Non sei registrato? Registrati.
VERONA | ArtVerona 2024 | #Report

di FRANCESCO LIGGIERI

Che cos’è una fiera d’arte contemporanea? È un mercato travestito da tempio, o forse un tempio travestito da mercato? ArtVerona 2024, nel suo apparente incedere maestoso verso il futuro, mostra i tratti ambigui di una maschera che si aggrappa disperatamente alla tradizione, con il timore sotterraneo di spingersi troppo lontano, di scoprire un’innovazione che faccia paura. Le fiere, dopotutto, vivono di questo: di un costante compromesso tra la memoria e la provocazione, tra il già detto e il non detto. Eppure, ciò che emerge da questa 19ª edizione è una risonanza di ripetizioni, un’eco di nomi e di stili che cercano, con timido rispetto, di non turbare troppo lo spettatore, né tanto meno di mettere in discussione il collezionista.

Ugo Rondinone, the rainbow brick road, ArtVerona 2024. Ph. Roberto Marossi

Appena varchi l’ingresso di ArtVerona 2024, sei accolto dalla tanto celebrata Rainbow Brick Road di Ugo Rondinone, un tappeto cromatico che, a detta dell’artista, dovrebbe rappresentare una fusione tra l’archetipo del mattone e quello dell’arcobaleno. La prima impressione è che il tentativo sia quello di trasmettere un messaggio forte legato ai diritti LGBTQIA+ in Italia, un paese notoriamente conservatore su questi temi. Ma, ahimè, la provocazione resta in superficie. Se Rondinone mirava a sconvolgerci, forse ha fatto i conti senza l’oste. È un tappeto bello, certo, ma se pensiamo di trovarci di fronte a una vera sfida intellettuale o visiva, il tutto si scioglie un po’ come neve al sole. Sembra più un atto dovuto, un gesto simbolico, un selfie spot adatto alla narrazione social piuttosto che un’opera destinata a scuotere le coscienze. E poi diciamocelo: questa storia del tappeto all’ingresso di ogni edizione della fiera veronese ha anche stufato…
Questa passerella colorata diventa una metafora perfetta della fiera stessa: un evento ben impaginato, rassicurante, che non ha il coraggio di sporcarsi le mani, di fare quel salto nel vuoto che ti fa battere il cuore e ti lascia con la sensazione che l’arte possa ancora avere un impatto reale. Siamo di fronte a una fiera che vuole piacere a tutti, senza correre il rischio di scontentare qualcuno, ma sappiamo bene che non si può sempre piacere a tutti, giusto?

Veduta allestimento stand Galleria Antonio Verolino, ArtVerona 2024

I Pesci Grandi in Acqua Sicura: un déjà-vu irrimediabile.
Giri l’angolo e cominci a camminare tra gli stand della Main Section, dove nomi storici e soliti sospetti riempiono lo spazio come vecchi amici a una festa che hai già visto troppe volte. Un Mario Schifano qui, un Salvo là, e se ti distrai un attimo, spunta un Piero Dorazio come un fungo autunnale. Potresti quasi sentire la risata di chi, al telefono, descrive questa sfilata di icone come “solita roba, qualche lampo ogni tanto”. E non ha tutti i torti.
È una Main Section che sembra voler rassicurare i collezionisti, piuttosto che spingerli verso nuove scoperte. Certo, un Cromogramma del ’71 di Renata Boero ti cattura per la sua energia, e una tela di Omar Galliani del 1988 da Studio Vigato ti fa applaudire per approvazione, ma il pensiero dominante è che queste sono scelte facili, sicure, ben rodate (non c’è nulla di male). Come andare ad una gara con un bolide in mezzo a tante utilitarie, vinci facile. Se l’arte è il riflesso della società, qui sembra che il riflesso sia quello di una società che preferisce guardare indietro piuttosto che avanti.
Un’altra piccola chicca si trova alla Galleria Antonio Verolino, dove una parete di fotografie di Luigi Ghirri ti fa capire che, sì, la fotografia può ancora colpirti come un pugno nello stomaco. Ma questo pugno è avvolto in velluto, privo di quella carica dirompente che ci si aspetterebbe da una fiera che si propone di “stupire”. Anche le composizioni di Cesare Leonardi, con le sue auto coperte, affascinano per la loro meticolosa costruzione e bellezza visiva, ma non ti fanno gridare al miracolo.

Le sezioni curate by: innovazione solo sulla carta.
E che dire delle tanto annunciate sezioni Innova e Curated by. Qui l’aspettativa era alta. Innovazione, dicevano, nuovi linguaggi, nuove visioni. Invece, ci troviamo di fronte a un copione già visto. La galleria Lo Magno presenta il figurativo marino di Giovanni Viola, ben eseguito, certo, ma siamo davvero nel campo dell’innovazione? Non saprei ho un concetto di innovazione diversa. L’arte di Viola è più un esercizio di stile che una rottura di schemi. Contemporary Cluster, con Lorenzo Montinaro, ci offre un’opera affascinante per la sua cupezza, ma anche qui la sensazione è quella di un déjà-vu piuttosto che di una scoperta.
La sezione Curated by, affidata alla figura del critico, invece di dare voce a un dialogo incisivo, si riduce a un esercizio accademico di dubbio. Si passa dal mestiere del critico al mistero del critico, e il pubblico si ritrova disorientato in uno spazio dove nulla sembra emergere con vera forza.

