57. BIENNALE ARTE 2017 | Padiglione Cina | 13 maggio – 26 novembre 2017
Intervista a QIU ZHIJIE di Eleonora Roaro
Continuum. Generation by Generation è il titolo del Padiglione Cina alla 57. Biennale di Venezia, in corso. La mostra, che vede la partecipazione di Tang Nannan, Wu Jian’an, Yao Hiufen, Wang Tianwen, è una riflessione sui concetti di eternità, storia e tradizione, da cui emerge l’importanza della collaborazione e della figura del maestro. Ne abbiamo discusso con il curatore e artista Qiu Zhijie (1969, Zhangzhou)…
Prima di essere un curatore, sei innanzitutto un’artista. Quale pensi sia la peculiarità di un artista che cura una mostra, in questo caso una mostra che dovrebbe rappresentare l’intera nazione?
Nella tradizione cinese, la professione del curatore e dell’artista non sono totalmente separate e in generale credo che non sia più il tempo per fare questa distinzione in quanto l’opera d’arte è diventata sempre di più di larga scala: gli artisti non solo creano le opere ma creano idee, organizzano interazioni e pianificano l’istruzione. Per questa ragione gli artisti diventano art director dei loro stessi progetti e molti artisti importanti sono in grado ora di lavorare come curatori. […]
Le assemblee letterarie dell’antica Cina erano a turno ospitate dagli artisti; in altre parole, facevano dei turni per essere i curatori. Un incontro aveva luogo a casa di un poeta per esempio, un altro a casa di un calligrafo, o a volte il terzo a casa del collezionista.
Dal mio punto di vista, le nazioni dovrebbero essere raccontate dal punto di vista dei singoli individui, poiché non c’è una forma unica e classica di spiegazioni delle immagini nazionali. I padiglioni a Venezia non sono stati costituiti a questo proposito, ma per mostrare un certo tipo di arte delle loro nazioni nel tempo presente, o le idee molto personali di alcuni artisti o di alcuni curatori sulle culture e sulle tradizioni delle loro nazioni. Quindi non sento pressione di spiegare in maniera onnicomprensiva la mia nazione; mi piacerebbe rinnovare le nostre idee sulla Cina da una prospettiva individuale.
L’esistenza da molto tempo di immagini nazionali genera sempre stereotipi: per esempio, il romanticismo dei francesi, la precisione dei tedeschi, eccetera. Tuttavia, gli stereotipi devono essere rimossi ri-esponendo le nazioni dal punto di vista personale di artisti e curatori. Credo che questa sia la missione di ciascun padiglione.
Il concetto di buxi è fondamentale per questo progetto. In che cosa consiste?
Per me il concetto di buxi è una forma di fede, una ricerca e una metodologia. I cinesi non mummificavano i morti perché credevano che le persone muoiono se devono morire; i cinesi muoiono in pace se hanno una prole, perché credono che le terre saranno risanate dai loro discendenti. Quando si confrontano con qualcosa di sorprendente, gli occidentali dicono “Oh mio Dio”, mentre i cinesi “Wode ma ya” (mamma mia). Venerano gli antenati invece degli dei, da cui hanno coltivato la loro fede in un’energia continua e trasmissibile. Non inseguono mai l’immortalità personale, ma la trasmissione culturale e dell’energia vitale attraverso le generazioni. Per questa ragione, i monumenti non sono realizzati incidendo la figura di qualcuno sui materiali più duri e resistenti come rame, ferro e roccia, ma in diverse epoche i poeti incidono le loro poesie sulla stessa roccia, andando a creare sovrapposizioni.
Questa tradizione artistica che dura da due millenni ora è una mostra collettiva di una dozzina di artisti. La struttura del monumento suggerisce che la sua creazione sia una sorta di “staffetta continua”. Un rotolo di pergamena cinese probabilmente comincia come piccolo pezzo di carta ai margini del quale prefazioni e postfazioni emergono in un secondo momento ad opera di scrittori che sono in molti casi alcuni degli artisti maggiori del loro tempo. Come risultato, i rotoli diventano sempre più lunghi e sono estremamente spessi quando arrotolati. Ancora una volta, questa è la creazione della buxi.
Per me è una sorta di fede – si crede nella buxi, ma non nel buxiu (immortalità). Inoltre, è un set di metodologie per lavorare. E’ un sistema di trasmettere la conoscenza: per esempio, nello studio della calligrafia cinese iniziamo dalla copia, che garantisce la trasmissione di concetti estetici e creativi.
Buxi non significa trasmettere la stessa tradizione così com’è, ma reinventandola e rinnovandola durante il processo. Il futuro è creato attraverso la ricombinazione dell’essenza originaria.
I concetti di Arte e di Cina sono rinnovati, reinventati e reinterpretati in continuazione; non esiste una definizione originale. Ciò è esemplificato nel paradosso della Nave di Teseo: così come ogni componente della nave originaria è gradualmente rimpiazzata durante il tempo, continua a mantenere la sua identità fondamentale, la sua struttura.
Qual è la differenza tra arte folk e arte contemporanea in Cina?
Ad essere onesto, non credo che siano differenti. L’arte folk è di solito vibrante; è collegata alla vita di ogni giorno della gente e strettamente connessa alla vitalità degli esseri umani. In un certo senso, penso sia superiore all’arte contemporanea promossa dalla gallerie. Comparata con l’arte contemporanea, l’arte folk è di solito più libera da fardelli e più impavida verso i problemi della vita quotidiana. In particolare, nella tradizione cinese c’è una transizione naturale tra arte d’élite e arte folk, più che un confine netto. […] Ogni qual volta l’arte d’élite è in crisi, gli artisti cercano di farla durare andando alla ricerca di arte folk e recuperando l’eredità genetica della cultura. In questo senso, il mondo folk è una banca di geni che fornisce l’élite intellettuale con possibilità di spiegare nuovamente le tradizioni e di riaccompagnare la comprensione di sé.
