BOLOGNA | LabOratorio degli Angeli | Fino al 10 febbraio 2024
Intervista a LEONARDO REGANO di Livia Savorelli
Durante i giorni di Arte Fiera, il LabOratorio degli Angeli diventa, anno dopo anno, tappa obbligata nell’ampia proposta annuale di ART CITY Bologna. Dopo il bellissimo progetto del 2023, con protagonista Eva Marisaldi, questa edizione presenta il site-specific dell’Atelier dell’Errore, in cui il disegno, cifra stilistica del collettivo – nato nel 2002 come laboratorio di arti visive tenuto dall’artista Luca Santiago Mora per i bambini neuroaticipi seguiti dalle aziende sanitarie di Reggio Emilia e Bergamo –, si accompagna alla scultura, al video e alla performance. Tra caos ed ordine, misticismo e spiritualità, oscurità e luce, tensione e liberazione, i due performer di AdE (Nicole Domenichini e Matteo Morescalchi) – interpretanti rispettivamente Pythia-Cassandra e Tiresias – hanno messo in piedi un’azione intensa e profonda destreggiandosi tra Psalm III di Allen Ginsberg e un cut-up dai primi trenta Cantos di Ezra Pound, per poi abbandonarsi ad una danza liberatoria che ha coinvolto anche il pubblico presente. Nell’intensità dell’azione vissuta credo che questi versi di Ginsberg, che accompagnano all’atto finale dell’azione, ben sintetizzino il contenuto della performance «[…] Lasciate che la misericordia della direzione del fiore vi attragga gli occhi. Che il fiore dritto esprima il suo scopo nella sua linearità: cercare la luce. Che il fiore storto esprima il suo scopo nella sua stranezza: cercare la luce. Che la stortura e la rettitudine rivelino la luce […]».
Ho raggiunto il curatore Leonardo Regano, per alcune battute sul progetto che si avvia alla chiusura il 10 febbraio…
Da anni, come curatore, metti in dialogo uno spazio – certo non facile e soprattutto non neutro – con l’arte contemporanea, un luogo che è contemporaneamente “lo spazio del vissuto, del lavoro, del sacro, della memoria, dell’attesa o del passaggio rapido e continuo”. Quali dialoghi ed interconnessioni sei interessato a portare ogni anno al LabOratorio degli Angeli, laboratorio di restauro sorto nella Chiesa Sconsacrata di S.M. degli Angeli e nell’oratorio attiguo? Ci ricordi brevemente gli artisti che hanno preceduto l’intervento site-specific di quest’anno dell’Atelier dell’Errore?
Con il progetto presentato dall’Atelier dell’Errore siamo arrivati all’undicesima apertura “straordinaria” del LabOratorio degli Angeli durante Arte Fiera. Tutto è partito da un evento di una sola notte dedicato ad Aldo Mondino, pensato in tandem con Camilla Roversi-Monaco (titolare del laboratorio di restauro) e realizzato in collaborazione con la Galleria de’ Foscherari e l’Archivio Aldo Mondino. Fu quasi una follia – meravigliosa! –, organizzata in meno di un mese e che segnò un primo importante successo. Di lì la prima importante relazione è stata quella con il territorio. Volevamo che il LabOratorio si aprisse alla città e ai suoi artisti: Piero Manai, Luca Caccioni, Maurizio Bottarelli tra agli altri. La suggestione del luogo ha poi preso il sopravvento e abbiamo cambiato direzione: è il LabOratorio stesso a creare una “sua” relazione, diventando soggetto di indagine per l’artista invitato. Da qui i progetti di Giorgio Andreotta Calò che ha riattualizzato per l’occasione il suo Anastasis ideato per un’altra chiesa, l’Oude Kerk di Amsterdam; quello di Sissi che ha nuovamente riportato l’attenzione sul sacro e sull’indagine quasi “anatomica” per il materiale, e infine, il progetto più recente, quello di Eva Marisaldi, che con Guarda caso si è focalizzata su una lettura relazionale che ha unito oggetti e persone.
