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FIRENZE | Cortile di Palazzo Strozzi | 30 aprile – 30 giugno 2013

Intervista a FEDERICO GORI di Niccolò Bonechi

L’architettura spontanea della natura si incontra con la severità delle proporzioni rinascimentali di Palazzo Strozzi a Firenze, dove Federico Gori mette in scena Di fragilità e potenza, una grande installazione che invade l’intero volume del cortile interno, creando un dialogo senza tempo tra queste due entità apparentemente diverse ma necessariamente uguali nella loro perfezione. Tutto è bloccato in un momento che dura un’eternità, e il grande albero morto che è parte dell’opera è il simbolo eloquente della fugacità della nostra esistenza, passaggio inavvertito nell’indecifrabilità dello scorrere lento ed inesorabile del tempo.

La tua ricerca si concentra sull’analisi della natura tout court, che reinterpreti a partire da una visione fugace attraverso l’utilizzo di incisioni e ossidazioni naturali su rame. Come sei pervenuto all’utilizzo di questa singolare tecnica? 
Così come in tutte i miei lavori, è sempre la visione dell’opera che voglio realizzare a dettare il modo e quindi la tecnica per realizzarla. Da spettatore rimango sempre molto affascinato quando non riesco a capire fino in fondo come un’opera è stata realizzata, ed è proprio questo il motivo che mi spinge a rivelare sempre molto poco dei modi e dei mezzi che utilizzo. Detto questo, la tecnica non è poi così importante, anzi, se ci penso bene, nella visione di un lavoro questa dovrebbe proprio scomparire.

Nell’installazione Di fragilità e potenza ti sei dovuto necessariamente confrontare con lo spazio circostante. Come nasce quest’opera?
Per le sue stesse caratteristiche ho sempre inteso questo lavoro come un work in progress, e proprio per questo motivo non avevo mai pensato ad una sua forma definitiva. Confrontarmi con l’architettura rinascimentale è stato splendido e terrorizzante al medesimo tempo. È un luogo che conoscevo piuttosto bene, ma nel momento in cui ho cominciato a guardarlo con occhi diversi pensando al mio lavoro mi sono ritrovato immediatamente di fronte ad un altro spazio. Pensare l’opera per Palazzo Strozzi ha voluto dire confrontarsi con tutto un sistema di proporzioni e dimensioni che rischiava di annullare tutto il resto, per questo motivo ho deciso di utilizzare il medesimo impianto architettonico rinascimentale ispirandomi direttamente alle proporzioni auree.

Il cortocircuito presente nel titolo accende una riflessione sull’evoluzione ciclica della natura, metafora dell’esistenza umana. Dove hai trovato lo spunto per affrontare un tema così esistenziale?
Tutto il mio lavoro da sempre ruota intorno al concetto di “tempo”. La sua ciclicità, il suo continuo ed incessante ripetersi hanno per me un forte potere consolatorio. Nel titolo ho voluto citare Stalker, film del regista russo Andrej Tarkovskij. C’è un momento all’interno del film in cui un personaggio dice la seguente frase ispirata da un antico testo classico cinese: “La debolezza è potenza, e la forza è niente. Quando l’uomo nasce è debole e duttile, quando muore è forte e rigido. Così come l’albero: mentre cresce è tenero e flessibile, e quando è duro e secco muore. Rigidità e forza sono compagne della morte, debolezza e flessibilità esprimono la freschezza dell’esistenza, ciò che si è irrigidito non vincerà”.

So che ci sono importanti progetti futuri. Cosa bolle in pentola?
A giugno, inaugura a Palazzo Medici Riccardi a Firenze la mostra L’oriente dell’occidente, un progetto itinerante di cui fanno parte importanti artisti e critici italiani e internazionali, che si sposterà successivamente anche ad Amsterdam e
in Thailandia.

Federico Gori. Di Fragilità e Potenza
a cura del
Centro di Cultura Contemporanea Strozzina
Palazzo Strozzi, Firenze

Installazione nel Cortile di Palazzo Strozzi, Firenze

30 aprile – 30 giugno 2013

Orari: tutti i giorni 9.00-20.00, giovedì fino alle 23.00. Ingresso libero.

Info: +39 055 2645155
news@strozzina.org
www.strozzina.org

 

 

 

 

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