VENEZIA | Palazzo Barbarigo Minotto | 9 maggio – 2 agosto e 11 settembre – 31 ottobre 2015
Evento Collaterale – 56. Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia
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Intervista a LEONARDO ROTATORI di Viviana Siviero
Italia Docet | Laboratorium è una delle più interessanti proposte italiane all’ultima Biennale di Venezia, di cui la mostra è evento collaterale. Intelligente ed elegante esposizione che pone in essere differenti livelli di interpretazione: il legame con il classico è fortissimo ed, allo stesso tempo, in nessun modo ruffiano o fine a se stesso. 16 artisti italiani e stranieri coadiuvati da Federico Guida hanno interpretato un frammento della Scuola di Atene di Raffaello Sanzio, il cui cartone è conservato presso la Pinacoteca Ambrosiana. Un’idea intelligente e colta, che si sviluppa e si esprime visivamente con semplicità e chiarezza andando dritta al punto. Facciamo due chiacchiere con l’editore milanese Leonardo Rotatori, presidente della i-AM | Italian Art Motherboard Foundation ed ideatore del progetto.
Come nasce il progetto e come si è sviluppato?
La ricerca che conduco da anni riguarda lo sviluppo di strutture aperte ai players dell’arte nel modo più ampio e profondo possibile. In questo senso le problematiche affrontate in questa Biennale riguardano l’aspetto dell’individualità nel contesto policulturale, cioè come creare un corpus opera globale mantenendo integre le personalità individuali e come evolvere l’estetica policulturale in un corpus opera collettivo. In poche parole, provare a dimostrare che il primato metafisico dell’individuo nel corpus opera è definitivamente congedato e supera l’esperienza soggettiva o singolare.
Questi temi sono evidentemente metafore del contemporaneo in ambienti socio-politici e culturali, dove la tecnologia e la dinamica dei popoli impongono, non solo nel territorio della politica, delle scelte per la collettività, una accurata analisi di processi (possibili) per la costruzione di una forma “aperta” di cultura condivisa in antitesi al dividi et impera.
Il programma accoglie un’impressionante quantità di elementi di studio e di analisi. Dal ruolo dell’artista come “filtro” della realtà, all’utilizzo della tecnologia per la ri-unione delle esperienze artistiche. Il tempo che abbiamo per sviluppare gli elementi e creare una forma plausibile di dialogo nell’arte e nella cultura in senso fisico e pratico è ampio: diciamo che affronteremo 4 differenti protocolli (Laboratorium è il primo) e a partire da questo mese – sempre nel calendario della 56. Biennale –, fino al 2017 ne lanceremo altri. Porteremo i risultati in Biennale nel 2017.
Ha dichiarato che «l’idea è quella di un’opera corale capace di accogliere artisti, pubblico e testimonials, stimolando il dialogo tra la cultura rinascimentale e l’artista contemporaneo sempre più globale». In che senso? La base fisica è il disegno di un’opera totemica del Rinascimento. L’azione di Federico Guida di distribuire i frammenti nel mondo è la parte intellettuale divulgativa (un’apertura per la democratizzazione e l’accesso alle opportunità culturali). Il supporto della mia Fondazione e delle società del gruppo sono l’infrastruttura necessaria e costituiscono memoria delle esperienze: una sorta di centro di ricerca ad hoc. Questi ingredienti consentono il dialogo con altri artisti “participants” che aderiscono al programma in modo libero, ma nel rispetto della forma imposta e della materia in fieri necessaria alla creazione di una sostanza ontologica condivisibile.
Il lavoro che mi sono imposto riguarda lo sviluppo di un sistema infrastrutturale per sviluppare nuove forme di relazione tra attori, forme, opportunità e territorio che possano valorizzare le opportunità contemporanee e siano di stimolo all’evoluzione del rapporto tra l’opera d’arte e la società, in un contesto territoriale che, coerentemente con le tecnologie disponibili, sia globale.
