BOLOGNA | Spazio Arte di CUBO – Centro Unipol BOlogna | 31 gennaio – 31 marzo 2018
Intervista a ILARIA BIGNOTTI e FEDERICA PATTI di Matteo Galbiati
Spazio Arte di CUBO – Centro Unipol BOlogna, tra le realtà bolognesi più attive, propositive e versatile per le sue proposte trasversali che attraversano e abbracciano tutti gli ambiti della cultura, presenta, in concomitanza con Arte Fiera 2018, In between. Dialoghi di luce. Paolo Scheggi, Joanie Lemercier, fuse* un’intrigante suggestione espositiva che avvicina gli universi artistici e linguistici rappresentati dalla storia con Paolo Scheggi, dalla nuova generazione con Joanie Lemercier e multimediali dello studio fuse*. Non potevamo non approfondire ed analizzare questa proposta, sicuramente tra le più intriganti offerte nelle giornate di ART CITY Bologna, intervistando le due curatrici Ilaria Bignotti e Federica Patti:
Come nasce il progetto di questa mostra?
IB e FP: Ci conosciamo da diversi anni, grazie alla comune amicizia con Francesca Pasquali. La prima collaborazione curatoriale è nata nel 2013 in occasione della presentazione presso gli spazi della Fondazione Lercaro di 39000 light straws, installazione interattiva sviluppata dalla Pasquali, insieme ai video artisti Carlotta Piccinini e Andrea Familari. Con lo stesso team, l’artista bolognese ha partecipato alla collettiva Flux-us, promossa nel 2016 da CUBO – Centro Unipol BOlogna presso lo Spazio Arte, creando Glasswall, una installazione interattiva site-specific, in dialogo con le opere dell’artista Fluxus Mary Bauermeister e dei fuse*. Quel confronto tra storia e presente a Spazio Arte funzionava benissimo. Lo scorso anno, Federica ha curato un progetto dedicato a Quayola, artista di oggi che torna a guardare ai paesaggi di Van Gogh attraverso gli strumenti multimediali della contemporaneità, trasformandoli in Pleasant Places. Immersione, interazione, passato e futuro, in uno spazio-tempo intriso di memorie, desideri, attese, misteri….da queste sensazioni, e grazie all’intelligenza culturale e all’attenzione verso i radicati, ma soprattutto ai più contemporanei valori comunicati da CUBO e dallo Spazio Arte, è nata l’idea, per quest’anno, di proporre una nuova liaison: tra Paolo Scheggi e Joanie Lemercier dentro Spazio Arte, con fuse* a Teatro Testoni, contributo al fermento culturale della città di Bologna nelle giornate di ART CITY Bologna.
In between mette in dialogo storia e contemporaneità dell’arte rappresentata dalla poesia di Scheggi e dall’innovazione di Lemercier. Come dialogano le due ricerche?
IB e FP: Scheggi e Lemercier sono due outsider: il primo, protagonista oggi finalmente riconosciuto della Nuova Avanguardia Europea degli anni ’60, fu un artista che nella sua brevissima vita sperimentò tutti i campi del visivo, per concentrarsi, tra il 1968 e il 1971, su una ricerca performativa, politica e simbolica, di grande suggestione, tesa a smaterializzare l’opera come oggetto e farla deflagrare nello spazio, invitando ciascuno a viversi come spettacolo: ovvero, in quegli anni di rivoluzione culturale e politica, stimolando il visitatore a riprendersi i propri occhi, il proprio corpo, a vivere insomma l’arte come esperienza. L’Interfiore, ambiente formato da una miriade di cerchi fluorescenti imbevuti di luce di Wood, creato per la mitica rassegna Il Teatro delle Mostre del maggio 1968 alla Galleria La Tartaruga di De Martiis a Roma, è l’environment di Scheggi che oggi Spazio Arte ripropone, in un allestimento ad hoc, e in dialogo con un giovane artista altrettanto outsider e visionario: Joanie Lemercier. Interprete della rivoluzione culturale attualmente in atto – quella dell’informazione, sostenuta dalla diffusione della tecnologia digitale e della globalizzazione dei mercati e dei flussi – Lemercier nasce come protagonista della scena artistica “alternativa”, multimediale e performativa, legata al florido mondo del live audio video, del mapping architetturale. Fin da subito però ha incentrato la propria ricerca visiva e dinamica ispirandosi alla Nuova (Ultima?) Avanguardia, a figure peculiari proprio degli anni ‘60, come Vasarely e la Op art, Vera Molnar e l’arte dei computer, il minimalismo geometrico di Sol Lewitt, ricontestualizzandone i percorsi attraverso l’utilizzo e lo sviluppo di algoritmi specifici per le esibizioni video dal vivo. È autore il cui stile peculiare spicca per la capacità di traslare il linguaggio moderno nel contemporaneo, e viceversa. Donandogli vita, luminosità, quell’energia che cinquant’anni fa veniva suggerita dall’opera e che ora può brillare davanti ai nostri occhi.
Analogie e punti in comune?
