MARSALA | EX CONVENTO DEL CARMINE | 1 luglio – 15 ottobre 2023
di IRENE BIOLCHINI
Una mostra antologica è sempre prova e misura di tanti anni di lavoro, in un bilancio che rimette in gioco pratiche di lunga durata, coerenza della ricerca, continuità e discontinuità formali. Questo è il caso della mostra personale Resta, Esisti, Resisti/Stay, Exist, Resist al Convento del Carmine di Marsala, inaugurata lo scorso 1 luglio e che rimarrà aperta per tutto il corso dell’estate (chiusura prevista per il 15 ottobre 2023). A curare la mostra (e il prezioso volume che la accompagna) è Sergio Troisi che introduce il lavoro di Loredana Longo grazie a una lettura fenomenologica trasversale, illuminando gli elementi di continuità di una ricerca ventennale.
È Troisi a mettere in luce il valore dell’impronta, da intendersi sia come traccia corporale, sia come segno. Nel preziosissimo testo è infatti Troisi a scrivere: «A dispetto della sua apparente dimensione primitiva, la strategia operativa dell’impronta ha rivestito una importanza non residuale nell’arte contemporanea da Duchamp a George Segal a Louise Bourgeois, introducendo nella somiglianza diretta tra l’opera e la matrice uno iato, una deriva perturbante. Nel lavoro ormai più che ventennale di Loredana Longo, questo processo ritorna più volte, con materiali, tecniche ed esiti tra loro anche molto differenti che condividono quello che è l’orizzonte di ricerca dell’artista catanese: un territorio di tensioni in cui nessuna componente riveste un significato univoco, una drammaturgia del conflitto che dalle prove di esordio maggiormente legate a un dato individuale si è andata progressivamente allargando a comprendere i grandi temi politici e sociali del nostro tempo, eviscerandone drammi e contraddizioni con un registro formale e linguistico che stringe in un solo percorso video, performance, fotografia, oggetti d’uso quotidiano, investendoli di una dirompente eversione semantica». (Kalòs Edizioni, pp.11-12).
La visione critica di Troisi, e la sua efficace lettura del lavoro di Loredana Longo mediante il filo conduttore dell’orma, sono rese plasticamente in un allestimento che traspone la dimensione dialogica in chiave tridimensionale. Nello spazio si spiegano i principali cicli dell’ultimo ventennio dell’artista, organizzati appunto per nuclei. In questo modo il progressivo dispiegarsi dal privato al pubblico, e ritorno, guida anche il percorso espositivo di visita. Ad accogliere lo spettatore Sulla loro pelle, potente installazione animata dalla performance di apertura in cui tre ragazze, paralizzate in blocchi di cemento, resistevano immobili e quasi mimetiche all’interno della grande installazione che rimarrà al centro del chiostro nel corso dei mesi estivi. Le gigantesche reti richiamano ad altre catture e ad altre fini in una cromia in cui il rosa della carne si unisce al cemento; siamo davanti ad una paralisi che diventa monumento alla violenza delle nostre mancate azioni, alla pratica sempre più quotidiana del non agire, come se le morti nel Mediterraneo non fossero arrestabili, come se non ci fosse modo di soccorrere quelle e altre vite, come se non conoscessimo altra via a quella già dataci. Ed è la ripetizione, l’ossessione, l’impossibilità a non uscire dal proprio pattern di errori a guidare anche la produzione post-pandemica dell’artista che in GUARDRAIL (2022) e Capitonné Skin Wall (2020) ci ricorda il legame che corre tra il guscio e la gabbia, tra l’involucro della propria pelle e la violenza delle costrizioni alle quali siamo quotidianamente sottoposti. C’è in questo un ritmo naturale che ci riporta agli ambienti privati e borghesi fatti detonare nella serie EXPLOSION, ma anche alla dimensione domestica suggerita dai CARPETS, tappeti orientali su cui l’artista brucia le frasi del conflitto.
Ecco allora che in un nucleo concettuale coerente, e sempre piegato attorno al tema della violenza e delle costrizioni silenziose, si impostano le installazioni di VICTORY (in cemento, vetro e arazzo), un grido in cui la violenza rivela il lato duplice della vittoria: la sconfitta. Così la recente installazione Nessuno vincerà, ma tutti ci feriremo (2023) è l’ultimo approdo di una ricerca attorno alla violenza e alla fragilità del vetro, qualcosa che si dipana nella potente installazione Glass Cage (2021).
Molto si è detto della potenza esplosiva, della bruciatura e della forza del lavoro di Loredana Longo, molto resta ancora da sondare sulla fragilità delle sue opere, sopravvissute alla violenza che hanno subito. Questo è il caso dei cocci di bottiglia, dei resti che popolano queste grandi stanze: la sua è una geografia del resto, del lacerto, del sopravvissuto. I vetri che ci sembrano taglienti e minacciosi liberano in realtà un varco, come se l’unico modo per uscire dalle costrizioni e dalla violenza fosse ferirsi, esporsi, resistere a quel dolore. Perché quella parete tagliente può essere una minaccia, ma anche il segno di una resa, di un’interruzione della violenza. Se guardiamo l’insieme ci accorgiamo che i vetri sono ciò che rimane di chi è stato spezzato, di chi ha resistito. Di chi non vuole vincere, propagando altro dolore e altra violenza in nome di una vittoria da riscuotere.
Allo stesso modo le ceramiche di CREATIVE EXECUTION (2019) sono i corpi di chi ha superato l’evento traumatico seppur portando i segni indelebili anche nella sua forma plastica. La forza non può essere separata dalla fragilità e viceversa, così come le facce del suo paravento SORRY (2016) in cui la nudità del cemento fa il paio con una scritta lussureggiante in oro, “Sorry” appunto. La violenza del carnefice non deve essere manifesta e crudele, può essere seducente e carnale come in Gold Heel (2018), un sacco da boxe che conserva per sempre l’impronta del pugno e la memoria del dolore che lo ha colpito con un tacco in oro da donna che rende ancora più problematico il legame tra vittima e carnefice.
L’atto creativo è il solo espediente tramite il quale poter dare voce alla silenziosa violenza quotidiana, all’abuso di potere che sempre si accompagna al silenzio, alla non argomentazione, al rifiuto di dare le proprie ragioni. Esistere restando dove si è, resistere creando davanti al silenzio della produzione e della violenza. Ancora una volta la creazione, e la costruzione dialogica, sono gli unici strumenti per pensare un presente (prima ancora che un futuro) migliori. Questa mostra di Longo non è allora solo un bilancio sugli ultimi vent’anni, ma un grido che si apre verso qualsiasi possibile proiezione di futuro.
Loredana Longo. Resta, Esisti, Resisti / Stay, Exist, Resist
A cura di Sergio Troisi
1 luglio – 15 ottobre 2023
Ex Convento del Carmine, Marsala
Orari: dal martedì alla domenica, h. 10-13 e 19-21. Ingresso libero
Catalogo (Kalòs Edizioni) in vendita al Convento del Carmine (costo 10 euro)