BAGNACAVALLO (RA) | Museo Civico delle Cappuccine | Fino al 12 gennaio 2025
di GIULIA GORELLA
Lo scorso 21 settembre a Bagnacavallo (RA), è stata inaugurata la mostra La rivoluzione del segno. La grafica dalle avanguardie da Manet a Picasso presso il Museo Civico delle Cappuccine: museo specializzato in tecniche incisorie, la cui collezione supera le 15000 incisioni ad opera di vari artisti contemporanei, nonché un laboratorio per la sperimentazione delle medesime tecniche.
La mostra, a cura di Davide Caroli e Martina Elisa Piacente con la collaborazione di Marco Fagioli, si inserisce in un contesto più ampio che potremmo definire come una trilogia del paesaggio, i cui capitoli a sé stanti non sono libri bensì mostre legate dal filo rosso del suddetto tema. Paesaggio non solo inteso come naturale e urbano (sotto temi delle mostre precedenti) ma anche in termini di paesaggio umano come testimonia quest’ultima esposizione. Il concetto quindi di figura umana, dai tratti esagerati e talvolta grotteschi, declinato in varie forme dai diversi artisti esposti, risulta preponderante. Ma né ritrattistica né caricatura si possono dire uniche protagoniste della mostra. Infatti la suggestione dell’avvento della psicanalisi di inizio secolo scorso, porta Davide Caroli e Martina Elisa Piacente – curatori della temporanea – a considerare quella rivoluzione scientifica e culturale come avvenimento impattante e trasformativo del paesaggio mentale umano: dalla simbologia onirica, alle suggestioni dell’inconscio; dalle patologie alle allucinazioni.
L’idea di questo terzo capitolo è seguire la lunga evoluzione storica del tratto attraverso varie tecniche di incisione, nonché varie correnti artistiche (da Goya agli impressionisti; dall’espressionismo tedesco al surrealismo francese fino ad arrivare a Picasso). Per continuare l’analogia libresca, la mostra si apre con un “prologo” dedicato a Francisco Goya in quanto fu proprio lui che, a fine ‘700, si dedicò molto all’incisione per apportare delle innovazioni stilistiche e concettuali al modo di rappresentare la figura umana, che verranno riprese più tardi dalle avanguardie storiche. In particolar modo, sono Los Caprichos (i capricci) e Desastres de la guerra (i disastri della guerra) del celebre artista spagnolo a dominare la sala a lui quasi interamente dedicata.
Goya sperimentò varie tecniche ma sono anche le tematiche della sua Opera a essere gravide di novità. La figura umana in Goya viene estremizzata, caricaturata e portata all’esasperazione della capacità espressiva con risultati bizzarri e inquietanti. Questo per sottolineare la mostruosità della natura umana, cosa poi riproposta dagli espressionisti, soprattutto in ambito mitteleuropeo.
L’incisione ai tempi di Goya era sottovalutata dalla critica: si stava riducendo infatti a mera tecnica di riproduzione dell’arte antica, oltre a essere sotto certi aspetti la forma d’arte decorativa prediletta da una certa classe media, in piena ascesa economica. La borghesia del tempo era principalmente composta dalla classe mercantile e non era certo nota per la propria sensibilità artistica. Tuttavia, l’arredamento della propria abitazione con opere d’arte (commissionate, donate o acquistate) era già all’epoca segno di pregio poiché dimostrava l’alto livello di cultura del possessore, oltre al suo potere d’acquisto. Se i ceti più elevati potevano permettersi la commissione o l’acquisto di grandi tele o sculture, le incisioni – preferibilmente opere minori firmate da celebri artisti – divennero segno di appartenenza alla classe media: motivo di vanto per le famiglie borghesi ma anche di sdegno da parte della critica più elitaria. Un ulteriore uso delle incisioni è quello dell’illustrazione di volumi. Le edizioni più prestigiose nel diciannovesimo secolo iniziarono a prevedere l’accostamento delle immagini al testo, tendenza che sarebbe aumentata a inizio del secolo successivo ma per merito non più di incisioni e stampe bensì delle fotografie, sempre più diffuse. Gustav Doré, uno dei più noti incisori dell’Ottocento, è oggi noto soprattutto per le illustrazioni di grandi opere letterarie quali La ballata del vecchio marinaio di Coleridge, presente in mostra. Quindi l’incisione era vista come arte di accompagnamento, non autonoma o indipendente.
Se da un lato l’incisione è scelta da Goya come tecnica artistica volta a rappresentare la maligna natura umana; dall’altro l’incisione suscita la risata in artisti caricaturali come Honoré Daumier. Daumier elabora gli insegnamenti di Goya per cambiarne l’effetto, trasformando sapientemente i tratti più raccapriccianti in lineamenti buffi al fine di mettere in ridicolo personaggi pubblici del tempo, oppure personaggi stereotipati che assumono valenza allegorica.
Le vignette di Daumier ci riportano sia alla tematica della denuncia della ricchezza smisurata e dell’attacco al potere legislativo, sia alla condizione dell’incisione: ancora una volta preme sottolinearlo, forma d’espressione considerata subalterna nelle altre arti visive. Ancora meno apprezzabile se non accompagnata da didascalia, l’incisione era non soltanto arte minore ma persino media informativo secondario, una secondarietà che si riflette anche nel campo dell’economia editoriale del tempo.