Dovendo relazionarsi con interlocutori globali, l’artista deve potersi avvalere di sistemi capaci di creare relazioni, e questo tema diviene territorio di indagine.
Con questo programma intendiamo studiare metodi relazionali, che chiameremo “Open Structures”. Partendo da un’opera di Raffaello, La Scuola di Atene, che pone di fronte allo spettatore elementi estetici del Rinascimento, ma non solo, ci siamo orientati verso il disegno preparatorio per rivivere la struttura e i tracciati come “Motherboard” di riferimento.
La presenza di elementi culturali e metafore di dignità sono i links da innestare con le esperienze sociali contemporanee. Vivere questi valori come imperdibili ci stimola domande alle quali è fondamentale dare risposte. Per queste domande volevamo risposte di artisti di differenti culture, così da poter valutare come gli elementi del Rinascimento, dal punto di vista culturale e sociale, fossero più o meno presenti nel mondo. La forma estetica è uno degli effetti che esponiamo; i testi degli artisti e le loro comuni azioni sono la parte della ricerca nel medio lungo periodo.
Un progetto complesso dunque che ha come epicentro Milano, città che, forse più di tutte, nel Novecento, ha lasciato esempi eccellenti di cultura d’impresa. Gli artisti hanno interpretato un frammento del cartone preparatorio dell’opera di Raffaello, sostituendo gli antichi pensatori e matematici rinascimentali con i volti della moderna imprenditoria, che si sono fatti avanti per “farsi ritrarre”… è corretto? Può approfondire questo aspetto sia legato alla città sia ai suoi protagonisti?
Dobbiamo separare la risposta in relazione a differenti piani del programma. Per quel che riguarda la relazione con il territorio della i-AM Foundation, il coinvolgimento della società civile in una discussione in forma moderna è necessaria per la sopravvivenza dell’Ente e del progetto che, integralmente, finanzia. In tal senso i ritratti sono un territorio di indagine e di distorsione che Federico Guida interpreta in modo autonomo. Se nella postura di Diogene (o Eraclito, Socrate, ecc…) l’artista inserisce il volto di un commercialista italiano, allora l’azione è frutto di un’analisi del qui e ora, del luogo e del tempo contemporaneo in cui l’opera è inserita. La persona ritratta diventa uno storyteller necessario per una narrazione puntuale e stimolante (Atene e la Grecia sono temi sociali e non solo politici) e, in questo caso specifico, il lavoro del commercialista nella Scuola di Atene è ironico e cinico al punto giusto per integrarsi nel progetto.
L’adesione di professionisti e aziende al programma è vagliata da me e dagli altri membri del team per verificare la “coerenza” del mecenate con il messaggio.
L’azione degli artisti participants nei confronti del territorio di provenienza è funzionale alla selezione di testimoni che esprimano nelle proprie azioni i principi etici del Rinascimento. È così che riformuliamo la Scuola di Atene, con nuovi protagonisti globali.
Gli artisti invitati hanno approcciato e di conseguenza interpretato il tema in maniera differente: ci può raccontare alcune specifiche interpretazioni date dagli artisti? Sono emerse delle tematiche comuni al di là del tema e dello stile?
Partiamo col dire che l’artista è stato “imbrigliato” nel ruolo di participant in modo deciso ma non soffocante. Abbiamo fornito dime, basi plotterate, temi e tempi sempre uguali per tutti. Ho voluto togliere più variabili possibili dalle mani degli artisti per godere appieno delle sensibilità individuali generate dall’esplosione di questa “compressione”. Non dimentichiamoci che LABORATORIUM, la seconda parte del titolo del programma, oltre ad essere una citazione di una fondamentale mostra di inizio millennio, esprime l’attitudine alla ricerca per fornire alcune soluzioni plausibili per la costruzione dell’opera policulturale con la partecipazione collettiva nel rispetto dell’individualità. Diciamo che l’accettazione del progetto come “metodo” che ho sottoposto all’Ente Biennale durante l’application mi ha autorizzato ad essere un pò invadente. Questo nell’ottica di un’analisi estetica delle opere realizzate.
