DOMODOSSOLA (VB) | CASA DE RODIS | 4 LUGLIO – 5 SETTEMBRE 2021
Intervista a GIORGIO CAIONE di Livia Savorelli
Come era avvenuto nella cultura europea tra Settecento e Ottocento, in cui la montagna era diventata elemento di assoluto interesse, anche negli ultimi decenni del XX secolo si assiste ad una nuova fase di scoperta delle terre alte grazie ad un inedito approccio di artisti, architetti ed intellettuali vari che arricchiscono di nuovi contenuti valoriali e rappresentazioni la montagna, che ridiventa “territorio dell’abitare” e non mero oggetto di contemplazione o luogo dell’intrattenimento. È da questi presupposti che nasce a Domodossola – una cittadina circondata da valli e montagne e centro principale della val d’Ossola – Vertigine. Visioni contemporanee della montagna, a cura di Giorgio Caione. A Casa De Rodis, fino al 5 settembre, sarà possibile visitare questa mostra in cui ventuno artisti hanno interpretato con diversi media – pittura, scultura, fotografia, video e installazioni – le molteplici suggestioni derivate dall’immaginario della montagna. Ne parliamo con il curatore, Giorgio Caione…
La suggestione che muove Vertigine è l’immaginario che ruota intorno alla forte suggestione, vera e propria vertigine, che le “terre alte” e la montagna hanno sin dall’Ottocento indotto, qui in occasione della mostra declinata da ventuno artisti contemporanei. Come nasce la mostra e con quali criteri hai selezionato gli artisti in mostra?
La mostra nasce all’interno del progetto Carnet de voyage, finanziato da Compagnia di San Paolo e ideato da Collezione Poscio e Associazione Asilo Bianco. Tra le tante iniziative dedicate alla montagna, il culmine è proprio questa mostra di arte contemporanea. Siamo partiti da quattro giovani artisti in residenza che hanno prodotto alcuni lavori ad hoc per la mostra, per poi allargare lo sguardo alla produzione più recente di artisti mid-career che hanno affrontato negli ultimi anni il tema della montagna.
La montagna rimane un luogo dalla forte alterità, dove le coordinate di tempo e spazio acquistano nuovi significati rispetto alla nostra vita quotidiana. Luogo di grande fascinazione, ma anche luogo dell’abitare e non solo “banlieu blanche” come è stata dal dopoguerra fino agli anni Settanta-Ottanta, e purtroppo lo è in parte tuttora.
Vertigine si apre con un omaggio a Joseph Beuys, nel centenario della nascita: un piccolo disegno, il manifesto originale de “La rivoluzione siamo Noi” e l’omaggio fotografico di Turi Rapisarda che documenta l’azione di piantumazione realizzata nel 1984 nell’Appennino abruzzese.
Per Beuys le montagne rappresentavano “l’apparizione elementare della Natura”. Partiamo da qui, per spiegare le motivazioni che ti hanno portato a concepire l’incipit della mostra con un omaggio al grande artista tedesco…
L’omaggio a Beuys nel centenario della sua nascita non è infatti fine a se stesso. L’artista tedesco, con il suo approccio rivoluzionario ai temi della natura e della coscienza del ruolo dell’artista nelle società, ha influenzato in maniera decisiva la pratica degli artisti contemporanei. Anche quelli legati a medium apparentemente più tradizionali e distanti da Beuys, come la pittura, non possono fare a meno di confrontarsi con la sua figura. “Voglio vedere le mie montagne” si dice sia stata l’ultima frase pronunciata da Segantini prima di morire. Beuys, che ammirava profondamente il nostro pittore divisionista, ne ha fatto il titolo di una sua famosa installazione. La coscienza civile che Beuys rende esplicita nell’azione di piantumazione “In difesa della natura” è la stessa di tutti gli artisti in mostra, ognuno con i suoi mezzi espressivi. Da lì non si torna indietro.
Come sottolinei nel tuo testo pubblicato nel catalogo della mostra, una particolarità delle opere in mostra è la diversa scala dimensionale – dalla più grande a quella infinitamente piccola – attraverso cui viene declinata la vertigine? Altra caratteristica, sono i filoni attorno cui le opere si sviluppano, puoi elencarci i principali?
Il filosofo Pascal considerava la condizione umana racchiusa da due estremi – l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo – che sfuggono alla nostra comprensione. Guardando alle opere di Vertigine troviamo esattamente queste dimensioni: le grandi vette alpine dipinte da Velasco Vitali che ci regalano sublime bellezza ma anche timore referenziale e i microscopici cristalli di neve rappresentati da Laura Pugno che contengono infiniti mondi invisibili alla nostra normale percezione.
In mostra ho scelto di dare molto spazio alla pittura. Ci sono due ragioni fondamentali: è un medium che si presta molto bene alla narrazione della montagna e dei suoi spettacolari effetti di luce ed è un linguaggio più familiare al pubblico della Collezione Poscio e di Domodossola. Non è una questione secondaria secondo me. Come operatori culturali dobbiamo fare lo sforzo di avvicinare il pubblico ai linguaggi contemporanei, ma dobbiamo farlo per gradi, offrendo quanto di meglio ci sia sul panorama artistico, rimanendo comprensibili.
