PALERMO | Giuseppe Vaniero Project | 5 aprile – 15 maggio 2014
Intervista a PINO DEODATO di Matteo Galbiati
In occasione della sua mostra presso la Giuseppe Veniero Project di Palermo, in cui presenta una ventina di lavori eterogenei, per tecnica e scelte compositive, che testimoniano la sua solida capacità nel muoversi dalla scultura alla pittura fino ad arrivare alle grandi installazioni, abbiamo incontrato l’artista Pino Deodato (1950):
Ci racconta le scelte operate per questa mostra? Cosa vuole raccontare?
Un compito dell’arte è di raccontare cose che ci sono, ma che non si vedono. A Palermo nella parete centrale della galleria, ho creato un’installazione con il titolo I pensierini domestici: al centro, un bassorilievo con una biblioteca da dove emergono piccole sfere che rappresentano pensieri e riflessioni, che solitamente ci sono, ma che non si vedono e che in questo caso finalmente sono rappresentate ed invadono lo spazio circostante. Queste piccole sfere colorate sono accompagnate da personaggi in una condizione meditativa.
“Senza parole” denuncia il sottotitolo… segno dei tempi? Cosa lascia in silenzio? Una scelta o una costrizione?
In questo periodo mi sto appassionando ad un lavoro su San Tommaso (Se non ci vedo non credo) che ha a che fare con il tema della ricerca della verità. Oggi spesso sentiamo politici, filosofi, sociologi, giornalisti che sembra abbiano tutti ragione, nei loro confronti e dialoghi. A me danno l’impressione di non essere padroni della verità, ma di inseguirla affannosamente. “Senza parole” significa che non ci sono parole per rispondere alle domande e ai bisogni di cui la società contemporanea ha bisogno, in primo luogo riguardo la crisi ideologica e di ideali che la attraversa. Il mio lavoro è un invito a ritagliarsi un po’ di silenzio, una scelta che ci aiuterebbe da una parte a vivere in armonia con il mondo delle cose, dall’altra a trovare una via d’uscita alle problematiche dell’uomo moderno.
La sua ricerca si sviluppa con grande dinamismo sia attraverso la pittura che la scultura. Come regola e sintonizza il diverso approccio – e il diverso esito – di questi due linguaggi nella coerente presenza della sua visione?
Per me è importante comunicare attraverso sia la scultura che la pittura. In linea generale se devo rappresentare ambienti e paesaggi preferisco la pittura mentre con le figure umane prediligo la resa che può offrire la scultura, perché nelle sue pieghe e nei suoi volumi riesce a raccontare meglio le sfumature dell’animo umano.
Ha dichiarato: “Cerco di affrontare temi complessi in modo semplice che è poi quello che l’arte dovrebbe fare: rendere accessibili a tutti argomenti difficili”; quali sono i temi complessi cui tiene molto? Come diventano comprensibili e accessibili?
Per rispondere a questa domanda le voglio raccontare un lavoro che ho esposto nella galleria di Claudio Poleschi a Lucca nel 2010. Il titolo dell’opera è Vicolo cieco: un’installazione sul pavimento di una chiesa sconsacrata dove decine di omini in terracotta molto piccoli erano collocati in uno spazio ben definito (un recinto fatto con delle piccole tessere di terracotta). Con questo lavoro cercavo di rappresentare un tema quale la crisi economica, sociale e politica che affligge il mondo contemporaneo e la difficoltà a trovarne una soluzione, difficoltà rappresentata dagli omini rinchiusi senza via d’uscita.
Che compito nobile deve avere l’arte quindi? Che atteggiamento deve avere lo spettatore che osserva l’arte?
Il compito dell’arte è di aiutare l’uomo a vivere una vita migliore. Lo spettatore dovrebbe lasciarsi coinvolgere dalle passioni e dai sentimenti, più che dalla razionalità.
Il suo lavoro fa riferimento ad immagini desunte dalla quotidianità, dall’esperienza, dal ricordo… Come diventano “attivatori” di senso in chi osserva?
Le mie opere, e le immagini che ne scaturiscono, diventano attivatori di senso nel momento in cui lo spettatore si sente coinvolto da esse stesse. Spesso le condizioni dei miei personaggi sono familiari allo spettatore, che si immedesima nel mio lavoro e in quello che racconto.
Non teme corrano il rischio di essere banalizzati rispetto al valore grande che vogliono dichiarare?
Sono un figlio del ’68. Sono convinto che l’arte è una sovrastruttura, non cambia il mondo. Il mio lavoro cerca sì di raccontare in modo semplice grandi problematiche così come piccole riflessioni umane, ma sicuramente non cambierà il mondo. Può invece aiutare a riflettere, a considerare aspetti della vita a cui non siamo abituati a pensare. Il mio lavoro sembra racconti delle cose piccole: in realtà sono cose fondamentali per l’essere umano. Basta la piega di una giacca o l’espressione di un viso a rendere importante ed efficace il messaggio per regalare allo spettatore anche solo un sorriso o la consapevolezza e la condivisione di uno stato emozionale. Questo la considero una piccola rivoluzione, se si vuole intima e privata.
Cosa rende così forti e poetici, i piccoli gesti delle sue sculture, tanto umani e concreti quanto astratti e onirici?
La postura è fondamentale. La posizione delle mani, l’inclinazione delle ginocchia, le pieghe dei pantaloni e delle giacche così come l’impianto scenografico dei personaggi, la loro messa in scena, contribuiscono a rendere il mio lavoro concreto ma allo stesso tempo vicino a mondi fantastici.
Possiamo considerare i suoi personaggi come metafore delle condizioni umane ed esistenziali?
Certo, come ho già risposto nelle domande precedenti il mio lavoro è nell’insieme una riflessione sulla condizione umana che si traduce tramite un messaggio semplice e immediato, anche attraverso le metafore. Prima fra tutte, il personaggio che Mangiava le lucciole per vederci meglio, cioè colui che si ciba di sapienza per vivere meglio.
A quali esperienze artistiche fa riferimento la sua ricerca? A quali modelli si ispira?
Non so a quale modello mi ispiro di preciso. So solo che faccio questo lavoro da 40 anni. Certo, nel mio lavoro ci sono riferimenti all’arte rinascimentale e a tutto il Novecento italiano. Ho sempre fatto della pittura figurativa e scultura. Adesso più che mai sono convinto che la strada della figurazione abbia ancora tante cose da dire.
Quali progetti ha in programma per il prossimo futuro? Quali impegni l’attendono?
Per ora, nel prossimo futuro, ho in programma a luglio una personale alla galleria Susanna Orlando di Pietrasanta.
Pino Deodato. Senza parole
5 aprile – 15 maggio 2014
Giuseppe Veniero Project
Piazza Cassa di Risparmio 21, Palermo
Orari: da lunedì a sabato 10.30-13.00 e 16.00-20.00; domenica e fuori orario su appuntamento
Ingresso libero
Info: +39 333 6066232
info@veniero.it