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O’ | residenze | fotografia | suono | performance
Milano

MATTER OF ACTION.
La performance nelle fotografie, libri, video, e dischi d’artista

di Francesca Di Giorgio


Mentre il MoMa di New York continua a mietere mostre intorno ai grandi nomi della performance – l’ultima in corso fino a maggio esplora le sue implicazioni con la fotografia – a Milano ha inaugurato Matter of Action. La performance nelle fotografie, libri, video, e dischi d’artista. Terzo episodio del ciclo INTERMEDIA-rassegna di altri media d’artista, iniziato nel 2009.
Un excursus storico alla presenza di materiali imprescidibili come importante documento e, in alcuni casi, mezzo diretto su cui sviluppare l’azione performativa. Dagli anni d’oro dei decenni ’60/’70 fino alle ultime generazioni presenti con un fitto programma di performance e video.
Questione d’azione, quindi, che abbiamo indagato con Giorgio Maffei, Samuele Menin e Sara Serighelli…

Francesca Di Giorgio: INTERMEDIA. Rassegna di altri media d’artista. Terzo appuntamento. Per chi si fosse perso qualcosa tirate le fila del percorso fatto fino a qui?
Giorgio Maffei: O’ è un centro di produzione di arte contemporanea che si muove nella disinvolta babele di linguaggi e mezzi espressivi. Proprio per questo cerca le radici, quelle prime manifestazioni in cui si esprime il bisogno di superare l’artefatto a favore di una “dematerializzazione” del medium espressivo. Negli anni ’60 e ’70 le discipline più diverse coagulano verso un nuovo precipitato artistico che il pensiero critico, tra altre mille sigle, ha chiamato appunto “Intermedia”. Qui confluiscono opere in forma di libro ’10-una generazione di libri d’artista,1999-2009 realizzata nel 2009, dedicata al libro d’artista contemporaneo e Superarchitettura Radicale – libri, manifesti, riviste con materiali editoriali della ricerca utopica nell’architettura italiana degli anni ‘60.
L’attenzione di un pubblico, anche molto giovane, per queste prime esperienze del ciclo “Intermedia” sembrano dimostrare un grande interesse per un modo di esporre materiali artistici non convenzionali, per ricomporre il senso, i modi e le finalità di inusuali percorsi di ricerca. È ora la volta di Matter of Action, un tentativo di ricomposizione di quel consistente frammento dell’arte che usa il corpo e l’azione come materia espressiva.

Dopo libri, manifesti e riviste il discorso si sposta su qualcosa di più “volatile” ed effimero ma dalla tradizione molto solida. Dalle origini della performance come azione indipendente e irripetibile al suo vivere attraverso i documenti fotografici, cartacei, video/sonori. Qual’è stato il destino e la “fortuna” di tutti questi materiali?
Giorgio Maffei: La performance in tutte le sue declinazioni (Body Art, Azionismo, Happening, Events, ecc…) ha interessato almeno una generazione di artisti con le più diverse attitudini e poetiche. Si trovano nomi che sono stati protagonisti dell’arte concettuale, dell’arte povera, della poesia sonora, dell’azionismo, della musica di ricerca oltre a quelli che hanno scelto proprio l’uso del corpo come mezzo espressivo privilegiato.
La performance, per la natura effimera dell’azione, sembra non lasciare tracce. Nulla di più falso. Proprio la sua provvisorietà ha generato il bisogno ossessivo di conservarne memoria, un disperato attaccamento alla concretezza del ricordo. E quindi gli artisti hanno prodotto  libri, registrazioni sonore poi diventate dischi, video e fotografie. Avvalendosi di collaborazioni spesso geniali, ad esempio con i fotografi che hanno imposto un valore aggiunto di qualità interpretativa dell’opera d’arte. Si sovrappone dunque alla potenza dell’azione dell’artista anche la capacità di interazione di quei professionisti che la performance hanno documentato.
Immagini quasi sempre rimaste nascoste negli archivi dei fotografi e che ora riemergono in questa mostra in cui sono esposte oltre 300 fotografie originali dell’epoca. Nomi che hanno fatto la storia della fotografia italiana, Ugo Mulas, Uliano Lucas, Giorgio Colombo, Paolo Mussat Sartor, Claudio Abate, Enrico Cattaneo, Fabrizio Garghetti e internazionale come Françoise Masson, Robert McElroy, Kathy Dillon, Dieter Schwerdtle e tanti altri.
L’immagine trova quindi un immediato corrispettivo nei libri e nei dischi d’artista che compiono una sorta di traslitterazione del messaggio visuale.

Potete anticiparci come avete pensato di rendere fruibili i materiali in mostra?
Giorgio Maffei: L’arte d’azione è stata un’espressione dura che nulla ha concesso alla piacevolezza e alla rassicurante bellezza dell’arte consolatoria. Ha lavorato spesso con materia fatta di dolore, violenza e autolesionismo distruttivo.
L’allestimento della mostra non vuole concedere nulla ad una visita rilassante e gioiosa. Vuole costringere il pubblico a prendere consapevolezza della sofferenza, fisica e mentale, che sta dietro a questa sponda dell’arte contemporanea. Lo spettatore dovrà faticare un po’ per vedere le opere, potrà provare anche sentimenti di cattiveria ed irritazione. Potrà provare fastidio e talvolta disgusto. Potrà scappare tappandosi gli occhi davanti ad una mostra del cui ricordo si libererà facilmente lamentando la “bruttezza” dell’allestimento.

