MILANO | PAC | Fino al 19 settembre 2021
di JESSICA BIANCHERA
Prorogata fino al 19 settembre e in attesa di riaprire i battenti alla riapertura dei musei, Luisa Lambri AUTORITRATTO al PAC di Milano è la prima ampia personale in Italia dedicata all’artista.
La mostra, co-curata da Diego Sileo e Douglas Fogle, mutua il titolo da una famosa pubblicazione di Carla Lonzi che, prima di lasciare la professione per dedicarsi alla militanza femminista, raccoglie quattordici interviste di altrettanti artisti dell’avanguardia Anni ’60 da lei selezionati in una narrazione intima, personale e introspettiva, che per queste caratteristiche si riverbera nei cicli fotografici della Lambri, da sempre interessata a costruire letture personali e intime dei soggetti scelti per i suoi lavori in un sottile dialogo tra l’osservatore, l’opera d’arte e lo spazio che li ospita.
Nei suoi scatti, organizzati sempre per cicli ai quali lavora per anni, si concentra soprattutto sull’architettura ricercando in essa i segni di una condizione umana che si definisce principalmente nel rapporto con lo spazio. La fotografia è per lei uno strumento di indagine e di lettura attraverso il quale trasformare i concetti sociali di spazio, luogo e genere in evidenze relazionali attraverso uno sguardo decostruente che privilegia il dettaglio, il frammento (soprattutto finestre, armadi o porte, spesso luce), alla visione di insieme. Procedendo secondo l’etimologia stessa della parola “astrazione” (dal latino abstrahere “tirar fuori, trarre fuori”), Lambri isola elementi singoli degli spazi oggetto della sua investigazione per una restituzione poetica ed emozionale più che documentativa, che però non si arresta alla piacevolezza della visione, per imbastire invece una riflessione su una serie di ambiti di ricerca che le sono particolarmente cari, come la politica della rappresentazione, l’architettura, la storia della fotografia astratta, il modernismo, il femminismo, l’identità e la memoria.
Come lei stessa ha dichiarato, “le sue astrazioni altamente poetiche non rappresentano gli effettivi spazi fisici che sta fotografando, ma piuttosto introducono l’esperienza di essere negli spazi ed essere definiti e riflessi dal peso sia fisico che ideologico delle strutture”. Così, se da un lato sono evidenti i riferimenti dell’artista all’Astrattismo storico dell’inizio del XX secolo (con particolare attenzione per quei maestri, come Piet Mondrian, che imboccano la via dell’astrazione geometrica) condividendo con essi quella ricerca di spiritualità e trascendenza che sta alla base della purificazione da ogni contingenza, dall’altro riconosciamo nel suo lavoro anche l’impronta di numi tutelari come Tina Modotti, Cindy Sherman o Francesca Woodman, che hanno fatto della fotografia uno strumento di indagine sociale, denuncia politica, militanza femminista, permettendo di collocare il suo lavoro ben oltre l’astrazione fotografica e l’esplorazione spaziale dell’architettura.
Il PAC presenta un’ampia selezione di lavori, alcuni mai presentati prima in Italia e realizzati tra il 1999 e 2017, sottolineano la tendenza di Luisa Lambri a lavorare in serie ma anche la sua abitudine a disegnare progetti site specific, che instaurino con l’ambiente espositivo un rapporto inedito e intimo.
Al Padiglione milanese l’attenzione è puntata sulla relazione tra le opere di Lambri e l’architettura di Ignazio Gardella, in un gioco di continui richiami e allusioni che si attesta principalmente sul linearismo geometrizzante, la distribuzione ad alveare degli spazi e l’inedito legame tra il dentro e il fuori grazie all’ampia vetrata sul giardino al piano terra che rende unica questa architettura museale.
Qui il dialogo è triplo: a una visione di insieme si coglie non solo il dialogo tra la natura reale (oltre la vetrata) e gli scatti al primo piano (rari esempi di soggetto organico che si ribellano alla netta prevalenza di architetture nell’opera della Lambri), ma anche il particolare allestimento della serie Untitled (Sheats-Goldstein House), 2007, mutuato da Lina Bo Bardi e dal suo progetto per il Museo di Arte Moderna di San Paolo del Brasile (MASP). Le dieci fotografie selezionate, infatti, sono esposte sui cavalletti realizzati da Bardi per il museo brasiliano, qui riprodotti in collaborazione con l’Instituto Bardi di San Paolo. Accedendo al parterre del PAC, di questi scatti vediamo solo il retro: mute presenze che ci volgono le spalle – intente come sono ad osservare il mondo fuori dal museo – e che ci invitano a percorrerne gli spazi, ad assumere nuovi punti di vista, a creare nuove relazioni con lo sguardo.
Le fotografie di Luisa Lambri si configurano così come una vera estensione dello spazio, riuscendo a coinvolgere il visitatore in un’esperienza di riscoperta e rilettura dell’architettura di Gardella, oltre che in un percorso antologico su alcune delle migliori esplorazioni fotografiche della carriera dell’artista, restituendone tutta la poesia e l’intimità, l’attesa, i silenzi, la sospensione del pensiero, il potere trascendente delle immagini.
Luisa Lambri. AUTORITRATTO
a cura di Diego Sileo e Douglas Fogle
PAC Padiglione Arte Contemporanea
16 febbraio – 19 settembre 2021
via Palestro 14, Milano
info@pacmilano.it
Info: +39 02 884 46359
www.pacmilano.it