IB e FP: Tutti gli artisti coinvolti utilizzano alcuni media per coinvolgere lo spettatore in una esperienza immersiva e totalizzante: l’oscurità come luogo del possibile e dell’accadimento, ma anche come tempo sospeso nel buio della propria percezione liberata da vincoli e misure; la luce, come percorso di conoscenza e di esperienza, folgorazione ed estasi, contemplazione e azione; le forme geometriche, lasciti del nostro pensiero occidentale moderno, trasformate in presenze mutevoli e destabilizzanti anche, alfabeti di un nuovo linguaggio empatico. La pulizia minimale del segno, la costruzione di simboli elementari, geometrici, che aprono spazi all’immaginazione, al significato. Una concezione dell’arte fortemente legata al tempo e allo spazio, intesa a spostare il valore estetico verso elementi effimeri ed evanescenti, rapidi ed irripetibili, capaci di smaterializzare l’opera.
Come si orienta il visitatore? Che strumenti gli fornite e come deve vivere l’esperienza della mostra?
IB e FP: In realtà, è bene concentrarsi su quali strumenti verranno tolti allo spettatore, e come l’orientamento vuole essere completamente annullato, sospeso, secondo la volontà di fare tabula rasa di pre concetti spaziali e percettivi – ma anche culturali, razionali, sociali. Il tempo è sospeso, lo spazio annullato. Lo spettatore deve sentirsi libero fruitore: il percorso può essere concepito in vari modi e vissuto a diversi livelli. In primo luogo, sarà una esperienza di coinvolgimento e esaltazione della sensorialità e della emozionalità, grazie al potere avvolgente e immersivo dei due ambienti. In seconda istanza, il confronto tra artisti di generazioni e culture geografiche diverse, accomunati empaticamente da un modo analogo di lavorare con lo spazio e con i media, potrà suscitare nel pubblico liberi confronti e riflessioni; infine, il percorso può essere analizzato storicamente, interrogando il significato della storia dell’arte nelle ricerche attuali. Non a caso, infatti, CUBO cura anche un talk dentro Arte Fiera, che si terrà domenica 4 febbraio, dedicato al ruolo dell’archivio d’arte e di cultura quale fondamentale medium nel sistema dell’arte, tra storia e contemporaneità.
Il progetto espositivo si “estende” poi anche oltre lo Spazio Arte, aprendo il dialogo al contributo dello studio fuse* con Dökk, live media performance che sarà presentata in anteprima italiana a Bologna il 3 febbraio. Perchè avete ritenuto necessario includere questo lavoro nel progetto espositivo?
IB e FP: La nuova live-media performance di fuse* è una narrazione immersiva multimediale che racconta un viaggio, interpretato dalla danzatrice Elena Annovi, attraverso una sequenza di dieci ambienti digitali in successione, secondo un percorso in cui la fine coincide con un nuovo inizio. Dökk è uno spettacolo teatrale, un’opera d’arte totale incentrata attorno al tema dell’interconnessione e sviluppata anch’essa grazie all’utilizzo di numerosi tools specifici per i live audio video. Rappresenta l’estensione e il completamento del percorso iniziato in Spazio Arte, fatto di percezioni distorte, dialettiche luminose e oscurità profonde, interazione del pubblico e nuove definizioni estetiche, che in questo caso diventano collettive, in un certo senso catartiche, come da tradizione teatrale. Il contributo dei fuse* è quindi un terzo elemento fondamentale alla riflessione sollevata da In between, in funzione ad una apertura verso la condivisione comunitaria dell’esperienza estetica in atto.
La scelta di una location esterna a Spazio Arte, inoltre, è in linea con gli obiettivi della rassegna DAS, promossa da CUBO Unipol, nell’intento di favorire la partecipazione dell’intera città di Bologna.
Cosa volete che rimanga di questo progetto?
IB e FP: la possibilità di stupirsi ancora, il piacere della scoperta e della meraviglia e il senso della continuità come importanza della storia nel presente, e al contempo, dell’oggi quale attivatore e latore di senso della memoria. Dobbiamo reinterrogare il passato per capire cosa stiamo facendo oggi, e oggi dobbiamo fare, credere, lavorare, per poter andare avanti consapevoli e visionari. Di questo messaggio, il progetto di CUBO vorremmo fosse metafora e stimolo.
A noi resta l’ammirazione per i grandi gesti personali, culturali e storici che questa mostra rievoca, l’audacia, la sfrontatezza, la genialità che dal passato ancora i nomi, gli eventi, le opere ci comunicano. Ci piace pensare che quell’esempio, quell’unicità riviva e rieccheggi anche oggi in alcuni, tanti gesti artistici, cui vogliamo dare forza, sostegno, attenzione.
In between. Dialoghi di luce. Paolo Scheggi, Joanie Lemercier, fuse*
a cura di Ilaria Bignotti e Federica Patti
31 gennaio – 31 marzo 2018
Spazio Arte
CUBO – Centro Unipol BOlogna
Piazza Vieira De Mello 3/5, Bologna
Orari: da martedì a venerdì 9.00-20.00; lunedì 14.00-19.00; sabato 14.00-20.00; domenica chiuso
Ingresso libero
Info: www.cubounipol.it