Non sei registrato? Registrati.
MILANO | Galleria Raffaella Cortese | 23 giugno – 18 settembre 2020

di ALICE VANGELISTI

In un periodo in cui siamo sempre più soffocati dallo scorrere impetuoso e travolgente dell’immagine – favorito anche dalla velocità di un mondo sempre più interconnesso – la Galleria Raffaella Cortese propone una pulizia visiva dalla chiave evocativa grazie al progetto espositivo L’orecchio di Dionisio, perfettamente in linea con la ricerca più sperimentale condotta negli anni dalla galleria. La sfida è qui infatti nel mettere in mostra un qualcosa che spesso solamente accompagna la narrazione espositiva – il suono – annullando completamente qualsiasi altro piano di visione a cui siamo solitamente abituati.
Il vuoto di immagini – o meglio lo spazio vuoto abitato solamente da percezioni non fisicamente visibili – è quindi il tratto principe di questa esposizione, che si fa emblema di una necessità nuova di riflessione e pensiero, dove l’invisibile prende forma e diventa in qualche modo visibile. Si tratta però di un visibile mutevole e profondamente soggettivo: il suono di base è udibile da tutti nella stessa maniera, ma la mente e l’inconscio di ciascuno lo elabora e lo percepisce diversamente.

Simone Forti, Face Tunes, 1974 Courtesy l’artista e Galleria Raffaella Cortese, Milano

Così, dove non arriva in maniera tangibile e pressoché univoca il senso della vista – volutamente “cancellato” e abolito – si presenta quello dell’udito, che percepisce questi suoni e in qualche modo ne disegna immagini. Ed è qui che sta la forza de L’orecchio di Dionisio: farci immaginare qualcosa solamente attraverso il suono, evocando figure, ricordi e suggestioni in un complesso paesaggio sonoro che da universale si fa personale.
In particolare, si tratta di una mostra unica, ma pensata e strutturata come tre piccole personali all’interno dei diversi spazi della galleria, la quale come una moderna grotta accoglie – e avvolge – lo spettatore in un’esperienza fisica che altera le percezioni e in cui l’ascolto si presenta come unico gesto concreto e significante.
Al n.7 di via Stradella è quindi “esposto” il lavoro sonoro di Simone Forti (Firenze, 1935), registrato durante la sua performance Face Tunes (1968). Qui, il buio avvolge completamente l’osservatore – che nel caso specifico di questa mostra diventa un ascoltatore – per accentuare maggiormente la forza evocativa del suono. Così, il nero imperante che annulla qualsiasi immagine reale e tangibile, lascia spazio a visioni evanescenti e mutevoli che prendono vita nella mente di ascolta la performance, la quale prevede essenzialmente la traduzione in suono di sette profili di volti disegnati su un lungo foglio di carta, il quale scorre e viene “letto” musicalmente dall’artista come una sorta di spartito. In questo modo, la performer ricrea una serie di variazioni sonore seguendo la linea tracciata e collegata tramite un’asta all’estremità di un flauto a coulisse in un’alternanza di toni alti e bassi che delineano una nuova percezione compositiva.

L’orecchio di Dionisio, veduta della mostra (Miroslaw Balka, 61x59x31-Sereno è, 2006-17, audio by Drupi, acciaio, loudspeaker, cavi), Galleria Raffaella Cortese, Milano Foto Andrea Rossetti Courtesy l’artista e Galleria Raffaella Cortese, Milano

Al civico n.1 è presente invece Miroslaw Balka (Varsavia, 1958) con 61x59x31 / Sereno è (2006-2017). In questo caso l’artista polacco è l’unico dei tre interpreti a mettere in mostra anche un oggetto fisico e visibile, seppur contestualmente adatto alla fruizione. Infatti, disegna e propone un altoparlante in linea con la sua ricerca formale ed estetica, il quale riproduce incessantemente e con una cadenza regolare solamente due parole – “Sereno è” – dal forte significato evocativo, soprattutto se lette in relazione al periodo che abbiamo appena vissuto. La sua memoria – testimoniata dalla voce di Drupi, cantante italiano degli anni ’60-’70 che l’artista ascoltava quando si trovava in Polonia – è così scorporata dal suo carattere personale e diventa memoria collettiva, facendosi portatrice di significati dal valore assoluto e universale.
Al n.4 si trova infine Cicerone (2018), la performance sonora di Marcello Maloberti (Codogno – Lodi, 1966) che è in grado di trasportare idealmente l’ascoltatore in un “altrove”. Chiudendo gli occhi, infatti, è facile immaginarsi davanti a questa guida turistica in carne e ossa, dalla voce metodica e compassata, che spiega al potenziale visitatore l’Oratorio Suardi di Trescore (Bergamo), il quale conserva ancora oggi un ciclo pittorico di Lorenzo Lotto. Immagini, figure di santi, paesaggi, scene e dettagli dell’affresco riescono così a prendere vita nella mente dell’ascoltatore, talmente nitide e vive che aprendo gli occhi si subisce una sorta di straniamento percettivo ritrovandosi nello spazio bianco e vuoto di via Stradella, idealmente affrescato dalla voce di fondo, che funge in qualche modo quasi da schermo di proiezione per questo racconto visivo nel niente.

L’orecchio di Dionisio, veduta della mostra (Marcello Maloberti, Cicerone, 2018, sound installation, 19’34”), Galleria Raffaella Cortese, Milano Foto Lorenzo Palmieri Courtesy l’artista e Galleria Raffaella Cortese, Milano

L’ascolto di queste opere fatte completamente di suono conduce quindi alla creazione di un universo personale e intimo, in grado di dare forma a un’ideale narrazione sonora, evocativa di immagini non fisicamente percettibili, in cui si silenzia in qualche modo il rumore visivo che in questi mesi di quarantena ci ha profondamente segnato, ma allo stesso tempo anche unito in una nuova forma di collettività.
È una sorta di pausa dal predominio dell’occhio, un respiro profondo per ripartire dalle macerie di un momento storico che ha stravolto la nostra realtà.

L’orecchio di Dionisio

23 giugno – 18 settembre 2020

Galleria Raffaella Cortese
via Alessandro Stradella 7-1-4, Milano

Orari: da martedì a sabato 10.00-13.00 e 15.00-19.30

Info e prenotazioni:
galleria@raffaellacortese.com
www.raffaellacortese.com

Condividi su...
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •