IMOLA (BO) | Museo di San Domenico e BeCube | 19 aprile – 19 luglio 2015
Intervista a MARCO DI GIOVANNI di Ilenia Moschini
Lo scorso aprile hanno inaugurato ad Imola due mostre personali di Marco Di Giovanni, a cura di Maria Katia Tufano e promosse dal Museo di San Domenico e dall’associazione culturale BeCube. Le due mostre, allestite proprio nel museo della città emiliana e da BeCube, illustrano le fasi che hanno caratterizzato la poetica dell’artista; nella mostra Una fine, all’interno degli spazi del museo, sono raccolti i lavori più significativi di Di Giovanni, realizzati nel corso degli ultimi anni, «Una sorta di piccola antologica che sintetizza e rappresenta il mio lavoro e la ricerca che ho sviluppato fin dai miei esordi», racconta l’artista. Mentre BeCube ospita il suo nuovo progetto, L’infinito commestibile, «Un’installazione composta da una scultura, da un video e da tavoli da birreria tappezzati da una serie di disegni a china su carta che raffigurano tutto ciò che ho mangiato e bevuto a partire dal 18 maggio 2014».
Nel corso di questa breve intervista, Marco Di Giovanni, oltre a descriverci più in dettaglio le due mostre, spiega come mai alcuni stilemi ricorrano nelle sue opere e le suggestioni che influiscono sulla sua ricerca artistica…
Tra le tue opere più emblematiche, possiamo ascrivere le strutture in ferro all’interno delle quali sono incastonati gruppi ottici di lenti che restituiscono a chi vi guarda attraverso visioni ribaltate ed effetti quasi tridimensionali e oleografici. Da dove deriva la scelta di questi materiali? Dove vuoi condurre noi osservatori?
La scelta di questi materiali è più che altro casuale, quasi istintiva; forse perché da piccolo abitavo in campagna e mi capitava spesso di vedere tubi, cisterne, cassoni ferrosi… è una questione quasi di approccio fisico al pensiero. Ho iniziato con le tubature dei vecchi acquedotti ed è proprio la forma del tubo che mi affascina di più, poiché ritengo sia quella che meglio sintetizza ciò che vedo e stiamo vivendo; penso a Internet, alle connessioni che instauriamo continuamente, allo stesso YouTube… In un certo senso questi lavori rappresentano un tentativo di andare oltre la superficialità e la velocità di trasmissione delle immagini e delle informazioni che caratterizzano i nostri tempi, ed è proprio per questo motivo che vi inserisco i dispositivi ottici. Essi, infatti, distorcono i canoni della realtà e guardarci attraverso obbliga a una visione più attenta e concentrata perché il cervello ha bisogno di più tempo per mettere a fuoco e delineare ciò che sta vedendo (sia esso un cielo stellato, una porzione di luna o il nostro volto riflesso); sono meccanismi artificiosi che obbligano a chiedersi se quello che si vede è vero oppure no. Inoltre, visto che non amo fare opere autoreferenziali e per “addetti ai lavori”, questi giochi ottici mi permettono di alleggerire e rendere – perché no – divertenti questi lavori che per la loro tipologia potrebbero essere ricondotti al concettualismo degli anni Sessanta e Settanta.
Che cosa influisce maggiormente sul tuo percorso artistico?
Leggo moltissimo e vedo pochissime mostre, a dir la verità! La letteratura è sicuramente ciò che influenza in larga parte ciò che faccio, molto più dell’arte contemporanea. Amo il genere fantastico e la mitologia nordica e leggo con grande piacere e fascino i testi di fisica teorica; anzi, ritengo che quest’ultima sia attualmente l’unico campo di pensiero che riesca a esprimere qualcosa in più e qualcosa di nuovo rispetto alla realtà che viviamo, molto più della filosofia o di altre discipline.
Nella mostra L’infinito commestibile hai raccolto centinaia di disegni che rappresentano tutto ciò che hai ingerito nel corso dell’ultimo anno. Puoi spiegarci più in dettaglio questo progetto?
Dal 18 maggio 2014, giorno del mio compleanno, ho iniziato a disegnare tutto quello che ho mangiato e bevuto e continuerò questa operazione fino al 18 maggio di quest’anno; il risultato sarà una grande quantità (circa 1200) di disegni a china su carta gialla alimentare, per intenderci le tovagliette da trattoria. Ho riempito lo spazio di BeCube con dei tavoli da birreria sui quali ho disposto i disegni, volendo ricreare un po’ l’atmosfera delle sagre di paese.
Tutti i disegni sono realizzati immediatamente, nello stesso tempo in cui mangio o bevo e nella contingenza della situazione, perciò non c’è una fase di rielaborazione successiva così come non ho fatto alcuna selezione dei disegni; ci sono tutti, compresi quelli brutti e venuti un po’ maluccio. Osservandoli nell’insieme, infatti, si può notare anche la ricerca e l’evoluzione del segno e della tecnica; i primi disegni, per esempio, non sono fatti a china ma con dei matitoni neri litografici.
In fondo alla sala è presente un video che raccoglie tutti i disegni (anche se la versione definitiva sarà realizzata a fine maggio), montati in sequenza casuale; l’audio è realizzato da Gianluca Favaron che mi ha registrato durante la masticazione, la deglutizione e mentre il mio stomaco emetteva i primi gorgoglii, elaborando poi a computer questi suoni in una traccia sonora di circa 20 minuti.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Ho inaugurato da poco una mostra all’interno della mia galleria di riferimento in Turchia, a Istanbul, che è una sorta di versione in piccolo di questa doppia personale a Imola; una delle due sale dello spazio espositivo infatti, l’ho riempita a mo’ di horror vacui di tovaglie e centinaia, centinaia di disegni.
Marco Di Giovanni. Una Fine. L’infinito commestibile. Due mostre personali a Imola
a cura di Maria Katia Tufano
Catalogo con testo di Cristiana Curti
Una fine
Museo di San Domenico
19 aprile – 19 luglio 2015
Orari: da martedì venerdì 09.00 – 13.00, sabato 15.00 – 19.00
domenica 10.00 – 13.00 | 15.00 – 19.00
Info: musei@comune.imola.bo.it
museiciviciimola.it
L’infinito commestibile
BeCube
19 aprile – 21 giugno 2015
Orari: da lunedì a venerdì e la domenica mattina su appuntamento
sabato e domenica pomeriggio 15.00 – 19.00
Info: +39 333 6492298
becube.social@gmail.it