Affianco a nomi “storici”: da Duchamp, Man Ray, Dalì a Manzoni, Klein e Fontana. Da Kaprow, Pane e Abramović (proprio in questi giorni protagonista con un incontro/progetto a Bologna) ad Oppenheim (scomparso il 22 gennaio scorso), una selezione di artisti italiani che hanno incluso la performance nelle loro ricerche. Come avete pensato di far convivere il periodo d’oro della performance (gli anni ’70) con il contemporaneo?
Samuele Menin/Sara Serighelli: Nello spirito di “Intermedia”, la mostra getta un ponte tra storia recente e contemporaneità.
I primi (e isolati) esperimenti performativi dei protagonisti delle avanguardie storiche trovano un vivace interesse proprio nei grandi innovatori del secondo dopoguerra, e in quegli artisti che per primi usano la teatralità e il corpo nel loro lavoro. Ci sembra non ci sia una difficoltà reale nel far convivere esperienze già storicizzate con momenti della contemporaneità; moltissimi artisti lavorano attraverso la performance nel senso più ampio, ad esempio John Bock, Jonathan Meese, My Barbarian, Vanessa Beecroft, Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini… i primi che vengono in mente molto disordinatamente. Nello specifico, per Matter of Action, ci è sembrato interessante far emergere il lavoro di alcuni artisti italiani che negli ultimi anni hanno lavorato facendo proprio l’elemento centrale e vitale dell’azione performativa. Abbiamo individuato alcuni artisti – Giovanni Morbin, Nicola Ruben Montini, Simone Berti… – che lungo tutta la durata della mostra riproporranno performance realizzate in passato, ma anche azioni completamente inedite. Credo sia bene sottolineare che questi interventi, sono punteggiature, piccole finestre che costellano liberamente la volta di quanto accaduto in Italia negli ultimi anni, ma senza avere alcune pretesa di definire chi c’era/c’è e chi no, piuttosto di restituire un’infinitesima parte dell’ampiezza e varietà di modi possibili di intendere, approcciarsi e interrogarsi a proposito di certi strumenti, questioni, urgenze, ricerche, idee, visioni.

Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un crescente e continuativo interesse verso la performance, supportato anche da premi e festival dedicati… Nelle “nuove generazioni” è più forte il debito nei confronti della tradizione o si posso già individuare dei caratteri “comuni” che ne distinguono il linguaggio?
Samuele Menin/Sara Serighelli: Indubbiamente l’interesse specifico verso la performance è aumentato, ma bisogna anche dire che soprattutto in tempi recenti “performance” non è più riferito ad esperienze prevalentemente circoscritte all’arte contemporanea; sì, è vero, accadeva anche negli anni ’70, ma con maggior libertà. Oggi questo termine connota esperienze molto diverse, che vanno dalla musica al suono più in generale, dall’utilizzo del video e della luce, del corpo che si muove o danza, insomma a volte ci si sovrappone al termine ‘live’ che ha riferimenti di altro tipo: si parla di performance teatrali, musicali, light performance… sembra ci sia stato un progressivo frazionamento della parola e dei suoi possibili significati. Quindi, certo, un “debito” verso la tradizione a cui ti riferisci indubbiamente c’è, ma proprio per l’utilizzo di alcuni media e per un ampliamento di strumenti che quarant’anni fa non non potevano venir presi in considerazione, oggi sì, c’è un altro carattere. Indubbiamente c’è anche un altro clima politico e sociale, e questo a nostro parere fa la differenza più grande.

La mostra in breve:
INTERMEDIA #3 Rassegna d’altri media d’artista
MATTER OF ACTION. La performance nelle fotografie, libri, video, e dischi d’artista
O’ | residenze | fotografia | suono | performance 
via Pastrengo 12, Milano | Isola
Info: +39 02 66823357
www.o-artoteca.org
Fino al 7 marzo 2011

Performances:
venerdì 11 feb. Nicola Ruben Montini
lunedì 14 feb. Igor Muroni
venerdì 18 feb. Dafne Boggeri
lunedì 21 feb. Giovanni Morbin
venerdì 25 feb. Michele Bazzana
lunedì 28 feb. Simone Berti
venerdì 4 mar. Diego Perrone & Christian Frosi
lunedì 7 mar. Italo Zuffi

Le performances si terranno a O’ via Pastrengo 12 , Milano, h. 20.30

Materiali video di: Moira Ricci, Cesare Pietroiusti, Giancarlo Norese, Luigi Negro, Emilio Fantin, Luigi Presicce, Cesare Viel, Nico Vascellari, Orthographe, Invernomuto, Giovanna Ricotta, Patrizio di Massimo, Sissi, Lorenzo Scotto di Luzio, Alessandro Ceresoli, Elisabetta Benassi, Alessandro Sciarroni, Patrick Tuttofuoco, Francesca Grilli, Michael Fliri, Davide Bertocchi, Paola Anziché, Marco Vaglieri, ZimmerFrei, Enzo Umbaca, Marcella Vanzo, Davide Savorani, Filippo Berta.

In alto, sa sinistra:
Dennis Oppenheim, “Parallel Stress”, 1970
Yves Klein, “Antropometrie”, 1960
In basso, da sinistra:
Robert Rauschenberg, “Pelican”, 1963
Gina Pane, Paris, 1973

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