VENEZIA | Galleria Alberta Pane | Fino al 28 novembre 2020
di FRANCESCO FABRIS
Una indovinata sinergia tra sensibile e materiale, sensuale ed industriale si accomoda negli adeguatissimi spazi della Galleria Alberta Pane di Venezia.
La linea curatoriale di Martina Cavallarin dirige un’esposizione a due toni, quelli di Marie Denis (1972) e Michele Spanghero (1979), artisti visuali e contemplativi nonché “artigiani” raffinati e curiosi che approfondiscono materiali inediti forniti e trasformati da Giovanardi e Lunardelli, aziende leader nella collaborazione tra arte ed impresa e nella condivisione della “lentezza” dell’esperienza che si compie nella galleria.
La mostra, e tutti gli elementi che la compongono, risultano naturalmente protratti verso una rinnovata modalità di percezione, ove la necessità esperienziale è connaturata all’ascolto, alla riflessione, all’indagine attenta e non alla semplice raccolta di immagini e stimoli fini a sé stessi.
Se il virus devastante ci priva del gusto e dell’olfatto, mi spiega la Curatrice con azzeccata metafora, una rallentata e sensuale fruizione può essere l’antidoto ad una pandemia che è deriva non solo di salute, ma di estetica, di attenzione e sensibilità, di conoscenza e profondità.
Le Imprese alle quali anche i fruitori sono chiamati, non possono prescindere dall’inciampo con media e variazioni, dilatazioni e moltiplicazioni concettualmente incompatibili con la replica “da remoto”. I sensi ci conducono al qui ed ora, il contesto impone ad un’abbandono carico di attenzione, chiede uno sguardo nuovo e poco contemporaneo ai materiali ed alla cura con la quale sono stati cercati e trasformati, con meticolosa ed estatica precisione.
In questo originale ambiente percettivo fungono da guida le opere di Michele Spanghero, artista e compositore che combina suono ed arti visive con una marcata traccia concettuale e che impegna, con Tuned Volume, lo spazio fisico e sonoro della galleria.
Realizzata con la collaborazione di Lunardelli, la struttura sferica modulare occupa con decisione la visuale ma restituisce una perfetta simbiosi con lo spazio, restituendo le frequenze armoniche generate dalle onde che si trovano nei locali.
Spazio che è dunque sintesi di architettura e suono, fisicità ed invisibilità. L’opera vive di attenzione e dedizione su più piani, per poi restituire una chiara sensazione armoniosa e perfetta come le immagini più riuscite.
Non è invero un caso che la matrice della sezione aurea sia la fonte del sottile rumore che promana dal prototipo della capsula sonora realizzata dall’artista, collocata su di una mensola di metallo e legno, dotata di una forza estetica e rinnovata tattilità che rimandano alle opere del passato, agli elementi pregiati, alle forme studiate ed alla riflessione che ne scaturisce.
L’approccio ad una rinnovata sensibilità prosegue con le fotografie della serie Studies on Density of White, un lavoro datato ma sapientemente ripescato dalla mano curatoriale ove la meticolosità della stampa e della scelta dei toni consente un dialogo muto tra pieni e vuoti, rumore e silenzio, attraverso la cercata sfumatura di brani di architettura di gusto pittorico, raccolti nel mondo e lavorati con rigore e delicatezza grazie alla ricerca spasmodica ed ossessiva dei materiali più consoni.
L’inciampo che la mostra vuole procurare nello spettatore transita e si completa con le opere di Marie Denis, delicata e colta artista francese, che manifesta la sua abilità nello studio e nelle potenzialità della materia generando una natura straniante, tassidermica, trasmutata, manipolata e mutevole che induce allo straniamento tra reale ed artificiale.
L’artista è solita focalizzarsi sui processi di reinvenzione dell’oggetto, per i quali prende spunto dalla botanica in cui fondere elementi quotidiani ed universali come in Wunderkammer, installazione che poggia su precise ed allineatissime risme di carta da imballo di grandi dimensioni realizzate in collaborazione con Giovanardi.
La meticolosa raccolta di erbe e la loro trasformazione, anche solo attraverso la paralisi indotta del processo vitale, genera attenzione e riflessione attorno ad un mondo vegetale e ad un erbario organico che è esibizione di conoscenza scientifica, competenza tecnica e genio artistico.
Foglie di cocco in lamiera curva e verniciata, serigrafie di loti ricche di venature e felci realizzate o rivestite in grafite impongono una rinnovata attenzione per cogliere una sensibilità che la curatrice definisce a tratti “scabrosa” e che si disvela solo ad un abbandono sensibile, cosciente e prolungato.
Complemento di rilievo a questa visita in mondi stranianti sono i video (Les Marsque (s) e Apres Beyruth che, nel loro avvitamento in loop, dischiudono la matrice duchampiana di Marie Denis che uscendo dalla piccola stanza oscurata, dialoga con le frequenze attivatrici di sensi di Spanghero.
L’impresa sinergica di artisti e gallerista, di aziende e curatrice (con la collaborazione agli allestimenti degli studenti della scuola di pratiche curatoriali di recente creazione) è dunque felicemente riuscita.
L’esibizione e le sue opere, per dirla alla maniera dello psicologo James G.Gibson, sono dotate di quella che egli definiva “affordance”, ossia l’insieme delle qualità dell’opera d’arte che inducono all’azione. È invero la struttura percettiva organizzata che consente all’oggetto artistico (qui frutto di geniali e sincrone collaborazioni) di illustrare sapientemente quelle costellazioni di forze che sottendono il funzionamento psichico e mentale e di cui, oggi, è il momento di riappropriarsi.
Marie Denis e Michele Spanghero. Imprese
a cura di Martina Cavallarin
Fino al 28 novembre 2020
Galleria Alberta Pane
Calle dei Guardiani 2403 H, Dorsoduro, Venezia