SALERNO | MUSEO DELLA CERAMICA ALFONSO TAFURI | FINO AL 30 NOVEMBRE 2023
di ANTONELLO TOLVE
Nato come parte del premio Arteam Cup (sezione fotografia) che prevedeva una esposizione personale, una produzione fotografica realizzata presso lo Studio Berné di Legnano e una prossima monografia per i tipi di Vanillaedizioni, il nuovo progetto espositivo di Narda Zapata (La Paz, 1981) organizzato nei prestigiosi spazi del Museo Alfonso Tafuri di Salerno dalla Fondazione Menna e dal Tomav Experience e a cura di Stefania Zuliani, ci porta in un mondo magico dove visibile e invisibile si rincorrono per dar luogo a una preziosa Gesamtkunstwerk, a un’opera d’arte totale appunto.
Capace di dialogare con lo spazio, con le tradizioni popolari e con l’antropologia dei luoghi, con oggetti o anche con atmosfere complesse, Zapata presenta in questa nuova occasione una serie di lavori che non solo richiamano alla memoria alcuni elementi della cosmovisione andina a cui l’artista fa spesso riferimento, ma anche uno scenario legato a Salerno, in particolare alla Costiera Amalfitana e alla sua storia gloriosa.
In Vicolo Cassavecchia, dove risiede il museo (nel cuore del centro storico), ad accogliere lo spettatore è un elegante intervento urbano: due manifesti speculari che riproducono una preziosa mattonella violacea, la cui geometria sembra ridisegnare la piazzetta per trasformarla in opera integrale. Varcata la soglia del museo si avvertono interventi minimi ma preziosi, modulati dall’artista con eleganza, scioltezza, delicatezza: «fin da quando per la prima volta ho visto lo spazio, uno spazio pieno di forme e colori che avvolge lo sguardo a 360 gradi, ho avuto come l’impressione di essere avvolta da una manualità sorprendente e da forme del passato nettamente innovative», suggerisce l’artista. «La ceramica (con cui ho lavorato già in Bolivia) è uno dei materiali più resistenti ma allo stesso tempo gli oggetti fatti di questo materiale poroso e malleabile possono diventare fragili, specialmente se sono destinati a un uso utilitario, domestico, giornaliero».
Ricuciti tra una lastra di plexiglas e una serie di altre lastre – una leggermente ovale, due circolari – tagliate al laser, sei fotografie scattate dall’artista a alcuni frammenti di piatti riprodotti su carta di Amalfi, sono cunzate con un dolcissimo filo di stagno, quasi a riprendere da una parte l’antica tecnica della conzatura, dall’altra il lavoro – altrettanto antico e ormai del tutto andato in disuso – dello stagnaro. Questi tre lavori a parete, assieme a un plexiglas (anche questo in parte cunzato) arioso e trasparente dalla forma quadrangolare, si chiamano Maria, Karin, Anna, Agnese: sono i quattro nomi femminili del film scritto e diretto da Ingmar Bergman (Viskningar och rop) nel 1972, da cui è tratto il titolo della mostra, Sussurri e Grida.
Accanto a questi elegantissimi interventi, c’è, in mostra, una calibrata e attenta disseminazione di clientes (piccole statuine che in Bolivia sono d’auspicio per negozi e botteghe: «nel mio paese si chiamano Clientes e vengono inseriti nella Mesa andina come auspicio per avere tanti clienti») che l’artista ha collocato in vetrine, sopra mattonelle, per terra o anche su un tavolo, quasi a creare uno scenario fatto di spettatori bianchi e silenziosi (il titolo di questo lavoro è Gli osservatori) che invitano il pubblico a non distrarsi ma, anzi, a vivere una sorta di cortocircuito costruttivo, un viaggio alla scoperta di oggetti, di forme, di piccole meraviglie.
Due tracce sonore, installate rispettivamente al primo e al secondo piano del museo sono, di questo progetto speciale organizzato da Narda Zapata, momenti di piacevole sussulto, trasalimento, sospensione, fremito. Le grida della ceramica, al piano superiore, è la registrazione di piatti che cadono e si frantumano (a tratti si sentono anche dei passi sui cocci). Il secondo lavoro sonoro, al piano inferiore del museo è La voce della ceramica: ovvero il crepitio che si sente quando si apre un forno e la terracotta – come pure gli smalti – sembra emettere un brusio, scricchiolare.
«Narda Zapata, da sempre attenta nella sua ricerca senza improvvisazione a interrogare in prima persona i processi di trasformazione della natura e delle società, nell’incontro con la collezione di ceramiche di Alfonso Tafuri ha confermato quanto sia per lei importante comprendere e acquisire nella sua opera quello che per Henry Focillon era il sapere della mano», suggerisce Stefania Zuliani nel suo testo introduttivo alla mostra. «Un sapere tradizionale e, proprio per questo, errante e creolo perché, lo ha chiarito François Julien, l’identità culturale come unità intransitiva e immobile non esiste, non è mai esistita. Nell’antichità come nel presente le tradizioni insieme ai popoli sono, sempre, in viaggio, si muovono lungo i fiumi, attraversano i mari e gli oceani, percorrono i continenti intrecciando le culture in trame invisibili, disegnando percorsi che sono canti da condividere come accadeva nell’Australia degli aborigeni raccontata da Bruce Chatwin, scrittore aux semelles du vent».
Narda Zapata. Sussurri e Grida
a cura di Stefania Zuliani
22 settembre – 30 novembre 2023
Museo della Ceramica Alfonso Tafuri
Vicolo Cassavecchia 3, Salerno
Orari di apertura: martedì e giovedì (ore 10-12:30), o su appuntamento
Info: +39 089 227782