Premio Display Art Of This Century, veduta dello stand ArtVerona 2024, Frittelli Arte Contemporanea, Firenze

Habitat: dove l’arte vuole un contatto (ma solo finché sei pulito).
Un raggio di luce, seppur flebile, lo si trova nella sezione Habitat, relegata in fondo al padiglione 11. Qui, almeno, si prova a rompere quel distacco reverenziale tra pubblico e opera. Fabio Mauri (che sia chiaro non si discute) ci sfida a calpestare i suoi zerbini (realizzati a più riprese dall’artista dal 1995 al 2009 ed esposti qui per la prima volta tutti insieme in collaborazione con lo Studio Fabio Mauri di Roma, ndr) incisi con frasi provocatorie come “Forse l’arte non è autonoma”. Un gioco interessante tra l’arte come oggetto di culto e l’arte come elemento quotidiano, calpestabile, toccabile. Ma anche qui, la provocazione resta incompiuta. Quanti visitatori osano davvero calpestare quegli zerbini? Pochi.
E allora mi chiedo: non sarà forse che siamo noi, pubblico, ad essere meno autonomi dell’arte stessa? In fin dei conti, questa sezione ci lascia con una riflessione amara: siamo ancora capaci di interagire con l’arte o preferiamo osservarla a distanza, protetti dalla nostra comfort zone?

Fabio Mauri, Forse l’arte non è autonoma, 2009, taglio su zerbino, 201 × 420 × 1,8 cm, n. esemplare: fuoriserie, siglato e datato al verso «fm ’09», collezione Eredi Fabio Mauri, Roma

La noia dietro l’angolo: quando gli stand diventano opere invisibili.
Gli stand a ArtVerona sono una giungla di stili e di scelte espositive che vanno dal banale al caos. C’è chi, come la Galleria Luca Tommasi, riesce a far dialogare artisti come Ubaldo Bartolini ed Erin Lawrence con una compostezza che spicca nel mare di allestimenti sovraffollati. E poi c’è Il Ponte, che riesce a creare uno spazio strutturato per essere circumnavigato, in cui si presentano opere di artisti come Giuseppe Spagnulo e Mauro Staccioli. È uno stand che funziona, ma è come cercare di esaltarsi per la buona riuscita di un piatto di pasta al pomodoro: ti piace, ma non ti sorprende.

Premio Display Art Of This Century, veduta dello stand, ArtVerona 2024, Galleria Susanna Occhipinti, Ragusa

Ci sono gallerie che segnalo per il solo fatto di essere state coraggiose, nel marasma generale della sicurezza e della pratica del “confortevole” che va molto di moda e non solo a Verona.
Boccanera Gallery, Galleria Giovanni Bonelli (vincitrice con le splendide opere di Chiara Calore), Frittelli Arte Contemporanea, Kromya Art Gallery, MAG | Magazzeno Art Gaze, Marignana Arte, Punto sull’Arte, Galleria Susanna Occhipinti, A Pick Gallery, Marina Bastianello gallery (Vincitrice del premio acquisto fiera di Verona con Beatrice Gelmetti) e la giovane ma rampante galleria di Chiara Boscolo la 10&zero uno con opere di Roberto Amoroso, Andrea Luzi e Baseera Khan.

Chiara Calore, Blue Dream (2024), Premio The Bank, rappresentata in fiera da Galleria Giovanni Bonelli

Senza dimenticarci dell’inossidabile e geniale Giulio Alvigini ed un immenso Paolo Palmieri al suo esordio fieristico con Palmieri Contemporary (da Celle Ligure SV), insieme alla galleria Magazzeno di Bologna. Se se non li avete visti, peccato.

Giulio Alvigini, Paolo Palmieri, Alessandra Carini e Maria Antonietta Collu allo stand di Magazzeno Art Gallery + Palmieri Contemporary, ArtVerona 2024

I Premi: la (solita) medaglia da appuntarsi al petto.
I premi assegnati a ArtVerona sono l’ennesima dimostrazione di quanto questa fiera abbia scelto la strada della sicurezza. Mats Bergquist vince il Premio Icona 2024 con la sua opera Scala, un bronzo che evoca un senso di passaggio e mistero. Certo, è un’opera che funziona, che ha una sua dignità formale, ma manca quel guizzo che ti fa pensare di aver assistito a qualcosa di veramente rivoluzionario. Lo stesso vale per il Premio Zenato Academy, assegnato a Dario Picariello per due opere che combinano fotografia d’archivio e narrazione popolare: un lavoro raffinato, ma privo di quella carica dirompente che ti fa uscire dalla fiera con un senso di urgenza. Potrei andare avanti ma decido di fermarmi qui…

Mats Bergquist, Scala, 2024, bronzo, 215 x 12 x 30 cm. Premio Icona, Atipografia, Arzignano (VI)

Facciamola finita: ArtVerona, un’oasi di comfort (anche troppo).
…alla fine del viaggio, ArtVerona 2024 è esattamente quello che ci si aspetta da una fiera d’arte contemporanea italiana in tempi incerti: rassicurante, ben confezionata, ma senza quella scintilla che ti fa pensare che l’arte possa ancora stupire, ancora far male, ancora dirci qualcosa di nuovo. Se cercavate l’innovazione, l’avete forse trovata in un angolo dimenticato. Se cercavate di essere sorpresi, preparatevi a ricredervi oppure accettate il fatto che la confort zone, è un atto di rivoluzione in tempi che sono del tutto imprevedibili.
Forse, la vera provocazione è che non c’è più nulla di provocante nell’arte che vediamo. O forse siamo noi, spettatori abituati al “già visto”, a non voler essere più davvero provocati. ArtVerona è l’immagine di un’arte che si guarda allo specchio e si trova bella, ma che ha perso il desiderio di fare di più. Comunque brava ArtVerona, hai fatto il tuo. Anche se il mondo è là fuori, pronto a essere sconvolto.

 

ARTVERONA 19. Edizione 

Veronafiere 

11 – 13 ottobre 2024 

Info: +39 045 8298135 – 8056 – 8118
staff@artverona.it 
www.artverona.it 

Condividi su...
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •  
  •