Ci sono opere più “impegnate” e di denuncia, come la provocazione di Frenzy con un Cervino “in vendita”, o la nebulosa di plastica di Enrica Borghi che ci ricorda le nuvole basse che incontriamo salendo in vetta, ma anche le nuvole di rifiuti che ormai si trovano anche in cima all’Himalaya.
Un aspetto che mi interessa molto è la potenza iconica e simbolica che ha la montagna nel nostro inconscio, e qui ci sono le tavole di Franco Rasma, o la grande scultura di Salvatore Astore. O ancora la forza antropologica dell’ambiente montano nei legami tra le persone, rappresentata dal video della performance di Marta Dell’Angelo e Gohar Martirosyan sul monte Aragats in Armenia.
Tornando a Beuys poi, molte opere in mostra alludono al rapporto tra arte e vita. Le fotografie di Irene Pessino sviluppate nella sua precaria camera oscura a 3000 metri di quota, contraltare della condizione precaria dell’artista, o la cabane di Daniele Giunta, autocostruzione che l’artista ritrova casualmente in Valle Anzasca e collega alla propria scelta di vita tra i boschi dell’alto Vergante.
La mostra, che si sviluppa a Casa De Rodis, sede della Collezione Poscio – costituita dalla forte passione di Alessandro Poscio e di sua moglie Paola, uno sguardo incentrato soprattutto sulla pittura di fine Ottocento ed inizi Novecento, con un’attenzione particolare per i pittori Vigezzini, tra cui Carlo Fornara – è una ideale prosecuzione in chiave contemporanea di una riflessione su arte e territorio che è stata portata avanti anche con le residenze realizzate in Valle Anzasca ed iniziative come la Mountain Academy… Ci introduci queste esperienze e ci racconti come vengono percepite dagli abitanti del luogo? Come gli artisti si sono confrontati con questo affascinante territorio ricco di storia? Quali opere in mostra sono originate da queste residenze?
Sono tutte azioni del progetto Carnet de voyage e hanno l’obiettivo di valorizzare il territorio dell’Ossola attraverso le arti visive. Le residenze hanno trovato una restituzione nella mostra: quattro artisti – dopo aver trascorso in un’antica villa in Valle Anzasca un periodo più o meno lungo a seconda delle esigenze – hanno prodotto lavori molto eterogenei. Gli acquarelli formato “polaroid” di Gosia Turzeniecka, la serie di fotografie in bianco e nero dedicata a Macugnaga di Fabrizio Albertini, i ritratti su ardesia dei minatori d’oro di Simone Geraci e due quadri del già citato Daniele Giunta.
La popolazione è stata molto gentile e collaborativa. L’associazione “Figli della miniera” ad esempio ha aiutato Simone, che viene da Palermo e non aveva mai vissuto un’esperienza di questo genere in montagna, fornendo un’interessantissima collezione di vecchie fotografie. La memoria delle miniere d’oro in Valle Anzasca, chiuse nei primi anni Sessanta, è ancora fortissima. Arrivavano da tutta Italia per estrarre il metallo prezioso, ma non c’è nulla di più prezioso della vita stessa di queste persone che oggi vivono nel ricordo dei loro parenti e delle iniziative delle associazioni locali.
La Mountain Academy, invece, è un corso che si tiene ogni anno a Santa Maria Maggiore in Val Vigezzo e ha lo scopo di insegnare a creare un taccuino d’artista contemporaneo; come quello che i pittori vigezzini portavano sempre con sé. In ogni edizione si affrontano tecniche e approcci differenti, quest’anno abbiamo lavorato con la stampa d’arte: cianotipia, kitchen litho, gum print. Il taccuino d’artista, o carnet de voyage, è una forma d’arte stimolante e flessibile, si può adattare a molteplici esigenze espressive e trova l’interesse di gruppi anche molto eterogenei di partecipanti, dagli studenti ai giovani artisti, dai professionisti creativi ad appassionati di ogni età.
Vertigine. Visioni contemporanee della montagna
a cura di Giorgio Caione
in collaborazione con Associazione Asilo Bianco
Artisti: Fabrizio Albertini, Salvatore Astore, Joseph Beuys, Enrica Borghi, Marta Dell’Angelo e Gohar Martirosyan, Frenzy, Daniele Galliano, Simone Geraci, Daniele Giunta, Marcovinicio, Irene Pessino, Federico Piccari, Laura Pugno, Pierluigi Pusole, Franco Rasma, Turi Rapisarda, Giovanni Rizzoli, Luigi Stoisa, Gosia Turzeniecka, Velasco Vitali
4 luglio – 5 settembre 2021
Visita guidata con il curatore domenica 29 agosto alle ore 17
Per partecipare, scrivere il proprio nominativo entro sabato 28 agosto a: mostre@collezioneposcio.it
Casa De Rodis
Piazza Mercato 8, Domodossola (VB)
www.collezioneposcio.it | www.asilobianco.it