#SPECIALEMUSEI* | Il Museo. Tra partecipazione attiva e nuove narrazioni
Abbiamo voluto incontrare alcuni direttori (taluni freschi di nomina) e conservatori di alcuni dei Musei italiani di maggior spicco proprio per avere una testimonianza diretta di chi li gestisce e rappresenta all’interno della comunità. Attraverso le loro parole si evidenzia il ruolo “civico” del museo che è e deve essere oggi, ancor di più, un luogo di incontro e di partecipazione, sempre più attiva e consapevole.
La sostenibilità, l’essere legante e mezzo di mantenimento di quei legami umani fondamentali che, però, la società attuale ha lentamente iniziato a disgregare, accentuare la missione di unicità che ogni realtà ha, diventare portatore di un messaggio inclusivo e partecipativo, sono i principi generalmente condivisi ed evidenziati da tutti i direttori che, in prima linea, hanno sentito il potere aggregante e sempre innovativo che identifica il proprio museo.
Il programma dei musei del prossimo futuro incentra la propria ripartenza sulla rilettura in chiave storica delle collezioni per provare a rendere vivi “nuovi immaginari”, per condurre a “nuove narrazioni” senza tralasciare l’importanza di “colmare il vuoto di quelle mancanti”. In questo senso, ad esempio, ridare voce all’universo ampio delle donne artiste, alla responsabilità di quelle ricerche che parlano e mettono in luce la complessità della nostra contemporaneità offrendo importanti spunti di riflessione per il pubblico.
L’umanità con la pandemia ha percepito ancor più la dimensione della propria globalità vulnerabile e fragile e questo è un decisivo passaggio per riallacciare legami con culture lontane e diverse, per avvicinarsi con spirito nuovo, svincolato da logiche meramente economiche, e osservare anche il mondo “culturale” secondo un’ottica non esclusivamente frutto di vecchie supremazie e generalizzazioni europeocentriche.
In base a questi principi lo spaccato che offriamo rileva che, abbandonate ormai vecchie strategie, la nuova identità del museo in seno alla contemporaneità è di essere non solo luogo ma anche strumento di integrazione, di relazione tra le diverse comunità che formano la collettività degli uomini che vivono su un solo pianeta condiviso.
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Intervista a LORENZO BALBI di Matteo Galbiati
Come hai visto cambiare il MAMbo in questi anni? Quali sono le sfide maggiori che attendono questa istituzione?
In questi anni il MAMbo ha lavorato per stabilizzare la propria identità, il proprio ruolo e il proprio posizionamento come museo pubblico, civico, espressione di uno specifico territorio e punto di riferimento per una comunità; attento a captare le più interessanti urgenze e necessità della contemporaneità, portando a Bologna artisti e visioni da tutto il mondo, ma pronto a valorizzare le eccellenze e le storie più valide del proprio contesto geografico.
Le sfide maggiori che ci attendono si giocano sulle azioni relative a quattro emergenze fondamentali: 1) azzeramento delle disparità di genere con politiche e iniziative mirate; 2) ulteriori digitalizzazioni e smaterializzazioni, progettazioni multimediali dedicate al pubblico e strumenti tecnologici destinati agli artisti oltre a progettazioni sul metaverso; 3) politiche decoloniali e di sensibilizzazione sulla necessità di abbattimento delle disparità etniche su collezioni, esposizioni e atteggiamenti; 4) azioni volte alla sostenibilità ecologica, all’azzeramento delle emissioni dei musei e salvaguardia degli impatti ambientali.
Hai spesso paragonato il lavoro del direttore di un museo contemporaneo a quello di un regista o un direttore d’orchestra: per te deve essere un collettore di una pluralità di stimoli, voci, esperienze, dibattiti… In che modo hai seguito questo pensiero al MAMbo? Come si riflette sulla programmazione?
Ho sempre pensato al lavoro del direttore di museo come a quello di un mediatore: un professionista capace di mediare tra gli artisti, le opere, gli spazi, la comunità, il pubblico e di proporre dei contenuti che possano essere adeguati e soddisfacenti per tutti. Il lavoro all’interno di un’istituzione è anche quello di valorizzare i collaboratori e metterli nelle condizioni di esprimersi e lavorare al meglio, riuscire a portare nei propri spazi voci e stimoli dall’esterno, mantenere una propria linea coerente e rispettosa della storia e dell’identità del museo ma insieme aprire le porte alle esperienze più interessanti che vengono proposte da fuori. Credo che l’attività della project room del MAMbo si sia distinta in questi anni proprio per questa polifonia di voci, così come il gran numero di eventi, festival, convegni, dibattiti, che trovano nel museo un luogo sempre attivo e partecipe.
