MILANO | Pirelli HangarBicocca | 24 febbraio – 24 luglio 2022
di ALICE VANGELISTI
In un mondo in cui si tende ancora a dividere i diversi ambiti del sapere, con un confine che irrimediabilmente li pone su piani diametralmente opposti, Anicka Yi (Seoul, 1971) ci dimostra, invece, come raggiungendo una contaminazione, si possa oltrepassare quel limite, mostrandoci così cosa effettivamente succede quando l’arte, simbolo per eccellenza di libertà creativa, incontra quelle discipline esatte e governate da regole ben precise. Questo è sicuramente quello che colpisce fin da subito entrando negli spazi di Pirelli HangarBicocca, che ospitano la sua personale Metaspore, a cura di Fiammetta Griccioli e Vicente Todolì, mettendo in mostra ancora una volta come spettacolarità e sperimentazione siano ormai diventanti il riconoscibilissimo marchio di fabbrica dell’istituzione milanese, che da anni ormai scava sempre più a fondo tra le pieghe della più attuale e significativa ricerca contemporanea.
In questo caso, la narrazione visiva – e non solo – si snoda attraverso una selezione vivace ed emblematica dell’innovativa ricerca dell’artista sud-coreana, naturalizzata americana: le diverse installazioni esposte – circa una ventina – combinano linguaggi e tematiche differenti, provenienti da ambiti anche molto distanti, ma che si avvicinano e riescono così a dialogare in maniera perfetta. È una mostra altalenante, che varia molto per i differenti stimoli plurisensoriali offerti dalle diverse opere, oscillando tra la delicata poesia visiva offerta dalle forme organiche e le sterili composizioni di materiali marcatamente industriali. Infatti, nonostante il filo comune della contaminazione di discipline con un sottofondo di significati molto più ampi e che sconfinano anche in ambito politico-sociale, nelle diverse opere in mostra possiamo percepire questa contrapposizione: da un lato le installazioni che molto hanno a che fare con il mondo naturale, che si fa creatore prezioso di lavori in continua trasformazione; dall’altro interventi che fissano la razionalità di processi meccanici e scientifici. Si tratta però di un contrasto che crea valore e significato, anche e soprattutto quando questi due poli si incontrano.
E questo è percepibile fin da subito con Immigrant Caucus (2017). Siamo infatti accolti da una griglia metallica che si fa soglia da varcare sia in senso fisico per accedere al micro-mondo della mostra, sia in senso metaforico, divenendo così quel confine che in un certo senso ci invita ad oltrepassare le barriere mentali autoimposte per poter godere fino in fondo il lavoro della Yi. Ma non solo: la soglia è sia tangibile, ma anche e soprattutto immateriale. Infatti, si diffonde qui un aroma sintetizzato dall’artista in collaborazione con il profumiere Barnabé Fillion, che diventa emblema della contaminazione delle discipline tanto amata dalla Yi e che troverà applicazione anche all’interno di altre installazioni presenti in mostra, nelle quali la componente olfattiva diventa un elemento essenziale e che aggiunge valore alla dimensione puramente visiva dell’opera. Interessante è però la composizione di questa fragranza specifica, che è concepita ibridando le componenti chimiche del sudore di donne asiatico-americane con le emissioni delle formiche carpentiere, accostando così due componenti olfattive che appartengono a mondi diametralmente opposti ma che si incontrano dando vita a un aroma trans-specie per trasmettere un chiaro messaggio politico-sociale, nello specifico sull’identità asiatico-americana e sullo sfruttamento del lavoro, ma che è animato allo stesso tempo da un respiro ampiamente universale.
Dopo aver varcato questa soglia, siamo abbracciati da Effectively Synergizing Backward Overflow (2015) e Ice Water In The Veins (2015) che formano una sorta di corridoio luminoso da percorrere prima di raggiungere l’ambiente in penombra dal quale emergono tutte le altre installazioni esposte. Qui, le pareti appaiono impreziosite dalle immagini raffiguranti batteri al microscopio, appartenenti alla serie Orbis Mundi Is Yours to Take in Hand (2015), che disegnano forme vagamente pittoriche, create però dalla sapienza incontrollabile della materia organica che è in continua trasformazione. E se queste immagini cristallizzano un attimo ben preciso, tra le opere all’interno delle nicchie troviamo invece due composizioni in costruzione. Infatti, all’interno di due teche di plexiglass batteri e agar-agar concorrono a mostrare un processo effimero e mutevole, che magnificamente cambierà nel corso dell’esposizione.
Questa dimensione del mutamento è presente anche dopo aver attraversato questo primo passaggio obbligato e si staglia meravigliosamente all’interno di Biologizing the Machine (spillover zoonotica) (2022), che rivisita l’installazione presentata alla Biennale di Venezia del 2019. Sette strutture appese al soffitto racchiudono al loro interno una dimensione pittoricamente astratta, ma che non è realizzata direttamente dalla mano dell’artista, bensì è la natura la sua vera artefice. Infatti, all’interno di ognuna è inserita una coltura di Vinogradskij, un micro-ecosistema di batteri del suolo e alghe che combinati con campioni di terreno generano un’opera in continua trasformazione, fatta di convivenza fragile e instabile tra le differenti specie microbiche che insieme concorrono però alla realizzazione di un lavoro dal grande e prezioso fascino poetico.
Poetiche come le sei sfere luminose della serie Releasing The Human From The Human (2019-2020), che sospese al soffitto irradiano lo spazio con una luce calda che ci avvolge, trasportandoci allo stesso tempo in un mondo che ricorda vagamente sia quello di una calda sera d’estate, illuminata da delle lanterne giapponesi e accompagnata dal ronzio e dalle ombre di insetti intrappolati al loro interno, sia quello di un ambiente subacqueo, abitato da strane e fluttuanti creature marine, richiamate anche e soprattutto per via della scelta del materiale. La serie, infatti, è realizzata con un involucro trattato di alga laminaria, che sottolinea ancora una volta l’interesse dell’artista per questi materiali organici che si legano anche alla tematica ecologica in relazione all’utilizzo di queste alghe per la produzione di energia.
Sempre mantenendo questa dominanza di colori saturi e quasi fosforescenti, tra le altre opere in mostra spicca sicuramente Shameplax (2015), un’opera articolata in sette vasche simili ad acquari che contengono al loro interno uno strato di gel per ultrasuoni forato da numerosi spilli. Anche questa, è un’opera in trasformazione: infatti, con il passare del tempo, gli elementi metallici subiscono un processo di corrosione e ossidazione, rilasciando un colore rossastro che tinge il verde dominante di queste installazioni, ponendosi così, ancora una volta, come ulteriore emblema di un’arte fatta di incontri e dialoghi con mondi distanti.
Anicka Yi. Metaspore
a cura di Fiammetta Griccioli e Vicente Todolì
24 febbraio – 24 luglio 2022
Pirelli HangarBicocca
Via Chiese 2, Milano
Orari: dal giovedì alla domenica 10.30-20.30 con prenotazione obbligatoria
Info: info@hangarbicocca.org
www.pirellihangarbicocca.org