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Lorenza Boisi ha personalmente scelto Night Vision come titolo della mostra ospitata da Metroquadro e curata da Marta Casati. L’esposizione, che raccoglie più di quindici opere olio su tela, realizzate in anni diversi, non segue una selezione specifica, né nasce a seguito di un progetto iniziale dalla natura programmatica.
Il suo principio costituente è piuttosto da ricercare nella sensazione di quando si è del tutto immersi nell’oscurità, privati da una nitida luce con la funzione di linea guida, costretti ad operare gli occhi della mente e di una percezione sensoriale non dalla sola natura fisica-visiva. Riportiamo in anteprima uno stralcio dell’intervista/ dialogo tra Marta Casati e Lorenza Boisi che potrete trovare integrale nel catalogo in mostra…

Marta Casati: Innanzitutto sono curiosa di sapere il perché del titolo che personalmente hai scelto per questa mostra: Night Vision.
Lorenza Boisi: Night Vision… la “visione notturna”… un’espressione poetica che è portatrice di senso sia fisiologico che tecnologico… per me un riferimento importante e concettualmente denso per stratificazione di significato e senso, per riferimenti culturali e personalissimi, per un modo di concepire e di conoscere il reale, esplorando dimensioni altre dall’esperienza ordinaria attivando sensi e sensibilità quiescenti.
La prima volta che mi imbattei in questa espressione avevo circa 14 difficoltosi anni, come per tutti, il titolo di una canzone amata (Night Vision, Susanne Vega, Solitude Standing 1987) dal testo ermetico ma suggestivo…
Un contenuto che si dischiuse, come per caso o per predestinazione, solo molti anni dopo, il referente della vicenda del Kind von Europa*, la sua straordinaria, triste, meravigliosa, breve esistenza; la sua potenzialità altra, i suoi sensi e la sua “naturalità” selvatica nel vedere il mondo, vicino agli artisti brut, ma ancora più alieno e misterioso. Con il suo cavallino di legno e l’abilità di vedere nel buio, che si trasduce poi in capacità di guardare “dentro”, di vedere oltre i fatti ovviamente assunti, per leggere profondamente la vera essenza compiuta dell’esperienza umana.
Night Vision è pure la definizione tecnica che denomina ogni implemento ottico alla scarsa abilità dell’essere umano a distinguere nel buio… a discernere pure il bene dal male.
In assenza del bellissimo Tapetum Lucidum, l’essere umano è debilitato, impotente.
Spegnete la luce, sarete sprofondati nell’incertezza, muovendovi a tastoni, affidati a quattro sensi scarsamente sviluppati… forse presi da un’ansia ancestrale e presentissima.
Night Vision, è nel mio mondo, una facoltà di guardare nel buio fisico e in quello della coscienza, nel rimosso e nel perturbante.
La selezione delle opere in mostra non segue un impianto organico in nuce, non deriva da un progetto iniziale strutturato e programmatico. E’ un ensemble orchestrato di emersioni dal buio, in senso stringente ed ampliato. Come fotografie cieche, ma “veggenti” come fantasmi sprovveduti, colti nel loro muoversi silenziosi…
Io “vedo” nel buio… vi lascio guardare con me.


Lorenza Boisi, “Senza titolo”, olio su tela. Da sinistra, cm 80×80, 30×40, 100×120

La tua pittura ha un tessuto materico coeso che poggia solido su una struttura architettonica sicura e ben articolata. Nello stesso tempo la narrazione fluisce liquida e sicura del suo andamento. Tale risultato è dato da un procedere calcolatore che stabilisci a priori, programmandoti di volta in volta i passaggi che dovrai apportare sulla tela, o piuttosto è frutto di un andamento dai tratti liberatori, istintivi, privi di un’analitica programmazione?
Ti rispondo richiamando una tua felice espressione, vivo la pittura come “esperienza”.
Nel mio lavoro non mi impegno a calibrare un sistema protocollare, un piano regolatore generale; ogni lavoro è in sé esperita esperienza. In un certo modo, il mio sistema, se questo esiste, sta nel piacere, nel piacere anche vessatorio ricercato nel ripetersi di un’esperienza. In questo “bisogno espletato” si ritrova un metodo, inscritto nelle sue stesse qualità tangibili ed estetiche.
Negli anni d’atelier, la dinamica della “ricerca del piacere” si è resa meno incerta, con la famigliarità e la pratica, questo iniziale vibrato cinestetico/sinestetico si è progressivamente chiarito strutturando, seppur fisiologicamente, il proprio andamento e la propria ritmica.
Ho imparato a trovare referenti comuni per esprimere il mio sentire di Studio. Credo che la vitalità, il coinvolgimento, il senso di egoistica intimità, ma pure, il tedio e l’inibizione dell’esperienza onanistica (e non del travaglio) siano in sé buoni significanti esterni che possano rendere efficacemente noti il divenire e la con-formazione di un lavoro artistico.

