Tra le pagine di Espoarte si è distinta per le proposte, sempre acute e mai banali, riguardo il panorama dell’arte giovane nostrana. Abbiamo sentito Gaia Pasi, neo curatrice e anima di ZAK, poco dopo l’opening di sabato 7 maggio e, incalzata dalle nostre domande, non ha risparmiato battute a partire dalla scena senese dell’arte contemporanea, annessi e connessi, esperienze di vita, amici ritrovati e ricerca vissuta sul campo fino ad arrivare, ovviamente, ai progetti venturi di ZAK che affida ad una eloquente onomatopea (Zak sta per “taglio”) propositi e progetti futuri…
Francesca Di Giorgio: A volte ritornano, come recitava la prima collana di Stephen King. Ovviamente non stiamo parlando di un thriller ma di quella tensione che, volente o nolente, esiste in procinto di una nuova avventura. Che effetto fa tornare nella tua Siena dopo 12 anni di critica indipendente e a zonzo?
Gaia Pasi: Qualcuno di veramente famoso ha detto «nessuno è profeta nella propria patria» e, col senno di poi, bisogna dargli ragione, ma del resto lo sappiamo: il “profeta” nella considerazione dell’opinione pubblica è un personaggio scomodo, perché annuncia con la parola, e ancor di più con la vita, non l’effimero del quotidiano, ma il necessario del futuro stesso dell’uomo.
Ho sempre amato la mia città con tutte le sue tradizioni: banca, palio, contrade, ricciarelli e il folklore di feste medioevali, restauri, raduni storici, gruppi club e circolini. Siena, che è famosa nel mondo per essere il gioiello d’un gotico così lontano dai fatti culturali attuali e dell’arte contemporanea, in realtà (e forse qualcuno se lo ricorderà ancora) ha vissuto una breve ma intensissima stagione immersa nell’arte dei giorni nostri, quella delle Papesse; anni in cui ero studentessa di Crispolti e stagista del museo diretto allora da Risaliti, due persone alle quali devo molto del mio entusiasmo per l’arte. Purtroppo oggi le Papesse non esistono più e per tutta la durata della seconda gestione non è mai stato possibile interagire con quello che era nato per essere il primo Centro di Produzione d’Arte Contemporanea italiano, aperto, oltre che alle ricerche internazionali emergenti e più interessanti, alle migliori forze creative presenti sul territorio. Da quel momento la chiusura è stata totale: non solo la maggior parte dei progetti proposti all’amministrazione (il museo era comunale n.d.r) non trovava continuità ma c’imbattevamo io e i miei pochi colleghi (molti dei quali hanno gettato la spugna) in un vero e proprio ostruzionismo, lo stesso che mi ha progressivamente allontanata dalla città assieme al pubblico dell’arte: addetti ai lavori, collezionisti e numerosi artisti che praticavano il museo
E allora qual è stato il piano b?
Nonostante l’oscurantismo di questo periodo ho continuato a credere nel potenziale della mia città e come tanti curatori coetanei a fare i così detti “salti mortali” per tenermi aggiornata e seguire fatti attorno all’arte contemporanea. Credere non significa accomodarsi davanti alla vita stando seduti e sereni come se non ci fosse più niente da capire, sperimentare e intraprendere. Credere significa non soccombere davanti alla realtà ma assumere continuamente una posizione attiva, una sorta di predominanza o almeno di resistenza alle cose che ci accadono, imparando da queste belle o brutte, perché alla fine “quel che non ammazza fortifica”. Così, ho continuato a portare avanti le collaborazioni con i giornali, gli artisti in cui credevo e con il passare del tempo mi sono imbattuta in esperienze tipo lo IUAV, le lezioni sull’arte nel corso del prof. Bertocci alla Facoltà d’Architettura di Firenze, quelle all’Accademia di Carrara volute dagli stessi studenti. Poi sono arrivati i progetti di Montalcino grazie all’aiuto dello scomparso amico Gianni Brunelli, le esperienze curatoriali nelle gallerie, le mostre curate in giro fino ad arrivare a vivere il sogno di ogni curatore: avere un ruolo attivo e riconosciuto all’interno della Biennale di Venezia dove lo scorso anno (2009) ho coordinato il Padiglione del Cile convocata dal curatore Antonio Arevalo uno dei miei miti di gioventù assieme agli altri Angela Vettese, A.B.O, Giacinto di Pietrantonio, Verzotti, Cavallucci, Poli, Cherubini, Pasini, Gabi Scardi, Mugnaini ecc… che prima leggevo nei libri o sui giornali e che nel mio periodo di gavetta “fuori dalle mura senesi”, o come dici tu a zonzo, per fiere e biennali ho avuto la fortuna d’incontrare e di conoscere personalmente.