Mentre Goya sperimentava tecniche e approcci diversi all’incisione, Daumier trovò soddisfazione nella litografia, che consiste nel disegno su una matrice di pietra calcarea con matita apposita. Le litografie hanno costi minori per la stampa e pertanto sono anche più velocemente replicabili. Per tale motivo Daumier venne ingaggiato spesso dalla stampa quotidiana.
Dagli artisti singoli ai gruppi di artisti, la mostra procede con il movimento impressionista. Non tutti si dedicarono all’incisione, infatti il gruppo non è immediatamente associato dal grande pubblico alla tecnica incisoria ma piuttosto alla tela dipinta en plein air; alla figura meno definita, più dinamica e allo studio della luce. Degas, con la sua serie di autoritratti, fu tra coloro che si concentrò anche su questa modalità espressiva. Di formazione purista, allievo della scuola di Jean-Auguste-Dominique Ingres, Degas seguiva il metodo di disegno classico con grande attenzione per le linee di contorno e per il chiaroscuro, a differenza degli allievi di Delacroix che, seguendo la poetica romantica, previlegiavano il disegno a gouache mosso ed espressivo. Degas è stato anche il più geniale sperimentatore di tecniche diverse: la puntasecca, l’acquatinta e la litografia.
Il percorso espositivo prosegue con i postimpressionisti francesi come Cézanne e Gauguin. Di Paul Gauguin è possibile apprezzare le xilografie, che rivelano un tratto più grezzo, artigianale, richiamante la tribalità legata a Thaiti e che si ritrova nei volti dei suoi quadri più noti. La mostra continua con una sala dedicata alle avanguardie espressioniste. Grazie a queste ultime nascono i libri d’arte: riviste organizzate dagli stessi movimenti in cui sono pubblicati (a completamento delle immagini, le quali qui hanno ruolo di protagoniste) i manifesti teorici, editoriali sull’arte e racconti o poesie. Il rapporto di potere tra testo e illustrazione si inverte e le incisioni diventano protagoniste indiscusse in qualità di opere autonome nel contesto dei suddetti libri. La teorizzazione di questi movimenti, dona spessore alla loro arte e aiuta a comprendere anche a distanza di anni le motivazioni delle scelte di carattere artistico.
Ma le avanguardie hanno anche altri meriti per quanto riguarda l’incisione. A Berlino con Die Brücke, l’incisione torna ad acquisire importanza perché permette di ottenere l’effetto di mostruosità che l’espressionismo andava cercando. Gli espressionisti traevano spesso ispirazione da Goya e dall’influenza dell’arte tribale africana e per quest’ultimo motivo, come si è già visto con Gauguin, la tecnica della xilografia viene adottata più di sovente per comporre un’atmosfera più cupa e dall’effetto respingente su chi guarda l’opera
In conclusione, l’ultima sala è dedicata a Picasso, artista più rappresentativo e prolifico (sia per influenze sia per numero di opere e tecniche sperimentate) del Novecento. Il suo talento appariva già evidente alla pubblicazione di un numero di «Verve» a lui interamente dedicato. Picasso con la sua Opera scardina le fondamenta su cui era adagiata l’arte moderna, rivoluzionando l’importanza del segno disegnato, prima visto come principio imprescindibile per la genesi dell’opera d’arte. Il disegno era – dall’età umanistica-rinascimentale in poi – la prima fase di traduzione dal concetto alla realizzazione concreta, era il nucleo di partenza di qualsiasi opera. L’immagine prima disegnata e poi dipinta, manteneva il primato a livello di prestigio anche grazie a questa concezione cristallizzata negli ambienti delle Accademie. Era pertanto inevitabile che l’incisione, venisse ancora considerata copia, derivazione dell’immagine dipinta. Grazie a Picasso, il quale iniziò a produrre incisioni già agli inizi della sua carriera d’artista, ogni pilastro appesantito da secoli di dogmi venne sbriciolato: a livello formale attraverso le incisioni e a livello contenutistico, attraverso una delle tematiche trattate dall’artista e presenti nelle opere in mostra, la sensualità erotica. Nella mostra si può vedere un’incisione del 1968, acquaforte, senza titolo ma attendibilmente un Circo, di grande formato, in cui Picasso esalta il nudo femminile.
La rivoluzione del segno. La grafica delle avanguardie da Manet a Picasso
A cura di Davide Caroli e Martina Elisa Piacente con la collaborazione di Marco Fagioli
22 settembre 20234 – 12 gennaio 2025
Museo Civico delle Cappuccine
via Vittorio Veneto 1/a, Bagnacavallo (RA)
Orari di apertura: martedì e mercoledì: 14.30-18.00; giovedì: 10.00-12.30 e 14.30-18.00; venerdì, sabato e domenica: 10.00-12.30 e 14.30-19.00. 1° novembre, 8 dicembre, 26 dicembre e 6 gennaio aperto con orario 10.00-12.30 e 14.30-19.00. Ingresso libero.
Chiuso il lunedì, il 25 dicembre e il 1° gennaio
Info: Museo Civico delle Cappuccine
tel. 0545 280911/13
centroculturale@comune.bagnacavallo.ra.it
www.museocivicobagnacavallo.it