MILANO | Galleria Gruppo Credito Valtellinese | 20 novembre 2013 – 11 gennaio 2014
di KEVIN McMANUS
Ci sono artisti che ad un’occhiata superficiale sembrano costeggiare le vicende della cultura visiva contemporanea, toccandole solo di striscio, e che invece – se ci si ferma ad osservare il loro lavoro con quella calma intellettuale che oggi va così poco di moda – rivelano un’attenzione, una presenza sorprendente. Il merito principale della mostra in corso alla Galleria Gruppo Credito Valtellinese, forse, è quello di dimostrare come Tino Stefanoni (1937) sia uno di questi artisti.
Una presenza silenziosa, la sua, ma di un silenzio assordante, che riempie la più piccola delle stanze come la più vasta delle Kunsthalle; è solo uno dei tanti piccoli paradossi che caratterizzano questo lavoro, e che confluiscono nell’azzeccatissimo titolo dell’antologica, L’enigma dell’ovvio. Sono decisamente ovvi questi oggetti, così paradigmatici, svuotati di specificità; ma proprio da questa ovvietà, inserita nello spazio della contemplazione, scaturisce la loro carica enigmatica. La ricerca di Stefanoni sull’oggetto inizia in anni propizi e ricchi di esperienze analoghe, gli anni della Pop Art e della Nuova Figurazione da una parte, delle prime istanze concettualiste dall’altra: stimoli dai quali Stefanoni si mantiene rispettosamente equidistante, e non per una presunta ingenuità, né tantomeno per la trita retorica dell’artista “non-etichettabile”, che forse ha finitocol creare essa stessa un’etichetta, per di più generica.
In Stefanoni, semplicemente, c’è un’attenzione particolare verso l’oggetto, che va rintracciata più indietro, e precisamente in quella sensibilità metafisica che nasce dall’amore per Beato Angelico, e solo in seconda battuta per le atmosfere di Carrà. L’oggetto è sì freddo, industriale, seriale (anche letteralmente, in molti casi) nell’aspetto, ma gode di un respiro, di uno spazio di contemplazione che non è lo spazio normalmente destinatogli nella quotidianità: c’è un dialogo tra la poesia che scaturisce dall’oggetto e la letteralità degli elementi formali che lo costituiscono – linee, colori, rapporti reciproci, tutti elementi dichiarati ad alta voce, mostrati nella loro più clamorosa evidenza. Un’arte, insomma, che per dirla parafrasando Susan Sontag, va fruita attraverso un’«erotica» dello sguardo, e non certo attraverso un’«ermeneutica».
Una volta tanto l’allestimento, al quale Stefanoni stesso ha contribuito in primissima persona, è veramente parte attiva e “poetica” del progetto di mostra. La soluzione scelta privilegia innanzitutto il vuoto rispetto al pieno: i lavori dialogano, da parete a parete, con i rispettivi pannelli esplicativi – o meglio, “suggestivi” – in una scansione spaziale che valorizza il ritmo, le pause, la meditazione piuttosto che il consueto “bombardamento” di immagini tipico di molte retrospettive. I pannelli si riferiscono ad insiemi di lavori, a ciascuno dei nove linguaggi in cui l’artista ha suddiviso la sua produzione ad oggi, dalle “bolle“ dei Riflessi (1965-65) fino alle contemporanee ricerche attuali delle Sinopie e dei Senza titolo pittorici e scultorei, realizzati a partire dagli anni Ottanta. Una successione di “atmosfere” in cui le opere, anziché essere feticizzate nella propria individualità, mostrano le direzioni di un cammino artistico che ha ancora molto da dire.
Tino Stefanoni. L’enigma dell’ovvio
a cura di Valerio Dehò
20 novembre 2013 – 11 gennaio 2014
Galleria Gruppo Credito Valtellinese
Corso Magenta 59, Milano
Orari: da lunedì a venerdì 13.00-19.30; sabato 9.00-12.00
ingresso libero
Info: +39 02 48008015
galleriearte@creval.it
www.creval.it