Nei tuoi dipinti ci sono soggetti che ricorrono spesso, più volte tornano ad animare le tele – basta ricordare i paesaggi innevati con i rami secchi, i nastri colorati, le folte chiome castane solo per citarne qualcuno. Che legame s’intrattiene tra loro (con quale significante/significato?) E come le tue immagini si avvicinano all’astrazione, come ne sono gestite?
La mia pittura ha conosciuto la definizione fluida di un abbecedario di segni spontanei, potremmo dire un’interna economia linguistica.
Il gesto pittorico, dapprima incredulo della sua stessa volontarietà, si sedimenta  per reiterazione, diventando estensione delle intenzioni del pittore in una progressiva esclusione no-frills che sintetizzi, al suo limite, tutta la sensibilità esplosiva dell’ artista espressionista quale io sono.
A sua volta, il gesto, si determina in segno, facendosi costruttore di simboli/soggetti che nel mio lavoro ed egualmente, in quello di molti artisti, è un paradigma complesso, organico, talvolta organizzato, spesso subito. Ho costruito quasi inconsciamente un universo di luoghi e personaggi, un universo di accadimenti e di stasi. Questo “spazio” sta’ virando verso la propria astrazione, la propria decostruzione formale, tendendo, sempre più intenzionato, verso un’espansione astratta
Nell’onesta quotidianità artistica, la teoria e la pratica dei vasi comunicanti è una realtà fattuale.
Se non siamo Tutto… possiamo essere Tanto. Tanto tutto insieme e contestualmente. Per questa ragione ci imponiamo delle scelte selettive e spesso si procede per esclusione. Io, come nella vita, ho smesso di resistere al divenire. Nella mia pittura, quadro dopo quadro, dopo quadro… dopo quadro conosco e accetto un riversamento di contenuti e di incidenze plastiche che “concuociono” per poi dissociarsi nuovamente, fino alla condensazione di specificità e categorie.
Ho imparato ad apprezzare l’incidente, la lacuna e la perdita di controllo. Questi fantasmi del formalista, sono certamente i migliori amici e i maggiori elementi di tentazione per l’artista, essi traslano la priorità, dal soggetto, all’astrazione, al media come  proprio oggetto.

[…]

Qual’è il “maggiore e più grave” fraintendimento che più spesso la tua pittura deve subire? Hai la possibilità di spiegarlo, definirlo, dargli un nome nonché fare chiarezza.
La pittura è vittima incapace di un terribile fraintendimento culturale.
In Italia, ho trovato una diffidenza, una sufficienza, un disprezzo e un’incomprensione verso la pittura, sconosciuti in ogni altra parte del mondo… Per ragioni di storia recente e di un impraticabile penchant alla pedante omologazione, la critica e la curatela italiane hanno evacuato un media nella sua interezza… la pigrizia e l’insicurezza degli operatori artistici italiani non ha mai smesso di penalizzare la pratica della pittura e i suoi interpreti, perpetrando uno sfinimento progressivo delle sue ragioni di esistenza in vita; tanto da aver compresso gli artisti pittori sopravvissuti dentro a cubicoli angusti o a classificazioni abusive e traviate.
Ma un pittore, un vero artista pittore, non può far altro che essere un pittore artista. La mascheratura, non regge e se imposta da interessi altrui, le sue ragioni suonano fesse anche se proclamante e sostenute da parole…parole…parole.
E allora …che fare? Aspettare… senza morire… se possibile… la pittura vive…

[…]

La mostra in breve:
Lorenza Boisi. Night vision
a cura di Marta Casati
metroquadro
Via Capra 2/E, Rivoli (TO)
Info: Mirco Vesco +39 335 6227347 – Marco Sassone +39 328 4820897
28 gennaio – 25 febbraio 2010
Inaugurazione giovedì 28 gennaio 2010 ore 18.30

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