VERONA | LA GIARINA ARTE CONTEMPORANEA | 17 aprile – 11 settembre 2021
di FRANCESCO FABRIS
Negli spazi della Galleria La Giarina di Verona va in scena Lezioni Italiane, colta e raffinata collettiva organizzata attorno ad un’idea, riassunta nel titolo, che si appropria di una delle pagine più significative della letteratura del secolo scorso.
È l’eredità di pensiero di Italo Calvino che, attraverso il suo testamento “Lezioni Americane” consente di tessere fili di dialogo e riscoperte di significato nelle opere di Andrea Bianconi, Claudio Costa, Aldo Mondino, Ehsan Shayegh e Silvano Tessarollo, tutti protagonisti indovinati nell’architettura di senso pensata e curata da Luigi Meneghelli.
L’istanza di “leggere” l’arte utilizzando l’esperienza visiva come ponte per una narrazione sottintesa e soggettiva è mutuata dal distillato del pensiero di uno dei più grandi mentori italiani del ‘900.
In Calvino, personalità complessa e labirintica, in equilibrio volutamente instabile tra razionalità, realismo favoloso, fantasia e metafisica, risiede quella “vocazione visiva” che lo indusse ad attribuire al suo alter ego (Palomar) il nome di un osservatorio.
Non è un caso, dunque, che uno dei letterati con maggiore vocazione artistico/visiva venisse individuato come filo conduttore e chiave di lettura non già e non solo di questa suggestiva esposizione, ma dell’approccio all’opera d’arte in genere.
Per Calvino l’arte era un presupposto, una via narrativa addirittura più precisa della scrittura, uno spunto per i suoi racconti (le sculture di Scarpitta per Il barone rampante, le geometrie oniriche di Klee per Le città invisibili, le metapitture di Paolini per Se una notte di inverno un viaggiatore) ed un complemento di ispirazione nel suo studio, la casa in piazza di Campo Marzio oggetto di recente apertura al pubblico in cui campeggiano opere da Toti Scialoja a Gianfranco Baruchello, già esse in dialogo immanente tra informale e dimensione concettuale che sembra anticipare il contenuto di questa mostra.
L’arte, dunque, è una porta di accesso a mondi immaginari, a realtà fantastiche e metafisiche, nonostante il gesto dell’artista sia finito, menzognero, limitato al visuale, al visibile.
Così, tutte le opere d’arte necessitano di un intervento generoso, soggettivo, intimo e personale, che nasce nella fantasia del lettore/osservatore e che si fa largo tra i suoi pensieri. L’opera fa i conti con il fruitore, con qualcuno che ne beneficia aggiungendo sempre un tassello o una visione obliqua, mantenendola così dinamica e in movimento, in due parole…”in vita”.
Il processo creativo continua anche dopo, si rigenera e riattiva nella mente (unica, fantasiosa e labirintica) di chi guarda, secondo il chiaro adagio duchampiano per il quale “ce sont les regardieurs qui font les tableaux” (Marcel Duchamp, 1957).
Italo Calvino applica questa dinamica alla scrittura (… si scrive soltanto una metà del libro, dell’altra metà si deve occupare il lettore) che ritiene inferiore al gesto figurativo e più limitata di questo (… lo scrittore guarda il mondo del pittore, spoglio e senza ombre, fatto solo di enunciati affermativi, e si domanda come potrà mai raggiungere tanta calma interiore).
La preoccupazione per l’ostacolo comunicativo viene però superata attraverso un compendio di “istruzioni”, le Lezioni appunto, che forniscono i punti cardinali della ricerca, e che si fanno guida tanto nel processo creativo quanto in quello di riattivazione sensibile ed intellettuale.
Leggerezza e rapidità, esattezza e molteplicità, sino alla più rappresentativa “visibilità”sono i paradigmi attorno ai quali ruotano il gesto dell’artista e la reazione, altrettanto originale, dell’osservatore, uniti dalla comune ricerca del significato recondito, nascosto, mimetico ed intimo di cui è fatta ogni vera opera d’arte.