E qui, ci avviciniamo a ZAK…
Mi trovavo a Milano in residenza presso O’Artoteca quando ho conosciuto Roberto Mugnaini, direttore generale di Banca di Monteriggioni (comune limitrofo a Siena dove tra l’altro vive la mia famiglia) con il quale ebbi modo di parlare riguardo al suo progetto di costituire una collezione di giovani artisti internazionali da collocare nelle filiali e di essere alla ricerca di un curatore che potesse indirizzarlo in tal senso: questa proposta diciamo che è stata il primo movente a farmi tornare stabilmente “in patria” al seguito del quale, con un gruppo d’ex amici delle Papesse è nata ZAK nel cuore di Siena a 350 m da Piazza del Campo, dove, come da contratto, sarò curatrice residente per i prossimi 2 anni.
Quando apre una nuova galleria d’arte di questi tempi le domande sono molte. Te ne farò solo cinque, quelle classiche e sintetiche: Chi? Cosa? Dove? Quando? e Perché?
In merito all’economia lo sappiamo: il periodo non è dei più felici e i numeri parlano molto più chiaramente dei politici: la crisi non è affatto passata anzi… ma se restiamo immobili ad aspettare che arrivino gli sperati “tempi d’oro” finiremo con il ritrovarci vecchi senza aver combinato niente. Sono del parere che “chi non risica non rosica” ed è troppo facile giudicare l’operato degli altri senza mai mettersi in gioco in prima persona. ZAK, nel suo piccolo, vorrebbe supplire alla desolante carenza di spazi dediti alla cultura del contemporaneo che ha travolto Siena negli ultimi anni; dopo la gravissima perdita delle Papesse abbiamo assistito alla chiusura repentina di ben sei sale cinematografiche delle dieci esistenti. Per frenare questa inarrestabile caduta libera stiamo cercando delle intese e delle quadrature sul territorio con tutti quegli operatori che, tra mille difficoltà, portano avanti dei progetti interessanti. Dietro a questo c’è l’ambizione e la speranza di riuscire a creare in breve tempo un nuovo circuito culturale meno elitario e più aperto anche ai giovani, ai turisti e agli studenti nella convinzione che l’arte è per tutti ed è di tutti. Con il Siena Film Festival quest’estate organizzeremo delle serate di proiezione alternate tra video d’artista, documentari, corti e medi metraggi di giovani registi emergenti che allestiremo nella piazzetta di fronte a ZAK. Nello stesso periodo a Siena si tengono i corsi di direzione d’orchestra e quelli dei vari strumenti all’Accademia Chigiana; fortunatamente i maestri Gianluigi Gelmetti (ex direttore del teatro dell’opera di Roma) e Maurizio Dones hanno trovato l’idea entusiasmante e si sono resi disponibili ad organizzare qualche serata d’improvvisazione musicale d’altissima qualità. ZAK, inoltre, si trova vicino ad un locale molto particolare il Bella Vista Social Club l’unico pub multietnico della città, un luogo che attira giovani e studenti di varie nazionalità che aiuta e alimenta la voglia di scambio e confronto. Questo per quanto riguarda la città. ZAK sarà proiettato anche fuori dalle mura e vorrebbe entrare a far parte del circolo dell’arte contemporanea internazionale nel minor tempo possibile, certo quello che ci vorrà senza bruciare tappe e meritandoselo!
