PRATO | CENTRO PECCI | 14 dicembre 2024 – 11 maggio 2025
di FRANCESCO LIGGIERI
C’è qualcosa nella fotografia che da sempre cattura l’umanità: uno specchio che riflette il mondo, certo, ma anche una porta per attraversarlo e scoprirne i segreti. Mettetevi comodi e pensateci: se ci fate caso vi accorgerete che l’obiettivo non è solo una lente, è uno sguardo che si posa sulle cose e le fa parlare, vi era sfuggito, vero? Non c’è di che. Quando si arriva a Peter Hujar (1934-1987), quel gioco tra visibile e invisibile diventa il cuore stesso del suo lavoro. Per Hujar, la fotografia non è mai stata semplice documentazione, ma un gesto poetico che mescola il ritratto alla performance, il quotidiano alla scena artistica.
La mostra Azioni e ritratti / Viaggi in Italia, curata da Grace Deveney con Stefano Collicelli Cagol e ospitata dal Centro Pecci, fa luce su un aspetto poco esplorato del suo lavoro: i viaggi in Italia, accostati al suo approccio unico al ritratto. Qui, per la prima volta, il fotografo americano viene presentato anche attraverso gli scatti che ha realizzato tra i nostri paesaggi, un dialogo profondo tra luoghi, corpi e momenti sospesi nel tempo.
Peter Hujar non era il classico artista che cercava gloria o riconoscimenti. Era uno spirito libero, uno di quelli che trovi in un angolo del caffè a osservare gli altri con occhi curiosi, magari con un sorriso appena accennato. Nato nel New Jersey, ma figlio prediletto della New York anni ’70 e ’80, ha fatto del Lower East Side la sua patria spirituale. Il suo sguardo catturava l’anima di un’epoca in tumulto, fatta di notti lunghe, di conversazioni febbrili, di una ricerca continua di identità e di significato.
C’erano artisti, attori, danzatori, gente di strada e amici tra i suoi soggetti, tutti ritratti con una sensibilità che trasformava ogni scatto in un incontro, un momento di vulnerabilità condivisa. Hujar apparteneva a quella stirpe di artisti che vivevano ai margini, lontani dai riflettori del mainstream, dove l’arte era una questione di verità, non di mercato.
Le sue immagini si inseriscono in una tradizione che affonda le radici nell’Ottocento, con i pionieri del ritratto come Julia Margaret Cameron e Nadar, ma Hujar vi aggiunge qualcosa di unico: un’intimità che nasceva dalla complicità con il soggetto, un gioco di ruoli in cui il fotografo diventava a sua volta parte della scena. Le sue fotografie del East Village sono dense di vita, come se potessimo sentire il rumore delle risate, delle musiche di sottofondo, del brusio di un mondo che non voleva arrendersi.
E poi c’è l’Italia, dove il suo sguardo si fa contemplativo, quasi incantato. Negli scatti italiani degli anni Cinquanta e Settanta, Hujar sembra rallentare, respirare. Qui non ci sono le luci della città o le performance della vita bohémien, ma paesaggi silenziosi, animali fragili, una bellezza che parla piano, come il mormorio di un ruscello. È un richiamo alla fotografia documentaristica di maestri come Henri Cartier-Bresson, ma con una tenerezza tutta sua, fatta di empatia e di una curiosità mai invasiva.
Le fotografie di Hujar non raccontano solo ciò che si vede: raccontano ciò che si sente. E la mostra al Centro Pecci ce lo ricorda con forza. Non è solo una celebrazione della sua arte, ma anche una riflessione sul potere della fotografia di connetterci agli altri, di tessere legami. Perché ogni immagine è un dialogo silenzioso, un pezzo di vita che ci dice chi siamo e chi potremmo essere.
Hujar, con la sua macchina fotografica, non faceva altro che sussurrare: “Guarda. Questo siamo noi.”
PETER HUJAR. Azioni e ritratti / viaggi in Italia
A cura di Grace Deveney, David C. and Sarajean Ruttenberg Associate Curator of Photography and Media, the Art Institute of Chicago, con Stefano Collicelli Cagol
14 dicembre 2024 – 11 maggio 2025
Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci
Viale della Repubblica 277, Prato
Info: +39 0574 5317
info@centropecci.it
https://centropecci.it/