatore polmonare esterno. Il dispositivo medico, però, non si limita a mantenere in vita lo strumento per mezzo della semplice immissione d’aria: il suo ruolo è vitale anche sul piano musicale. Il motore interno dell’organo produce infatti soltanto due delle tre note dell’accordo di quinta di Fa; sono le canne suonate dal ventilatore a completare la triade con la terza nota (oltre che inserire una nota dissonante) e conferire pieno senso all’esecuzione.
L’intervento del respiratore esterno, quindi, contribuisce al suono complessivo dell’opera, creando allo stesso una rottura e disturbando la tranquillità dell’accordo maggiore, con un suono dissonante, intermittente, meccanico ed affaticato. Ad lib. è la dicitura che nella scrittura musicale indica l’arbitrarietà nella ripetizione dello svolgimento di un passaggio, un ritornello, una frase. “Ripetere ad libitum” significa, letteralmente, ripetere a piacere.
Quante volte viene ripetuto il respiro dissonante di quell’organo artificiale? Fino a quando qualcuno non prende la decisione di staccare il respiratore.
«Quando sono entrata nella stanza con l’opera con il respiratore, ho richiuso la porta e mi sono seduta in un angolo. Ho sentito che dovevo semplicemente… stare lì, con lei. Non c’era nulla da osservare, da capire, non ho sentito di dovermi avvicinare all’oggetto, studiarlo o capirlo. Ho sentito di dovermi solo sedere lì, come quando vai a trovare un malato in ospedale. Non c’è molto da fare, devi solo sederti, e stare lì con lui».
Questa è stata l’impressione a caldo di una spettatrice dell’opera, una lettura delicata e calzante per questa creatura.
Questa è Ad lib., un grande organo, maestoso, dalle canne lucide e imponenti, il re degli strumenti aerofoni, che respira lentamente e affannosamente, con un suono ritmico, meccanico e dissonante, tragicamente legato a un dispositivo che mantiene la sua funzione vitale: il suono.
Non è un caso che le note dell’accordo suonato da questo solenne, stanco ma caparbio strumento, l’accordo di Fa maggiore a cui si sovrappone una dissonanza intermittente, richiamino le tre note su cui é costruito il tema del primo movimento del Requiem di Johannes Brahms.
Un requiem che, come spiega chiaramente Maria Silvana Pavan nel catalogo, utilizzando soprattutto tonalità maggiori, si distacca dalla drammaticità della messa funebre del rito cattolico, e piuttosto riflette una concezione protestante della morte, intesa come trapasso felice verso una pace celeste e abbandono delle sofferenze della vita terrena.
Forse una riflessione simile ha ispirato l’autore che, nella creazione di quest’opera, è stato accompagnato da una meditazione sulla morte assistita e sul limite tra vita e morte. L’indagine sui punti liminari dell’esperienza umana è sempre presente nei lavori dell’artista, che va a identificare e sviscerare quei luoghi, fisici o mentali, che rispetto all’esperienza quotidiana sono marginali, nascosti, sommersi o al limite tra il visibile e non visibile, l’udibile e il non udibile.
Il percorso creato dalla curatrice vuole evidenziare il processo di identificazione tra l’opera e lo spettatore. L’osservatore, si specchia nell’opera e vi trova la sua stessa sostanza: un sistema respiratorio e un meccanismo, affidato ad un’arbitrarietà esterna, che permette di respirare e vivere.
In questa riflessione si inserisce la presenza di un oggetto sciamanico che è stato posto in dialogo con Ad lib.: uno specchio, appunto, che avrebbe il potere, come il ventilatore, di garantire la salute, il respiro vitale, al malato.
Ad lib., a differenza di altre opere sonore, non è un’opera che necessita di essere compresa tecnicamente. La sua struttura e il suo funzionamento sono chiare. Non c’è bisogno di quel tempo di incubazione per comprendere i meccanismi che producono il suono, come in altri lavori dello stesso artista. Il dialogo intimo con l’opera a livello semantico, in questo caso, ha inizio da subito.
L’osservatore vede Ad Lib., capisce immediatamente come funziona e inizia subito a porsi, probabilmente, delle domande primordiali. Oppure, semplicemente, sta lì, e assiste. Accompagnato da un suono affannato e disarmonico, ma che è pur sempre un segnale vitale.
MICHELE SPANGHERO. AD LIBITUM
a cura di Chiara Ianeselli
22 ottobre – 11 dicembre 2016
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