Le cinque lezioni, dunque, prendono corpo e vita nei cinque artisti indagati, senza che tra di loro vi siano contatti o corrispondenze, reali o segrete.
Ciò che intriga, ciò che educa, è la lezione ultima di quelle americane, è l’insegnamento ad una nuova capacità di indagine, esplorazione e lettura che parte dalla “visibilità” per penetrare stili ed alfabeti lontani per epoche, medium, culto e cultura.
Ciò che lega le opere esposte in Lezioni Italiane è, alla fine, una richiesta di profondità e di esercizio di immaginazione, di riattivazione nel sensibile interiore, una pretesa di nuova voce e di nuovo timbro che pervade (nelle parole del curatore) un “…mosaico del visibile, una continuità di forme, un campionario di stili” assolutamente aperto ad ogni speculazione possibile, più o meno consapevole o prevista.
Orientati dalla guida letteraria che ha ispirato il titolo, l’incedere attraverso le sale monografiche ha il sapore di una (ri)scoperta dell’invisibile, di quella grammatica immaginaria nascosta che all’osservatore tocca conoscere per apprezzare a fondo il prodotto artistico, testo, immagine o installazione che sia.
È su questa linea l’accoglienza che ci offrono nella prima sala le opere storiche di Aldo Mondino (Torino, 1938-2005) da sempre avvezzo all’attività dissacrante che, con ironia e ritrovati ottico linguistici, mette in crisi la percezione tradizionale delle immagini comuni e della storia dell’arte, per stimolare una nuova lettura, al di là dei confini del detto e della superficie pittorica che si ergono a limiti da valicare.
Oltre la porta della prima sala si dispiegano i racconti anche simbolici di Claudio Costa (Tirana 1942, Genova 1995), artista, antropologo, filosofo e poeta che modella simulacri materiali di miti, conoscenze, simboli e feticci di una cultura umana risalente, tra il mistero della magia e la tradizione storica e scientifica.
Una lettura esatta e molteplice disvela qui racconti attuali perché persi nella notte dell’uomo.
La grande installazione site specific di Andrea Bianconi (Arzignano, 1974) parla invece di una architettura casuale ed invisibile, sospesa, leggera e molteplice che si comprende o da vicinissimo o da lontano, abbandonandosi allo straniamento che qui è viatico di senso e comprensione tra le molteplici linee guida di significati personalizzati.
Nella stanza sotterranea Gli uomini vanno coltivati del profondo Silvano Tessarollo (Bassano del Grappa, 1956). Due pupazzi in cera e smalti industriali ci catapultano in una dimensione favolistica animata da una forza sinistra, allegra e dissacrante, onirica e terrificante. I simulacri festosi ci attendono qui ad una resa dei conti con il molteplice, il vario ed il nascosto. Come in una fiaba per bambini, come nella mente di Calvino ed in quest’opera, il fantastico si rende razionale, l’enigmatico orrido ed il bello grottesco, per una catarsi di senso che è applicazione reale e finale della lezione impartita.
In ogni stanza, a guisa di punteggiatura, le pietre laviche con argilla e smalti dell’iraniano Ehsan Shayegh (Khash, 1975) guidano un testo sotterraneo, ne evidenziano attraverso i colori i cambi di ritmo e di senso, fornendo un elogio dell’esattezza che si disvela in modo riservato aprendo interrogativi visivi e di significato, plastici e materici come l’operazione immaginaria che, rigenerati, ci consegna all’uscita.
Lezioni Italiane. Andrea Bianconi, Claudio Costa, Aldo Mondino, Ehsan Shayegh e Silvano Tessarollo
a cura di Luigi Meneghelli
La Giarina
via interrato dell’Acqua Morta 82, Verona
Info: +39 045 8032316
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