MILANO | Triennale di Milano | 6 maggio – 31 agosto 2014
di Ginevra Bria
L’ala ovest del piano terra della Triennale di Milano dedica uno spazio di decine e decine di metri quadri ad una fra le mostre più esaustive in Italia dedicate a Paulo Mendes da Rocha (1928, Vitória, Brasil), dal titolo Tecnica e Immaginazione. Il percorso – costituito da numerose tavole, da disegni, da video, da fotografie, sezioni, documenti di progetto e da un allestimento costituito da pareti espositive mobili in fibrocemento – si prefigge l’obiettivo di mostrare l’opera dell’architetto brasiliano, a partire dall’esposizione dell’attestato di laurea. Il percorso si sofferma su determinati passaggi della carriera dell’architetto, esponendo, tanto i progetti di abitazioni private quanto le realizzazioni di luoghi destinati al pubblico dominio come: il MUBE – Museo brasiliano di scultura e il portico nella Praça do Patriarca a San Paolo, il Padiglione del Brasile all’Esposizione Universale di Osaka del 1970, lo Stadio Serra Dourada a Goiânia e i progetti che lo hanno reso un architetto di livello internazionale, quando nel 2001 vinse il Premio Mies van der Rohe per l’America Latina per il progetto di ristrutturazione della Pinacoteca di Stato nella città di San Paolo, in Brasile, arrivando ad ottenere il riconoscimento nel 2006, del Premio Pritzker.
La complessità tecnica e organica che rappresenta il fenomeno dell’architettura di Mendes da Rocha in mostra traspare come una lunga lezione, un saggio omogeneo durante il quale l’ingegnerizzazione di un’idea si trasforma in una profonda conoscenza urbanistica e in una ricerca di una costante democrazia esistenziale. Anche se l’idea che l’architettura sia un veicolo di trasformazione del territorio è da sempre presente nell’opera di Mendes da Rocha, il suo primo e vero progetto su scala territoriale risale solo al 1980. E questo approccio strutturale, Tecnica e immaginazione lo mette chiaramente in luce, esponendo un caso significativo della carriera dell’architetto brasiliano.
Chiamato a riflettere sulla possibilità di fondare una città in cui trasferire le funzioni amministrative dello stato di San Paolo, l’architetto risponde con una critica rivolta sia all’incarico che gli è stato conferito, sia al modo in cui è stato concepito il suo ovvio termine di confronto: Brasilia. A suo avviso l’errore sta in entrambi i casi nel pensare ad una città di rappresentanza, una città funzionale rispetto ad un ruolo politico indissolubile dalla sua linea, a cui egli contrappone la Cidade do Tiete un nodo infrastrutturale, in grado di orientare una generale riorganizzazione (geografica, economica) del territorio. Del resto architettura significa per Mendes da Rocha “costruire dove prima c’era un luogo e all’interno del quale sia possibile vivere”
Da ricordare, in merito a questa ideazione, anche un appunto di Mendes Da Rocha che scrive: “l’architettura ricopre un campo più ampio della sola costruzione, concernendo la determinazione e la composizione di una struttura di base per le installazioni umane”.
Paulo Mendes da Rocha. Tecnica e immaginazione
a cura di Daniele Pisani
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