Secondo te, qual è il compito della Biennale? Che cosa dovrebbe mostrare?
Al fine di comprendere la mission della Biennale di Venezia, l’ho attualmente comparata con i Giochi Olimpici e le Esposizioni Universali, che nascono più o meno nello stesso tempo, ovvero quando nasce il concetto di “nazione” nel diciannovesimo secolo. Fino ad allora la Germania non era una nazione unita, almeno non fino al 1895. Similmente, la Fiera Colombiana di Chicago ebbe luogo nel 1893 e l’Esposizione Universale di Parigi nel 1889, e i moderni Giochi Olimpici iniziarono circa a quel tempo, così è ragionevole che la Biennale di Venezia accettasse le nazioni come partecipanti.
La mia opinione personale è che gli artisti siano più strettamente legati alle città che alle nazioni. I newyorkesi potrebbero ritenersi superiori agli americani qualunque, lo stesso vale per i parigini con la Francia.
I Giochi Olimpici sono una dimostrazione del potere economico e politico delle nazioni. Nonostante lo slogan “Partecipation above all”, di solito solo nel caso di medaglie d’oro o d’argento si guadagna l’attenzione del pubblico. In un certo senso, gli incontri sportivi come i Giochi Olimpici sono alternative alla guerra, e quindi piattaforme in cui mostrare la forza nazionale. Diversamente le Esposizioni Universali dimostrano le peculiarità delle nazioni: per esempio una nazione potente in termini di scienza e di tecnologia dimostra la sua ricerca in questi ambiti. Nei Giochi Olimpici ci si focalizza sulle forze di una nazione, mentre nelle fiere sui suoi elementi caratteristici. Per me ha a che fare con il turismo, che è in larga parte un modo di portare le persone nella nazione, e quindi di creare una destinazione di viaggio.
Dal mio punto di vista, una biennale d’arte ha una missione completamente differente da quella dei Giochi Olimpici e dalle Esposizioni Universali. Penso che una biennale d’arte sia una mostra su come ciascuna nazione con i suoi intellettuali e artisti si confronti e risolva le proprie difficoltà, rischi e disagi. Partecipando alla biennale, le persone condividono le esperienze e i problemi che affrontano, e sono così di ispirazione reciproca. La Biennale di Venezia è un posto dove le persone non dicono “oh vedo cos’è la tua nazione” ma “wow, il tuo metodo è così buono e lo proverò anche io”.
Questo progetto non è stato realizzato da singoli individui ma da collaborazioni e network. Come ha funzionato?
Ciò che cerco di creare con il Padiglione Cinese è una nuova iterazione del tradizionale “assemblea elegante” (yaji) dell’antico mondo culturale cinese – un luogo di incontro dove le attività di fare, scambiare, mostrare, giudicare e condividere l’arte accadano tutte insieme. Durante le assemblee yaji, gli artisti rispondevano alle recitazione degli altri creando loro versi o poesie. […] Con il processo di collaborazione artistica, rivalità, negoziazione e dialogo, ciascun artista ha la sua potenzialità di accendersi spiritualmente, creando lavori che sono al di là della loro immaginazione. Dal “Orchid Papillon Gathering” al “Gathering in the Western Garden”, lo yaji è sempre stata una sorta di utopia nell’arte cinese.
La collaborazione della mostra questa volta è creata da un network interconnesso. Ciascun artista del Padiglione Cinese ha collaborato con altri tre artisti – Wu Jihan con Tang Nannan, Yao Huifen, e Wang Tianwen; Wang Tianwen con Tang Nannan, Wu Jian’an, and Yao Huifen… C’è anche una performance del teatro delle ombre creata da curatori e artisti insieme. E’ difficile definire i confini dei lavori nella mostra, io stesso volevo levare le didascalie la notte prima dell’opening, perché la loro esistenza sperava i lavori e li rendeva pezzi che potevano essere valutati individualmente. In realtà formano un’installazione di Arte Totale o un teatro collettivo.
Crediamo che ciascun artista sia parte di un anello di una catena creativa che dura da secoli, che sia un nodo collettivo in una vasta rete collaborativa. Attraverso l’artista l’energia continua della creazione artistica si mantiene nei secoli nel mondo. Il continuum generazionale dell’energia dell’arte e del desiderio di collaborazione sono una fonte reale per l’immortale mondo dell’arte.
Alcune delle collaborazione tra gli artisti sono appena cominciate, altre dovranno continuare per molti anni. Infatti, la maggior parte delle collaborazioni hanno avuto luogo dopo l’opening, e molte persone sono coinvolte e parteciperanno alla collaborazione. Questa è una delle ragioni per cui sono molto felice del Padiglione Cinese di quest’anno.
Padiglione Cina
57. Esposizione Internazionale d’Arte – La Biennale di Venezia
Continuum – Generation by Generation
Commissario: China Arts and Entertainment Group (CAEG)
Curatore: Qiu Zhijie.
Espositori: Tang Nannan, Wu Jian’an, Wang Tianwen, Yao Huifen
Sede: Arsenale
13 maggio 2017 – 26 novembre 2017
Info: www.labiennale.org