MESTRE (VE) | M9
Intervista a MARCO BISCIONE di Francesco Fabris
Attivo dalla fine del 2018 a Mestre, M9 è un polo culturale di nuova concezione nonché un’ambiziosa operazione di rigenerazione urbana e sostenibilità assolutamente innovativa per la terraferma veneziana.
A sei mesi dall’apertura del più moderno museo multimediale del ‘900 italiano, che mette la tecnologia al servizio della cultura per studiare il passato, comprendere il presente ed immaginare il futuro, abbiamo raccolto i primi bilanci e le legittime aspirazioni dalla voce del Direttore dott. Marco Biscione.
Quale è stato l’ostacolo concettuale più difficile e quale la sfida che ha dato maggior soddisfazione nel portare il Museo M9 a Mestre?
Sono arrivato alla fine del 2018, a progetto concluso e realizzato. Posso dunque rispondere in parte, ma ritengo che aver investito 120 milioni di euro sia stata una scelta coraggiosa e lungimirante fatta con l’ambiziosa finalità di generare ricadute per lo sviluppo della collettività.
Quali sono i tratti salienti del museo, quale la sua linea scientifica e la sua unicità?
M9 è il museo più innovativo in Italia ed uno tra i più innovativi in Europa e lo è per il progetto complessivo. Ossia, non solo perché è la prima volta che lo è un museo, ma anche perché è un museo multimediale e l’unico messo al servizio della narrazione sugli italiani del ‘900.
Il museo è e sarà sempre in continua evoluzione proprio perché tecnologico e multimediale, data la veloce obsolescenza dei mezzi. Ma lo sarà anche perché il tema del ‘900 non si esaurisce certo in 8 sezioni ma è destinato ad essere ampliato. M9 servirà poi a conoscere il passato per capire il presente ed immaginare il futuro, che nel concreto non esiste al di fuori del suo sogno e della sua immaginazione.
Come sarà il rapporto con Venezia e le sue istituzioni?
Di certo non sarà un rapporto di antagonismo ma piuttosto di vicinanza con le istituzioni di una città di immensa tradizione. Non punteremo certo né alla competizione né ad insegnare nulla, ma ci prefiggiamo lo scopo di risultare un valore aggiunto.
In questi mesi di operatività, che segnali ha fornito la città?
La città ha manifestato curiosità con grande presenza di mestrini che hanno risposto con entusiasmo ad iniziative, conferenze, proiezioni, dibattiti ed incontri. Ci attendiamo però di far conoscere il Museo non solo ai cittadini ma anche ai residenti in altre città ed agli stranieri.
Ci sono stati dei modelli di ispirazione nella concezione del Museo?
Un modello di ispirazione specifico ed unico non c’è stato. Ci sono stati più modelli tratti da istituzioni che hanno puntato alla riqualificazione delle città, tipo Bilbao o Liverpool, dove gli investimenti in cultura hanno contribuito alla rinascita dei centri. Molti, peraltro, sono stati i musei analizzati per osservarne le tecnologie.
Il museo ha intenzione di dialogare con la realtà imprenditoriale di una città ex industriale?
Ritengo che questo dialogo sia fondamentale dal momento che non ho mai inteso i musei come strutture avulse dal contesto. M9, in particolare, ha scelto di offrire spazi per attività aziendali che possono rappresentare un valore aggiunto inestimabile – perché non ancora quantificabile – che possiamo garantire alle aziende che ci avvicineranno.
L’ho sentita parlare in più occasioni di museo come occasione di rigenerazione urbana e di museo sostenibile, ci dice di più?
I musei possono puntare alla riqualificazione urbana proprio perché migliorano la qualità della vita, che è il primo segno di crescita sociale ed economica. La presenza di un museo, poi, genera un indotto in primo luogo nel settore del turismo nazionale ed internazionale.
Ritiene che il distretto culturale possa essere ampliato anche grazie ad iniziative private che possono essere stimolate dalla presenza di M9?
Credo proprio di sì. Intorno al museo, e negli spazi di questo, hanno già trovato posto gallerie e librerie, così come nella vicina Corte Legrenzi dove si è sviluppata in maniera indipendente una attività culturale. Rimane poi il riferimento del Centro Candiani che, anch’esso qui vicino, induce a lavorare su una idea di distretto diffuso.
È prevista un’apertura all’arte contemporanea?
L’arte contemporanea non è assolutamente esclusa, ma le attività di M9 sono rivolte a tutti i linguaggi del ‘900 e della contemporaneità in genere. La prossima mostra sarà sul tatuaggio e, tra le tante forme di linguaggio, parlerà anche di artisti che lo hanno usato come medium, tipo Wim Delvoye e Fabio Viale.
Sono previste attività “sperimentali” nel rapporto museo/pubblico?
Il museo di per sé è una grande attività sperimentale, che fa cambiare il rapporto museo/spettatore. M9 non prevede una visita passiva perché senza l’interazione dei visitatori non esisterebbe il Museo come è stato concepito.
Quanto sono importanti gli incontri di studio, dialogo e dibattito che ruotano attorno all’auditorium? Quanto un museo senza oggetti deve nutrirsi degli incontri e degli scambi interpersonali?
Ritengo che tutti i musei, come centri di creazione culturale, debbano fare cose nuove. Va superata la vecchia concezione del museo come esposizione. Per noi è normale organizzare incontri ed approfondimenti in varie modalità. La intendiamo peraltro come la maniera più diretta per far tornare il nostro pubblico.
Cosa ha portato a Mestre delle sue esperienze passate?
Fatico a rispondere perché non so se sono io a portare qualcosa a Mestre, dato che ho molto da imparare da questo tipo di museo. Posso solo dire che dal 1980, ossia da quando lavoro come curatore, ho sempre visto i musei non come contenitori ma come motori culturali a servizio della collettività.
MUSEO M9
via Pascoli 11, Venezia Mestre
Mostra in corso:
L’Italia dei fotografi. 24 storie d’autore
22 dicembre 2018 – 16 giugno 2019
Info: www.m9digital.it