Il concetto di museo come luogo aggregatore è per te, come per altri direttori, una sfida che il museo d’arte contemporanea deve necessariamente avere come presupposto fondamentale delle sue attività. Come lo si può ottenere con mostre che spesso il pubblico percepisce con una certa diffidenza? Si sente ancora un certo pregiudizio?
Il contesto di crisi sanitaria in cui ci siamo trovati a operare ha ulteriormente richiesto un radicale ripensamento delle funzioni e responsabilità del museo d’arte contemporanea, dimostrando la necessità di pensare lo spazio istituzionale non solo come un contenitore di mostre temporanee e custode di patrimoni artistici, ma attivatore di relazioni, epicentro per produzioni culturali disparate. Come MAMbo, abbiamo sperimentato questa visione grazie al Nuovo Forno del Pane, la residenza di circa otto mesi ideata durante il periodo pandemico, in cui le sale espositive sono diventate studi per artiste e artisti della città di Bologna, trasformando il museo in un centro produttivo e luogo di autoformazione. Una visione sul museo che cerchiamo di tenere attiva anche grazie a un programma di conferenze e attività collaterali pensate per incentivare il dibattito critico e contribuire come istituzione alla formazione del nostro pubblico.
Continuerai a seguire il desiderio di esplorare gli artisti della nostra generazione e delle nuove proposte ancor più giovani? Vuoi che il MAMbo di domani rimanga ancora il luogo della “prima frontiera dell’arte”?
La storia del MAMbo è indissolubilmente legata alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna, Istituzione che ha dato le origini all’attuale museo e sulla quale poggiano le basi della ricerca, del progetto e del dibattito culturale tuttora in evoluzione. Fin dalla sua nascita, nel 1975, la GAM si è distinta per un’apertura verso i linguaggi artistici più innovativi. Basti pensare alle Settimane Internazionali della Performance che si tennero tra il 1977 e il 1982, accogliendo alcune tra le scene artistiche più radicali del tempo. Valorizzazione delle sperimentazioni nelle arti visive e performative da una parte, ma uno sguardo attento verso educazione e didattica dell’arte: il MAMbo è tra i primi musei in Italia a dotarsi di un Dipartimento Educativo, affrontando sfide nella formazione per la scuola e il pubblico generico. Anche la collezione permanente permette di definire la missione del museo: una raccolta di opere prevalentemente italiane che ci suggeriscono di continuare un lavoro di ricerca e valorizzazione sulle nuove generazioni, da sempre al centro della mia direzione artistica. Questi sono alcuni dei pilastri che sostengono il nostro museo e su cui intendo continuare a lavorare per una sua crescita futura.
Lorenzo Balbi è direttore del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna dal 2017, data in cui ha assunto il ruolo di Responsabile dell’Area Arte Moderna e Contemporanea dell’Istituzione Bologna Musei, alla quale afferiscono, oltre al MAMbo, Villa delle Rose, Museo Morandi, Casa Morandi, Museo per la Memoria di Ustica e Residenza per artisti Sandra Natali. Dal 2018 ha assunto la direzione artistica di ART CITY Bologna. È docente di Sistemi dell’Arte presso il DAMS dell’Università di Bologna, membro del consiglio direttivo di AMACI – Associazione dei Musei d’Arte Contemporanea Italiani e fa parte del coordinamento del Forum dell’Arte Contemporanea Italiana.
*Intervista tratta da Espoarte #117
Calendario:
20 gennaio – 15 maggio 2022
MAMbo, Sala delle Ciminiere
Italo Zuffi. Fronte e retro
a cura di Lorenzo Balbi e Davide Ferri
30 aprile – 4 ottobre 2022
MAMbo, Project Room
NO, NEON, NO CRY
a cura di Gino Gianuizzi
22 giugno – 9 ottobre 2022
MAMbo, Sala delle Ciminiere
Sean Scully. A Wound in a Dance with Love
a cura di Lorenzo Balbi