ROMA | TEMPIO DI VENERE, PIAZZA DELLA BOCCA DELLA VERITÀ E SEPTIZODIUM | FINO AL 30 SETTEMBRE 2024
di BEATRICE CONTE
Alle pendici sud-orientali del colle Palatino, un monumentale ninfeo, adorno di marmi policromi, venne edificato nel III secolo d.C. per testimoniare e glorificare lo splendore dell’Urbe e dei palazzi imperiali dell’antica Roma. Lo stesso, venne demolito per ordine di Papa Sisto V con lo scopo di ricavarne un materiale pregevole, impiegato per nuovi monumenti in tutta la città. Quel che ne rimane oggi è un lascito bruno, ritmato da un cinereo selciato oggi teatro di scambio tra antico e moderno ove l’arte recupera e reinventa le grandi Opere del passato. È da qui che, in occasione della celebrazione dei 140 anni di Relazioni Diplomatiche tra Italia e Repubblica di Corea, l’artista Park Eun Sun è stato invitato a ripensare uno spazio in-continuo tra primitivismo e gestazione contemporanea.
Inaugurata lo scorso 11 giugno, la mostra dal titolo Colonne Infinite, a cura di Leonardo Contini, organizzata dal Ministero della Cultura, Sport e Turismo della Repubblica di Corea, l’Istituto Culturale Coreano in Italia e la Korean Foundation for International Cultural Exchange in collaborazione con il Parco Archeologico del Colosseo, il Comune di Roma e la Galleria d’Arte Contini, celebra l’anno dello Scambio Culturale Italia e Corea 2024- 2025.
Cinque grandi opere, disposte tra il Tempio di Venere, Piazza della Bocca della Verità e il Septizodium, propongono una rilettura dell’intento strutturale e formale dell’elemento colonna, qui condotta ai suoi “puri” espressivi. “Puri”, a cui Park Eun Sun arriva per destrutturazione della materia lapidea, smussata, inasprita di angoli, sospinta tra il cielo e la terra. Queste cinque colonne, di cui una di monumentali 14 metri in altezza prospiciente la Piazza della Bocca della Verità, raccontano una storia molto diversa da quella del passato. L’Opera di Eun Sun è una panacea delle sue esperienze, quasi una storia d’amore con l’Arte, nutrita di un sentimento di rottura e ricostruzione che ci conduce ad osservare un orizzonte geometrico preciso. Una sfera, limpida e virtuosa, e un poligono, rigido e ponderato, attraversati da una frattura anch’essa imprecisa e livellata per adeguarsi ad un andamento più naturale che composito. Laddove l’artista sovverte la materia in vuoto, la purezza non è più nel virtuosismo, non ha più la lucentezza dell’antico marmo bianco, ma l’opacità del bicromo nero e rosso, venati e ferruginosi, che si alternano ancora ridondando e cristallizzando il gusto dell’antico.
La colonna mantiene la verticalità strutturale, ma porta il solco che vi sottrae il baricentro per tracciare una nuova personalissima idea di equilibrio. Per l’autore, fendere il marmo ha il significato di rendere un respiro alla forma, un respiro che è conforto e tregua. E in quel respiro l’artista vede un’armonia che poco ha a che fare con l’aspetto strutturale dell’opera, ma che riflette piuttosto un lato umano: una realtà per cui nell’imperfezione può misurarsi la nostra esistenza emotiva. Un cilindro ed un parallelepipedo, iscritti l’uno nell’altro, al punto da smarrire la propria foggia originaria ma con il risultato di poterne comporre una nuova e indistinguibile. Perché anche questo vuole l’Arte, l’espressione grigio chiara del nostro sentire e agire seguendo una traccia non lineare, facendo del difetto un pregio da osservare.
Il cerchio, assunto come modulo base, si rende componente elementare della materia da cui l’artista sviluppa strutturazioni formali più complesse, frammentate e spezzate nella misura in cui l’equilibrio visivo è pesato sui vuoti e sui pieni. La poetica dei vuoti, tradizionalmente orientale, non limita l’opera di Park ad uno emisfero artistico preciso, ma concede all’artista di muovere liberamente tra la formazione giovanile e la profonda comprensione creativa delle dinamiche occidentali. Se da una parte l’Arte, nel pensiero contemporaneo, ci ha insegnato a sottrarre e “pulire” l’intento materico di un’opera in favore del gesto, della performance, di un minimalismo ascetico che fa della ricerca l’atto stesso dell’esperienza artistica, Park ricalca la dinamica dell’azione e si relaziona intimamente con la materia aprendosi alle tensioni e distensioni dell’ambiente che lo circonda. Introduce al componimento tradizionale orientale il gradiente emozionale, e mescola percezioni visive e cromatiche per realizzare immagini di immediata semplicità.
Gli Accrescimenti delle Colonne Infinite, come anche Connessione e continuità, lasciano a pieno comprendere la limpida compagine creativa del loro autore, aperto alle suggestioni e allo stimolo di uno spirito – il suo – esigente, meticoloso, luminoso. «Ostinato come il marmo» scrive Giorgio De Martino nel raccontare la vita dell’artista. «Come il marmo, freddo ma caldo, cristallino, inflessibile, brillante.» (da La Luce dentro la Pietra, di Giorgio De Martino, tratto dal volume Infinita fluidità della pietra, Manfredi Edizioni 2021. Galleria Contini). In La Luce dentro la Pietra, il critico De Martino coglie l’inflessione pragmatica dell’artista, e vi contrappone la personalità gentile e morbida di un uomo che coglie il profondo significato della Bellezza. La “luce dentro la pietra”, questo sospiro che da una frattura nasce e leva al marmo tutto il peso della sua trama, così piena e gravosa eppure così flessuosa e armonica.
Trovare una collocazione stilistica per questo artista è probabilmente esercizio sterile, ma la mostra e il suo curatore, Leonardi Contini, hanno ben saputo evidenziare i due contralti semantici antichi e post-moderni del suo lavoro. Da una parte servendosi del panorama espositivo, quale scenario archeologico fitto di incredibili vedute, e luce, e prospettive da cui ogni fuga concede all’installazione una veduta vergine, sempre nuova ed eccezionalmente ponderata. Dall’altra sfruttando la dimensionalità, non solo spaziale ma anche emozionale, di un’Opera assolutamente contemporanea che dà vita a immagini mai celebrate.
Colonne infinite di Park Eun Sun
a cura di Leonardo Contini
Realizzata in collaborazione con il Parco Archeologico del Colosseo, il Comune di Roma e la Galleria d’Arte Contini.
Organizzata da: Ministero della Cultura, Sport e Turismo della Repubblica di Corea, Istituto Culturale Coreano in Italia e Korean Foundation for International Cultural Exchange (KOFICE).
In occasione del 140° Anniversario delle Relazioni Diplomatiche tra Italia e Corea.
11 giugno – 30 settembre 2024
Tempio di Venere, Piazza Bocca della Verità e Septizodium
Ingresso dal Palatino, Via di San Gregorio 30, Roma
Presente il Catalogo di mostra Park Eun Sun. Colonne infinite
Orari: dal lunedì alla domenica, ore 9.00 – 18.15 (ultimo ingresso al Parco)
Info e contatti:
Galleria d’Arte Contini – http://www.continiarte.com
venezia@continiarte.com – leo.contini@icloud.com | tel. 041 2410433 – 335 5400314