Il site-specific messo in atto dal collettivo, con la regia dell’artista Luca Santiago Mora, è un confluire di ordine e caos, di presenze protettrici e mistiche in dialogo con creature che si animano da quella zoologia profetica dell’Atelier dell’Errore, da una ricerca senza confini di quella forza generatrice e vitale, volta a superare tutti i limiti e rendere la “diversità” valore e non elemento di esclusione… Da curatore, quali dialoghi ti hanno sorpreso di più e come sei intervenuto in questo flusso creativo e generativo, animato da una grande volontà di riscatto? Quanto è stato fondamentale per il progetto coinvolgere media diversi, tra cui anche l’installazione video e la performance?
Il primo dialogo è stato proprio quello tra due sensibilità progettuali – il LabOratorio degli Angeli e l’Atelier dell’Errore – che hanno di base, nelle loro rispettive peculiarità, la cura e l’attenzione per l’altro. Questa corrispondenza di intenti si è poi magicamente e quasi automaticamente tradotta in una corrispondenza intima tra le opere in mostra e il luogo che le accoglie. Tra le più significative, penso al riferimento al corpo: c’è quello dei due Dioscuri, Castore e Polluce, un corpo martoriato e fragile che si relaziona a quello del San Giovanni alla Fonte di Nicolas Régnier (1590-1667), attualmente in restauro, reso mutilo nella visione dalle cornici che vi si sovrappongono.
E poi, ancora, c’è il corpo della Grande Cellula Madre che ha dato origine a tutto, informe, che si contrappone al rigore geometrico della grande installazione centrale.
Idolo è il titolo della mostra, ma gli “Idoli” sono anche due opere che troviamo durante il percorso espositivo: l’Idolino Nero, dalle sembianze di un piccolo monolite in grafite, materia generatrice del flusso creativo del collettivo, ben rappresentato dalle opere monumentali situate ai due lati dell’Idolino Rosso, la Grande Cellula Madre e The Ghost Parade. Raccontaci dell’Idolino Rosso. Quanta spiritualità e misticismo confluiscono in questo progetto? Che posto viene riservato all’umanità?
L’Idolino Rosso è stato l’incipit di tutto. Il suo essere qui, oggi, lo immaginiamo come un “ritorno a casa” dopo tanto girovagare. Nel primo sopralluogo, Luca Santiago Mora ha subito osservato la strana assonanza formale tra le sue zampe, rosse e ritorte, e i grandi tubi aspiratori che contraddistinguono lo spazio dell’Ex Oratorio. Ed è così che, questi, sono diventati immaginarie zampe di una protettiva “mamma-ragno” che si nasconde oltre il muro. Per accogliere l’Idolino abbiamo realizzato una struttura site-specific che ha inglobato parte del materiale presente nel laboratorio. Nella sua costruzione, questa si è trasformata inaspettatamente proprio in un altare, richiamando quel riferimento allo spirituale di cui ora mi chiedi. Lo spirituale segna profondamente il luogo del LabOratorio nella sua organaria funzione ma anche tutto il lavoro dell’Atelier dell’Errore, che si riveste di un importante aspetto umano.
Nella Sala della Biblioteca, ritrovo come nelle precedenti edizioni, una dimensione molto intimistica che offre ulteriori spunti di analisi, penso al video Micro-Atlas... Mi piacerebbe in chiusura una tua riflessione su questo lavoro posto in dialogo con il volume, in consultazione nello stesso ambiente, Atlante di Zoologia Profetica…
Il video Micro-Atlas (2018) conclude idealmente il percorso espositivo: il rapido muoversi di una Halyomorpha halys (meglio conosciuta come cimice marmorata o asiatica) su una versione in miniatura dell’Atlante di Zoologia Profetica sembra proprio suggerire l’idea di uno di quegli esseri descritti tra le pagine del libro che si approccia al nostro mondo, ristabilendo il confine tra immaginazione e realtà. Quello che l’Atelier dell’Errore sembra suggerirci è che non esiste mai una sola realtà, un solo sguardo. Dobbiamo imparare a vedere le cose da diverse prospettive, che è poi un modo proficuo per entrare a patti col mondo, con il nostro stare al mondo.
IDOLO. Atelier dell’Errore
a cura di Leonardo Regano
29 gennaio – 10 febbraio 2024
LabOratorio degli Angeli
Via degli Angeli 32, Bologna
Info: 051 583200
info@laboratoriodegliangeli.it
www.laboratoriodegliangeli.it