Per quel che riguarda la presenza della sostanza ontologica irrinunciabile nelle opere, dobbiamo fare riferimento all’affermazione teorica che l’opera d’arte rinascimentale possa essere una “Motherboard” capace di continui spin off. Il risultato mostrato a Venezia rivela la correttezza delle ipotesi, dal momento che ogni artista ha sviluppato (o fatto esplodere) un proprio tema del disegno, in modo autonomo e individuale. Sia nella forma propria pittorica, sia contenutistica, ovvero nella narrazione del tema interpretato.
Sicuramente alcuni meglio di altri. L’invito di Guida è un gesto di condivisione di un’esperienza importante come la Biennale con questo primo gruppo di artisti italiani e stranieri, a dimostrazione che un ruolo sociale generoso e consapevole è funzionale alla collettività e rende possibile quello che naturalmente non accade. Ben vengano nuove dinamiche di relazione tra gli artisti e il sistema! Spero che questo sia un caso che possa fare scuola (ITALIA DOCET).
Quindi, nel dettaglio…?
Guida, Ferioli, Papetti, Arrivabene, Curti, Vescovi, Di Piazza e Sharma Singh mi hanno convinto! Pellegrini è un caso unico di personalità meravigliosa, poco incline ai compromessi, ma di inconfondibile eleganza intellettuale. Dusi è un artista sincero, generoso e costruttivo. Gli artisti nigeriani si sono dimostrati aperti e generosi nel dialogo. L’analisi delle personalità mi affascina più dell’estetica dell’opera, forse perché attribuisco alla volontà di evolversi del singolo la possibilità di un’evoluzione del sistema. La propensione al Laboratorium è direttamente proporzionale alla riuscita del programma per superare modelli consolidati poco vivaci e poco strategici.
Dopo Venezia la mostra diventerà itinerante… Dove potremo vederla e quale sentimenti e reazioni pensa abbia suscitato e susciterà nel pubblico?
Le call per altri artisti continuano e già a ottobre 20 di loro conferiranno altrettanti frammenti di cultura. Nell’arco di 18 mesi esauriremo i frammenti per un corpus opera di 10 tavole da 8mt per 3, capaci di mostrare circa 180 modi differenti di esprimere valori assoluti.
Questa zona del programma si muoverà in autonomia: Guida e gli artisti internazionali si auto-organizzeranno; noi faremo il nostro lavoro infrastrutturale.
Ogni lavoro di ricerca deve aggiungere qualcosa da qualche parte, tra le tante cose. Può anche non riuscirci, ma i motivi e gli elementi rimangono per future esperienze e per gli altri. Questo approccio per me è la regola, lo stimolo, l’algoritmo. Quindi ogni cosa evolve e non per forza ne sarò io il conduttore.
E_Laboratorium e The Cluster Lab sono altri protocolli, che derivano da questa prima fase, e spostano sul web l’attività, allargando la partecipazione a 180 Paesi. Per il resto abbiamo tempo e sarà il tempo a rispondere alla domanda sulla reazione del pubblico. Per ora stiamo lavorando ai fianchi il sistema per portare artisti italiani a dialogare con il mondo dell’arte, e non solo; e siamo curiosi!
Italia Docet | Laboratorium
a cura di Leonardo Rotatori
Revati Sharma Singh, Chidi Kwubiri, Edosa Ogiugo, Kolade Oshinowo, Sam Ovraiti, Agostino Arrivabene, Vanni Cuoghi, Pierpaolo Curti, Ilaria Del Monte, Fulvio Di Piazza, Fabrizio Dusi, Tamara Ferioli, Federico Guida, Alessandro Papetti, Simone Pellegrini, Dany Vescovi, Roberto Coda Zabetta
9 maggio – 2 agosto; 11 settembre – 31 ottobre 2015
Palazzo Barbarigo Minotto
Fondamenta Duodo o Barbarigo, San Marco 2504, Venezia
Info: www.laboratorium-venice2015.org/
www.i-amfoundation.org