Cagli (PU) | Palazzo Tiranni-Castracane | 13 aprile – 30 giugno 2024
di ROBERTO LACARBONARA
A stare sottosopra – ribaltando gli equilibri comodi e coerenti con cui le cose si tengono, tanto nella logica, quanto nello spazio fisico – dopo un po’ ci si abitua, a patto di ripensare il funzionamento di oggetti, macchine e strumenti, o le abitudini più consolidate.
Nell’opera di Giovanni Termini regna una sorta di regola dell’inverso, una regola dell’invece. Tutto il materiale “costruttivo” deriva dal mondo dei cantieri e della carpenteria, sembra destinato a una plastica edificatoria, e invece…
All’apparenza: mattoni forati per farne un muro solido o un solaio; vasche in ferro zincato per la movimentazione di prodotti industriali; trabattelli per spostare i pesi e gli operanti su e giù per le stanze in corso di restauro. Ma cosa accade quando le cose si ribellano al proprio destino di progettazione per divenire inservili e inefficaci?
Come la metti sta – il curioso titolo scelto da Giovanni Termini per la mostra personale a cura di Marcello Smarrelli, ospitata nelle sale di Palazzo Tiranni-Castracane a Cagli fino al 30 giugno 2024 nell’ambito degli eventi di Pesaro 2024 Capitale italiana della Cultura – ben sintetizza l’attitudine dell’artista all’inversione dei “termini”, della normalità d’impiego, di percezione e di senso della realtà a noi più prossima.
“La sua scultura – dichiara Smarrelli – è permeata da un vitalismo dei materiali fondato sul reimpiego e la rielaborazione di oggetti prelevati dalla realtà, configurandosi come un ‘manufatto’ che rivendica esplicitamente una tecnologia di esecuzione”. Un vitalismo dei materiali, dunque, che ambisce a una propria autonomia d’essere, emancipandosi dall’obbligo di dover funzionare, essere utensile, sempre adatto, adeguato: una metafora niente male vista da qui, dal mondo degli umani.
Come la metti sta è anche il titolo dell’installazione inedita e site specific che Termini ha progettato in collaborazione con la Cariaggi, storica azienda di filatura in Cagli.
Tra i residui pittorici azzurrati della sala espositiva, le attrezzature industriali, impiegate per lo spostamento delle merci tra i capannoni, sembrano arrestarsi, sostare ed invertire la propria postura: le quattro ruote alla base dei cestelli modulari stanno in sommità, non più di sotto, guadagnando staticità e inerzia al posto della consueta disposizione al movimento. Sembra che tutto si fermi, all’improvviso, nel cuore della fabbrica: nel testo in catalogo Simone Ciglia fonde efficacemente le figure antitetiche di homo faber e homo ludens, tratte da quella Vita Activa preconizzata da Hannah Arendt. “Su uno di essi [di questi scatolati metallici] poggia un gomitolo di cachemire di colore blu guado – utilizzato nel Rinascimento per dipingere le vesti delle Madonne – che riverbera il colore degli affreschi della stanza”. Cosa stanno a guardare questi attrezzi? Quale meraviglia li coglie? Quale nuova relazione essi instaurano con la nostra storia? Perché non tornano al lavoro?
Già, perché tutta l’opera di Termini ha a che fare col lavoro. Non soltanto con la rappresentazione o l’evocazione di un senso del fare, del produrre, del valore o di altri aspetti di marxiana memoria. Ma anche con il lavoro inteso come forza, tensione, scambio tra energie: “lavoro dello spirito”, per dirla con Max Weber – vedi il recente ritorno sul tema da parte di Cacciari (2020) – lavoro creativo, insomma, affermazione e liberazione di ogni attività dalla condizione di lavoro comandato, dipendente, alienato. E, pertanto, lavoro insubordinato. Esattamente come queste attrezzature che cessano di fare il proprio compito per divenire sculture.
Ecco perché, in ogni opera, Termini ridiscute precarietà ed equilibrio (ancora altri temi di pertinenza sociale e scientifica): L’equilibrio dell’incongruo (2018) è un inno alla fragilità fatto di ferro e terracotta. Oppure ricompone quell’altro delicatissimo equilibrio, tra natura e artificio, con l’installazione Circoscritta (2016): qui cemento e terra, alberi e inerti si dispongono a collaborare proprio sul punto del collasso, a un passo dalla catastrofe.
Giovanni Termini. Come la metti sta
Pesaro 2024/50×50 Capitali al quadrato
a cura di Marcello Smarrelli
13 aprile – 30 giugno 2024
Palazzo Tiranni-Castracane
via Purgotti 51, Cagli (PU)
Orari: sabato e domenica h 11 – 18. Ingresso libero
Info: +39 0721 780797 / +39 0721 780731
ufficiocultura@comune.cagli.ps.it
www.comune.cagli.ps.it