Tanto per essere chiari nei “Perché” ci sta anche: cosa significa ZAK e come si inserisce nel suo territorio?
ZAK è il rumore del taglio. Il taglio è in riferimento al mantello di San Martino il santo che dà il nome alla via dove si trova lo spazio. Sulla stessa via, davanti a ZAK c’è una piazzetta dove ancora è presente l’orrendo canestro dell’inquisizione, dove venivano esposte le teste tagliate dei peccatori e dei condannati a morte. Ma il taglio reale vuole essere quello con il passato poiché, come sosteneva Luciano Pistoi, ogni arte è contemporanea al tempo in cui si svolge e le città storiche e con più tradizione artistica se vogliono evitare di diventare musei a cielo aperto, devono continuare a contare nel presente perché è l’unico modo per continuare ad avere un ruolo attivo e d’importanza culturale nel futuro. È possibile uscire dalla passività sostenendo le forze creative attive sul territorio pensando a nuove collezioni, all’ospitalità e alla mobilità sul territorio di personalità artistiche internazionali attraverso la produzione di workshop, incontri, conferenze visto che esiste un’ottima facoltà di storia dell’arte che, come il resto, ad oggi è completamente sconnessa da quelli che dovrebbero essere i luoghi di promozione culturale peccando di provincialismo.
Hai parlato di LET ME FIND (one’s balance), la collettiva che ha battezzato ZAK venerdì scorso, come di una sorta di manifesto artistico…
Manifesto artistico è un parolone, piuttosto d’intento; come accennato vorrei che ZAK proponesse e sostenesse la giovane arte contemporanea emergente ed internazionale.
Di fatto, ho già pensato ad invitare dei curatori esterni per la prossima stagione, dopo l’estate, quando le cose si saranno assestate e il carattere di ZAK si sarà delineato.
Per questo io curerò soltanto qualche evento: non credo nell’egemonia curatoriale e penso che Siena, più di ogni altra realtà, abbia bisogno di molteplici forze creative per scrollarsi di dosso il passatismo incalzante e la chiusura che la sta rendendo tristemente famosa. L’intenzione è quella di trovare, grazie all’arte, un equilibrio tra la gloria del passato e le energie del presente per contare ancora nel futuro.
Quali sono le ricerche che stai seguendo e che porterai in galleria? Insomma, qualche anticipazione su di te e il destino (a breve termine) di ZAK…
Beh, come dicevo, ho intenzione di collaborare con altri curatori. Da sola curerò le prime mostre di ZAK e via via qualche progetto extra come Zak si gira la rassegna di corti e video d’artista di cui ho parlato prima. La prossima mostra sarà la bipersonale di due artisti a me carissimi Gianni Lillo, un artista con il quale lavoro da molti anni che stimo moltissimo per intelligenza e capacità e Sara Rossi che adoro per delicatezza e poesia d’intento e risultati. Sicuramente ci saranno altri eventi satellite durante l’estate e poi per la stagione autunno/inverno: certo non starò ferma a guardare l’operato dei miei amici curatori invitati a ZAK anche perché non me lo permetterebbero…
Posso dirvi che ad ottobre Antonio Arevalo mi farà una bella sopresa… Credo di sapere di cosa si tratti ma aspetto a dirlo… chi vivrà vedrà!
La mostra in breve:
LET ME FIND (one’s balance)
a cura di Gaia Pasi
ZAK
Via San Martino 25/27, Siena
Info: 0577 165694
Fino al 13 giugno 2010
Artisti in mostra:
Andrea Barzaghi, James Harris, Helena Hladilova, Chen Hui Ying, Alberto Scodro, Namsal Siedlecki
In alto da sinistra:
A. Scodro e C. Hui Ying, Let me find (one’s balance)
H.Hladilova e J. Harris, Let me find (one’s balance)